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Epic Games Privacy

Che combinava Epic Games con la privacy dei (giovani) utenti?

La causa contro Apple è costata cara allo sviluppatore di Fortnite: Epic Games ha difatti involontariamente acceso su di sé un faro che ha portato le autorità Usa a indagare sulla scarsa tutela della privacy che avrebbe offerto ai propri giovanissimi giocatori...

Quello che quotidianamente combinino le Big del Tech coi nostri dati resta un mistero. Sappiamo che paghiamo servizi gratuiti o offerti a prezzi stracciati (pensate per esempio a quanto potrebbe costarvi un software di geolocalizzazione) mettendo la spunta all’uso dei misteriosi cookies, ma dove finiscano le ‘briciole’ che spargiamo al nostro passaggio non è dato saperlo. E a molti internauti nemmeno interessa, perché penseranno di non avere nulla da nascondere.

PAGARE PER AVERE, ANCHE QUANDO LE APP SONO GRATIS

Resta il fatto che il modello di business consolidato di moltissime realtà è quello di fornirci un programma a un costo irrisorio per poi rivendere a terzi i dati raccolti durante il nostro utilizzo (talvolta anche ad app spenta, si è scoperto). Una situazione che impone di vigilare su un bene un tempo considerato fondamentale e oggi invece svilito a mera merce di scambio, il diritto alla privacy. Vigilare soprattutto quando dall’altra parte dello schermo ci sono i minori.

LO SCIVOLONE SULLA PRIVACY DI EPIC GAMES

Epic Games, la software house di Potomac fondata nel 1991 da Tim Sweeney, conosciuta soprattutto per essere lo sviluppatore di Fortnite, videogame che nei suoi primi due anni di vita ha fatturato 9 miliardi di dollari, pagherà la cifra record di 520 milioni, tra multe e rimborsi, a seguito di un patteggiamento con l’Ftc (Federal Trade Commission) per le accuse violazione della protezione della privacy dei minori online e per aver indotto i giocatori a fare “acquisti indesiderati in Fortnite”.

I DUE FRONTI DELLA VICENDA: DATI E MICRO-TRANSAZIONI

Patteggiamento, occorre ribadirlo, non vuole dire ammissione di colpa: vi si può ricorrere sia perché attendere la pronuncia del giudice potrebbe essere più svantaggioso, sia per evitarsi la cattiva pubblicità di un procedimento che si trascina per anni. Ma dando per buono ciò che ha sostenuto l’Antitrust statunitense, Epic Games avrebbe violato la privacy dei suoi giovanissimi utenti (sotto ii 13 anni d’età) raccogliendo informazioni personali a strascico senza ottenere prima il consenso dei genitori.

Sull’altro fronte, c’è poi una accusa che potrebbe essere persino più dirompente per il floridissimo mercato delle transazioni in-game e in-app: quella di avere infranto le leggi sulla protezione della privacy online per i bambini inducendoli ad acquistare oggetti di gioco. L’aspetto più curioso della vicenda è che l’authority statunitense si sarebbe mossa dopo la ben nota causa di Epic contro Apple. In quella situazione, lo ricorderete, era stata la software house di Potomac a trascinare il colosso di Cupertino in tribunale.

LA CAUSA EPIC VS APPLE

Nel settembre 2020 Epic Games comunicava: “Apple sta bloccando gli aggiornamenti e le nuove installazioni di Fortnite su App Store e non ci consente più di sviluppare Fortnite per i dispositivi Apple. Per questo, il nuovo aggiornamento di Fortnite Capitolo 2 – Stagione 4 non verrà rilasciato su iOS o macOS. Anche Google sta bloccando Fortnite su Google Play. Ma se vuoi ancora giocare a Fortnite per Android, puoi accedere all’ultima versione dall’app Epic Games per Android su Fortnite.com/Android o dal Samsung Galaxy Store.”

E chiamava i fan alla protesta social: “Epic ha intrapreso azioni legali per porre fine alle restrizioni anticoncorrenziali di Apple e Google sul mercato dei dispositivi mobili. Unisciti alla lotta contro @AppStore e @Google sui social media con #FreeFortnite”. Così facendo, la software house ha però acceso su di sé il faro delle autorità che ha portato al procedimento che si è chiuso, appunto, col maxi patteggiamento.

COME FATTURA FORTNITE?

Il download di Fortnite è gratis. Eppure attorno al brand c’è un giro di miliardi (non milioni, miliardi) di dollari. Questo perché tutto il resto, essenziale per giocare come si deve ed essere competitivi, no. Di mezzo ci sono insomma le famigerate micro-transazioni, quelle che a conti fatti riescono a strappare agli utenti più del prezzo medio di mercato di un gioco.

Fortnite fa pagare ai gamer per oggetti di gioco come costumi e mosse di danza. La maggior parte di questi sono skin per il proprio alter ego: vestiti che possono rimandare al periodo dell’anno (costumi di carnevale, di Halloween, di Natale…) o su licenza di altre serie che stanno spopolando. Molti oggetti, insomma, si acquistano per essere alla moda.

C’È PURE UN TEMA ETICO?

Oltre ai profili legali, c’è dunque pure il tema educativo: il videogioco spinge i bimbi al consumismo sfrenato solo per farsi notare? Instilla in giovani menti che l’aspetto estetico val più dei valori? Certo, non sta alle software house educare le nuove generazioni, ma se si considera che il gioco ha più di 400 milioni di utenti in tutto il mondo, in massima parte in età scolare e non tutti saranno seguiti adeguatamente dai genitori, quelle domande restano sul tappeto e sono più di semplici interrogativi da talk show.

LE DOMANDE ANCORA SENZA RISPOSTA

E poi, appunto, resta insoluto pure l’interrogativo sull’uso di questi dati: quali sono e dietro quale scopo sarebbero stati raccolti illecitamente: per Adv personalizzato (pubblicità alle quali è più difficile resistere) o rivenduti a terzi?

Il patteggiamento purtroppo ha bloccato le indagini perciò sarà difficile saperne di più anche se gli sviluppatori hanno assicurato di avere già corretto da tempo la rotta e che le nuove versioni del gioco andranno sempre più nella direzione indicata dall’Autorità statunitense.

Anche qui però resta appesa una domanda: e al di fuori dagli USA, come funziona? Occorre che le singole autorità si muovano? I dati dei giovani utenti cambogiani, per esempio, continueranno a essere raccolti?

IL CONTENUTO DEL PATTEGGIAMENTO

L’accordo include una sanzione record di 275 milioni per mettere una pietra tombale sulle presunte violazioni della Children’s Online Privacy Protection Rule, la cosiddetta regola COPPA. Si tratta della più grande sanzione mai ottenuta per la violazione di una regola della Ftc.

Inoltre, con un provvedimento unico nel suo genere, Epic sarà tenuta ad adottare impostazioni predefinite sulla privacy per bambini e adolescenti, garantendo che le comunicazioni vocali e di testo siano disattivate per impostazione predefinita.

Questo perché Epic Games abilitando come impostazione di default la chat vocale e di testo avrebbe esposto bambini e adolescenti al rischio di contatti virtuali con estranei. E l’adescamento di minori online, è ben noto, è una pratica alquanto diffusa tra i pedofili, tanto più se la piazza virtuale è gratis, aperta a tutti e ritrovo di milioni di bambini.

In base a una proposta di ordinanza amministrativa separata, Epic pagherà i restanti 245 milioni di dollari per rimborsare i consumatori “per i suoi modelli oscuri e le sue pratiche di fatturazione”, per usare il virgolettato dell’Autorità federale statunitense.

Anche in questo caso, si tratta del più grande importo di rimborso che la Ftc sia mai riuscita a strappare in un caso attinente al settore del gioco nonché, fanno sapere dagli uffici USA, la più grande ordinanza amministrativa della storia.

FTC: EPIC GAMES HA VIOLATO LA PRIVACY DEI BAMBINI

All’Autorithy americana, insomma, lo spumante è stato stappato con alcune settimane d’anticipo sulla fine dell’anno: “Come si evince dalle nostre denunce, Epic ha utilizzato impostazioni predefinite invasive della privacy e interfacce ingannevoli che hanno ingannato gli utenti di Fortnite, compresi adolescenti e bambini”, ha dichiarato il presidente della FTC, Lina M. Khan.

“Proteggere il pubblico – ha aggiunto la numero 1 del dipartimento -, e in particolare i bambini, dalle violazioni della privacy online e dai modelli oscuri è una priorità assoluta per la Commissione, e queste azioni esecutive chiariscono alle aziende che la FTC sta reprimendo queste pratiche illegali”.

“Il Dipartimento di Giustizia prende molto sul serio la sua missione di proteggere i diritti alla privacy dei consumatori”, ha dichiarato il procuratore generale associato Vanita Gupta. “Questa proposta di ordine invia un messaggio a tutti i provider online: la raccolta di informazioni personali dei bambini senza il consenso dei genitori non sarà tollerata”. Resta ora da capire se la cattiva pubblicità del patteggiamento influirà in qualche modo sul successo planetario di questo videogame che fattura giorno e notte. Visti i precedenti, anche in altri ambiti, accadrà difficilmente.

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