Corsia preferenziale per le tecnologie made in Ue e nei paesi Nato per gli appalti cyber.
È quanto prevede un Dpcm firmato dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 5 maggio che regolamenta i contratti relativi a beni e servizi informatici utilizzati in ambiti legati alla protezione degli interessi strategici nazionali e alla sicurezza del Paese, in attuazione della normativa sulla cybersicurezza.
Il provvedimento strizza l’occhio al presidente Usa Trump per frenare la penetrazione di tecnologie russe e cinesi.
Secondo quanto riporta il Messaggero, “d’ora in poi nelle gare pubbliche dove in ballo ci sono forniture sensibili per la sicurezza nazionale, le imprese appartenenti a Stati alleati avranno la precedenza”. Per Stati alleati si intende quindi paesi dell’Unione europea, dell’Alleanza Atlantica, ma anche Paesi terzi tra quelli che sono parte di accordi di collaborazione sia con l’Unione europea sia con la Nato in materia di cybersicurezza, protezione delle informazioni classificate, ricerca e innovazione: Australia, Corea del Sud, Giappone, Israele, Nuova Zelanda e Svizzera.
“Nessuna messa al bando “ufficiale”, va chiarito, di imprese russe o cinesi, sarebbe facilmente contestabile sul piano legale. Ma di fatto un filtro che ridurrà l’affidamento a queste aziende di tecnologie ritenute critiche dai nostri apparati di sicurezza”, precisa il quotidiano romano.
Tutti i dettagli.
COSA PREVEDE IL DPCM FIRMATO MANTOVANO PER GLI APPALTI CYBER
Sulla proposta dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (Acn), il decreto dà concreta attuazione all’articolo 14 della Legge n. 90 del 2024, relativa al rafforzamento della sicurezza informatica nazionale e alla prevenzione dei reati informatici.
Tale articolo prevede che, mediante Dpcm, siano individuati per specifiche tipologie tecnologiche: i requisiti fondamentali di cybersicurezza che determinati soggetti devono considerare durante l’acquisto di beni e servizi informatici destinati a contesti strategici per l’interesse nazionale; i casi in cui, per esigenze di sicurezza nazionale, debbano essere applicati criteri di premialità (ai sensi dell’art. 14 della L. 90/2024) alle offerte o proposte che prevedano l’impiego di tecnologie di cybersicurezza italiane, europee, di Paesi membri della Nato, o di Paesi terzi legati da accordi di cooperazione con l’Ue o con la Nato in ambiti quali la cybersicurezza, la protezione di informazioni classificate, la ricerca e l’innovazione (come già detto).
In sostanza, un giro di vite nei confronti delle tecnologie provenienti da Russia e Cina e una corsia preferenziale per quelle Ue e Nato.
LE CATEGORIE PER DI BENI E SERVIZI PER CUI SONO NECESSARI ELEMENTI ESSENZIALI DI CYBERSICUREZZA
Dopodiché, il provvedimento contiene l’elenco delle categorie tecnologiche di beni e servizi informatici per le quali sono necessari elementi essenziali di cybersicurezza. Tra questi troviamo sistemi di gestione dell’identità e software e hardware per la gestione degli accessi privilegiati, compresi i lettori di autenticazione e controllo degli accessi, tra cui i lettori biometrici.
Non solo: software che cercano, rimuovono o mettono in quarantena i software maligni e prodotti con elementi digitali con funzione di rete privata virtuale (VPN). Ma anche router, modem, anche di tipo satellitare, per la connessione a internet e switch così come firewall, sistemi di rilevamento e prevenzione delle intrusioni. Ancora: sistemi di videosorveglianza per controllo accessi e sicurezza fisica, nonché sistemi di acquisizione immagini per finalità di controllo, compresi gli scanner e servizi cloud.
IL MESSAGGIO POLITICO DI MELONI A TRUMP
D’altronde, come ricostruisce il Messaggero, il provvedimento per le forniture cyber arriva dopo l’incontro della presidente del Consiglio Meloni con il presidente Trump alla Casa Bianca. Nero su bianco, la dichiarazione congiunta diffusa al termine dell’incontro nello Studio Ovale enuncia che: “Gli Stati Uniti e l’Italia riconoscono la necessità di proteggere le nostre infrastrutture e tecnologie critiche e ci impegniamo a usare solo fornitori affidabili in queste reti”.
“Tradotto: gli americani chiedono a Roma un giro di vite nella scelta dei fornitori pubblici di tecnologie. Ovvero di mettere se non alla porta, almeno sull’uscio i grandi competitor cinesi, da sempre nel mirino di Trump come di tutte le amministrazioni che lo hanno preceduto” chiosa il quotidiano del gruppo Caltagirone.
In questo modo il governo Meloni non lascia dubbi all’alleato transatlantico circa la postura dell’Italia nei confronti della penetrazione delle tecnologie cinesi.