Le Nazioni Unite hanno finalizzato il primo testo di trattato globale sul cybercrime.
Ufficialmente noto come Convenzione internazionale per contrastare l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione a fini criminali, il trattato stabilisce per la prima volta un quadro giuridico globale sulla criminalità informatica e sull’accesso ai dati.
Il testo stila linee guida globali per i governi per affrontare i crimini informatici come i ransomware.
Pertanto, l’approvazione del trattato è significativa. Non solo: “La Russia batte l’Occidente all’Onu con la vittoria sulle regole del cybercrime” titola Politico Pro. Mosca ha proposto infatti il trattato più di due anni fa e ha cercato il sostegno di tutto il Sud del mondo e degli stati allineati come la Cina. Gli Stati Uniti, l’Unione europea e non solo si sono opposti al trattato, preoccupati che potesse essere usato come pretesto dai paesi autoritari per giustificare la repressione statale online, spiega la testata.
Inoltre, tra gli oppositori del trattato ci sono organizzazioni per i diritti umani e grandi aziende tecnologiche.
Tutti i dettagli.
L’ONU HA APPROVATO IL PRIMO TRATTATO SULLA CYBER SECURITY
I delegati da tutto il mondo si sono riuniti all’Onu a New York questa settimana e hanno adottato il testo giovedì sera.
Una recente bozza del trattato ha cercato di semplificare la collaborazione tra i paesi per indagare sui crimini online, combattere gli abusi online e contrastare la sorveglianza intrusiva.
Il nuovo trattato mira a “prevenire e combattere la criminalità informatica in modo più efficiente ed efficace”, in particolare per quanto riguarda le immagini di abusi sessuali su minori e il riciclaggio di denaro.
COSA PREVEDE IL TESTO
Il testo prevede in particolare che uno Stato possa, per indagare su qualsiasi reato punibile con almeno quattro anni di reclusione ai sensi della propria legislazione nazionale, richiedere alle autorità di un altro Stato qualsiasi prova elettronica collegata a tale reato e richiedere i dati di accesso, spiega l’Agi.
I TIMORI
Ed è proprio il diritto per le autorità che indagano sui crimini di qualsiasi paese di ottenere prove elettroniche da altri paesi e di chiedere ai provider di servizi Internet di consegnare i dati a suscitare le maggiori preoccupazioni.
Sarà “una catastrofe per i diritti umani ed è un momento buio per le Nazioni Unite”, ha detto all’AFP Deborah Brown di Human Rights Watch, descrivendo uno “strumento di sorveglianza multilaterale senza precedenti”. “Può essere usato per reprimere giornalisti, attivisti, persone LGBT, liberi pensatori e altri, oltre confine”, ha lamentato.
LA POSIZIONE DI MOSCA
Alcune delegazioni ritengono, al contrario, che il trattato dia troppo spazio ai diritti umani. La Russia, storica sostenitrice di questo processo, ha deplorato pochi giorni fa un trattato “più che saturo di garanzie legate ai diritti umani”, accusando alcuni Paesi di “perseguire obiettivi meschini ed egoistici sotto la copertura dei valori democratici”.
LA PROTESTA DELLE ORGANIZZAZIONI PER I DIRITTI DIGITALI
Ora i gruppi per i diritti digitali temono che Mosca sia riuscita a imporre il proprio modo di controllare Internet attraverso il trattato.
I gruppi per i diritti hanno anche affermato che il trattato potrebbe consentire a stati autoritari, come Cina e Iran, di reprimere il dissenso politico, i media liberi e i contenuti online in generale.
I delegati volevano includere nel testo “crimini come crimini legati al terrorismo, crimini legati all’estremismo, tutto in termini molto vaghi”, ha affermato a Politico Tanja Fachathaler di Epicenter.works, un gruppo per i diritti digitali. Ma, ha detto, i paesi non sono d’accordo su come definire il terrorismo e tali mosse potrebbero finire per giustificare invece la repressione politica. Il testo ora “conferisce poteri molto intrusivi alle forze dell’ordine”, ha affermato Fachathaler.
“Il primo trattato informatico di questo millennio parte da una risoluzione della Federazione Russa in una tempistica che l’Occidente ha profondamente criticato”, ha affermato Raman Jit Singh Chima, Senior International Counsel presso il gruppo per i diritti digitali Access Now, riporta ancora Politico.
L’ENTRATA IN VIGORE
Il trattato sarà ora presentato all’Assemblea generale a settembre. Il testo entrerà in vigore una volta ratificato da 40 Paesi membri.