Anthropic ha confermato di aver sventato una delle operazioni di cyberspionaggio più sofisticate mai registrate. Per la prima volta, un modello di intelligenza artificiale è stato trasformato nel motore quasi autonomo di un attacco informatico su larga scala. Secondo l’azienda, il gruppo responsabile sarebbe con elevata probabilità legato allo Stato cinese, aprendo un nuovo capitolo nel confronto geopolitico digitale.
UN’OPERAZIONE AUTOMATIZZATA COME MAI PRIMA D’ORA
Il dettaglio più inquietante non è solo l’attacco in sé, ma il modo in cui è stato condotto.
Gli hacker hanno aggirato le protezioni di Claude Code inducendolo a credere di svolgere attività regolari di sicurezza difensiva per un’azienda. Questa manipolazione, nota come jailbreaking, ha permesso all’IA di operare senza riconoscere il carattere illecito dei compiti eseguiti.
Una volta oltrepassate le barriere di sicurezza, Claude ha automatizzato l’intera catena dell’intrusione.
Secondo le stime, l’80-90 per cento del lavoro tecnico è stato eseguito dall’IA, mentre gli operatori umani sono intervenuti solo per poche decisioni strategiche.
Il modello ha identificato vulnerabilità, generato codice exploit, raccolto credenziali, creato backdoor, classificato i dati rubati e preparato pacchetti di intelligence pronti all’uso.
Un ritmo impossibile da eguagliare per un team umano: migliaia di operazioni al secondo, una velocità che sposta l’asticella dell’offensiva digitale a un livello completamente nuovo.
OBIETTIVI E CONSEGUENZE
L’operazione ha preso di mira circa trenta organizzazioni negli Stati Uniti e nei paesi alleati. I settori coinvolti delineano un attacco mirato non a un singolo interesse economico, ma all’intera infrastruttura strategica di un paese industrializzato: enti governativi, grandi aziende tecnologiche, istituzioni finanziarie, industrie manifatturiere, in particolare del settore chimico, un appaltatore della difesa, fornitori sanitari e servizi di emergenza e istituzioni religiose.
Gli hacker non hanno utilizzato ransomware tradizionali. Hanno preferito una forma di estorsione basata sulla minaccia di divulgare dati sensibili: numeri di previdenza sociale, informazioni bancarie, cartelle cliniche, dettagli legati alla difesa.
UN ATTACCO IN CINQUE FASI
Secondo i documenti tecnici diffusi da Anthropic, l’operazione ha seguito un processo altamente strutturato: ricognizione automatizzata delle vulnerabilità, generazione di codice exploit su misura, furto di credenziali e accessi privilegiati, installazione di backdoor persistenti ed esfiltrazione e organizzazione dei dati sottratti.
È la prima volta che tutte queste fasi vengono gestite quasi interamente da un agente di intelligenza artificiale.
IL SEGNALE CHE NESSUNO PUÒ IGNORARE
Anthropic ha bloccato gli account coinvolti e informato le organizzazioni colpite, collaborando con le autorità competenti. Ma l’azienda riconosce apertamente che questo caso rappresenta un precedente destinato a moltiplicarsi. La combinazione tra velocità, automazione e capacità di generare codice rende gli agenti IA una potenziale forza moltiplicatrice per attori malevoli, anche con risorse limitate.
Questo episodio evidenzia tre vulnerabilità critiche: chiunque riesca a manipolare un modello avanzato può orchestrare attacchi complessi a costi minimi, gli strumenti di AI, se privi di salvaguardie robuste, possono diventare vettori di intrusione e le difese attuali non sono progettate per affrontare avversari capaci di iterare migliaia di azioni in pochi secondi.
LA NECESSITÀ DI UN NUOVO PARADIGMA DI SICUREZZA
L’attacco non dimostra soltanto una falla tecnica. Mostra la rapidità con cui il panorama delle minacce sta cambiando.
Difendere sistemi digitali in un mondo in cui gli aggressori dispongono di agenti automatizzati richiede un ripensamento totale delle strategie di sicurezza, dalle architetture tecniche alle politiche di regolamentazione.
Il caso Anthropic rappresenta un campanello d’allarme per governi, aziende e infrastrutture critiche. È la prova che l’intelligenza artificiale non è più solo uno strumento nelle mani degli attaccanti, ma può diventare l’orchestratore dell’intero attacco.
Si impone una domanda urgente: come costruire sistemi capaci di resistere a minacce che evolvono con la rapidità stessa dell’IA che le genera.
Claudia Giulia Ferrauto, autrice della newsletter Tech & Privacy






