Qualche lacrima e le prime ammissioni arrivano con le dichiarazioni spontanee davanti al gip da parte dei quattro arrestati nell’inchiesta milanese sul network di cyber-spie collegato alla società Equalize che attingeva da banche dati statali riservate grazie al lavoro di dipendenti pubblici infedeli. E non mancano evocazioni su “qualcosa di oscuro” da parte di alcuni protagonisti, magari per alzare fumisterie e polveroni utili alla difesa.
Ecco i dettagli.
QUALCOSA DI OSCURO DIETRO AL SISTEMA SECONDO MASSIMILIANO CAMPONOVO
“Sono preoccupato, avevo percepito che dietro a questo sistema c’era qualcosa di oscuro”.
Sarebbero, nella sostanza, altre frasi pronunciate, con dichiarazioni spontanee davanti al gip, da Massimiliano Camponovo, uno dei quattro arrestati nell’inchiesta milanese sul network di cyber-spie. “Temo per l’incolumità mia e della mia famiglia, mi passavano i dati e io facevo i report, eseguivo”.
Ha parlato di “una mano oscura che muove questo sistema”. Queste le parole esatte che avrebbe usato, davanti al gip di Milano Fabrizio Filice, Massimiliano Camponovo, uno degli arrestati nell’inchiesta milanese sulle cyber-spie, per descrivere ciò che lui aveva percepito, che lo preoccupava, tanto da temere per la sua vita e per quella dei suoi familiari. Per questo eseguiva: “facevo i report con i dati che mi davano”. Camponovo, difeso dall’avvocato Roberto Pezzi, potrà chiarire le sue dichiarazioni anche su quella “mano oscura” e sul sistema in interrogatori davanti al pm Francesco De Tommasi.
LE LACRIME DI GIULIO CORNELLI AGLI ARRESTI DOMICILIARI
“Chiarirò tutto quello che potrò chiarire. Voglio uscire” da questa brutta situazione e “tagliare con ambienti che non mi riguardano”.
È in sintesi un passaggio delle dichiarazioni spontanee rese, “con le lacrime agli occhi” sottolinea l’Ansa, al gip di Milano Fabrizio Filice, da Giulio Cornelli, uno dei giovani tecnici informatici agli arresti domiciliari nell’indagine su una presunta rete di cyber-spie che avrebbe setacciato le banche dati riservate per rivendere le informazioni acquisite illegalmente. Cornelli, difeso dall’avvocato Giovanni Tarquini, si è formalmente avvalso della facoltà di non rispondere, ma ha annunciato di voler spiegare al pm.
Come ha riferito l’avvocato Tarquini, Cornelli ha spiegato di non riconoscersi “in quella figura che gli viene attribuita” dalle indagini in quanto “non è dentro in alcun contesto associativo criminale” bensì “in una vicenda delicata dai contorni ancora da definire” e che vuole chiarire per uscire e tagliare i ponti con ambienti che, ha sostenuto, non lo riguardano. Dunque, non appena con il suo difensore avrà letto gli atti, dovrebbe rendere interrogatorio ai pm.
LE PRIME AMMISSIONI PER BOCCA DEL POLIZIOTTO MARCO MALERBA
Arrivano dal poliziotto Marco Malerba le prime ammissioni, con risposte davanti al gip, nell’inchiesta milanese sui presunti dossieraggi. “Sì, facevo gli accessi abusivi per i dati, nell’ambito di un rapporto di scambio di favori”: è quanto avrebbe detto – secondo la ricostruzione dell’Ansa – l’indagato al giudice. Favori che, a suo dire, gli venivano richiesti “dal suo capo”, ossia Carmine Gallo.
Da quanto si è saputo, inoltre, il poliziotto Marco Malerba, difeso dall’avvocato Pietro Romano, ammettendo davanti al gip gli accessi abusivi alla banca dati Sdi delle forze dell’ordine e parlando di quel rapporto con il suo ex capo Carmine Gallo, che fu ispettore di polizia del commissariato di Rho-Pero, ha chiarito che riceveva in cambio raccomandazioni varie, dalle visite mediche fino al posto nei ristoranti. Oltre al pagamento di spese legali.
FACOLTÀ DI NON RISPONDERE PER SAUMUELE CALAMUCCI
“L’unica cosa che posso dire, signor giudice, è che dal punto di vista empirico le cose che ho letto sugli organi di stampa sono impossibili da realizzare”. Sono queste le dichiarazioni spontanee di Nunzio Samuele Calamucci, l’esperto informatico tra gli arrestati nell’inchiesta della Dda di Milano e della Dna sulla rete presunta di cyber spie. Le dichiarazioni si riferiscono alla presunta calacità del gruppo di ‘bucare’ lo Sdi. Calamucci, interrogato stamani sal gip Fabrizio Filice, si è avvalso della facoltà di non rispondere: intende prima conoscere gli atti dell’indagine per poi parlare ai pm.
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ESTRATTO DI UN ARTICOLO DEL SOLE 24 ORE:
Si scrive società di “reputation”, si legge investigazione privata. E dentro questa professione “misteriosa”, stando alle carte dell’inchiesta di Milano sul dossieraggio, si nascondono attività illecite, affidate peraltro a piccole imprese subappaltatrici a cui vengono delegate le mansioni più rischiose, come le intercettazioni e l’installazione dei trojan, ma anche pedinamenti.
Sotto la lente ci sono ben otto società, di cui le più conosciute si occupano di firmare direttamente i contratti con aziende e privati: Equalize, Mercury, Develope and Go (Dag) e Neis. Le altre — Skp Investigazioni e servizi d sicurezza; Skp Servizi di sicurezza srl, Ml mutiservice e l’impresa individuale Tutela del credito — hanno fatto da fornitrici di secondo livello. La Skp, in particolare avrebbe assicurato le intercettazioni illecite, come emerge peraltro da una precedente indagine dei pm di Torino del 2022.
La Equalize, fondata nel 2018 da Enrico Pazzali, ha come core business la «Raccolta di elaborazione e gestione dati» e le «investigazioni e verifiche dei sistemi di controllo». Termini vaghi che nascondono la capacità di penetrare le banche date strategiche di interesse nazionale. Nel 2019 l’ex poliziotto Carmine Gallo entra con una quota del 5% e il 3 dicembre 2019 la Prefettura di Milano gli rilascia l’autorizzazione «per l’attività d’istituto d’informazioni commerciali e investigazioni private».
I clienti e il fatturato di questa attività sono progressivamente cresciuti. Dai bilanci depositati dalla Equalize dal 2018 al 2023 emerge una continua ascesa (nel 2020 oltre 1,7 milioni e nel 2023 quasi 2 milioni).
Il business delle società del settore sembra essere quindi molto florido. Al punto che Antonio Rossi, dirigente di Osint Italia, avrebbe ipotizzato di portare a Londra una filiale di Equalize. Ne parlano in una intercettazione alcuni indagati, tra i quali Samuele Calamucci, socio della Equalize con Enrico Pazzali. Calamucci sostiene una strategia di crescita del gruppo. Parla di lavori da fare in Inghilterra, dove peraltro opera una “squadra” di hacker coordinata da due docenti — una sospettata di essere in contatto con «autorità britanniche» — che esfiltra dati segreti dal Ced Interforze del Viminale. Calamucci dice di aver parlato con una persona dell’ambiente, la quale avrebbe detto: «Gli inglesi a darvi lavoro su Spagna, Portogallo, Balcani e Romania diffidano se non avete una sede fisica in Inghilterra sotto lo stesso nome».
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ESTRATTO DELL’ARTICOLO DI ROSARIO DI RAIMONDO PER LA REPUBBLICA:
Avranno avuto strumenti tecnologici «pari se non superiori alle forze dell’ordine», per ordire depistaggi e ricatti, ma preparavano il buon vecchio fango per screditare Alex Britti, “colpevole” di aver portato in tribunale l’ex compagna che — secondo la denuncia del cantante — lo aveva video ripreso a sua insaputa in casa.
[…] Storie piccole e grandi ruotano attorno ai nomi dei 68 protagonisti della macchina dei dossier […]. Una buona metà dei protagonisti a caccia delle vite degli altri era collegata alla società Equalize di Enrico Pazzali […], per gli amici “Il presidente” o “Zio bello”, che chiedeva report a raffica ai suoi hacker.Come l’esperto Samuele Calamucci detto “Samu”, che si vantava di rapporti pure con l’entourage di Berlusconi; come quel nutrito gruppo di informatici (da Cornelli e Camponovo, finiti ai domiciliari). Ancora, c’era una rete di divise infedeli, pagate «due o trecento euro» per accedere alle banche dati istituzionali, dal finanziere Giuliano Schiano al poliziotto Marco Malerba.
Ancora: investigatori privati sul filo della legge, smanettoni freelance, l’ingegnere-hacker (lo chiamavano così) Gabriele Pegoraro, procacciatori di nuovi clienti come l’ex carabiniere Vincenzo De Marzio. Nella rete c’erano semplici impiegati e tecnici ombra come quel tale Luca rimasto, persino per gli investigatori, «soggetto per lo più sconosciuto alle indagini». Un uomo invisibile.
[…] Dall’altro lato, […] i clienti. Come l’imprenditore Lorenzo Sbraccia, «privo di scrupoli» secondo i pm, «ossessionato » dalla ricerca di informazioni riservate per i suoi affari nonché principale finanziatore della premiata ditta Spioni spa: un milione e passa di euro è arrivato nei conti della società con gli uffici vista Duomo e gli schermi accesi sui segreti di migliaia di persone.«Possiamo sputtanare tutta l’Italia», era il grido di battaglia. Se al buon “Pazzalone” interessavano dossier da usare contro «competitor» economici e politici, la banda fatturava «kappa» grazie a commesse con celebri brand impegnati nel controllo di dipendenti ritenuti infedeli: così l’elenco degli indagati accoglie manager di Barilla, Erg, Heineken ma anche nomi altisonanti come quello di Leonardo Maria Del Vecchio, figlio dell’impero Luxottica, che avrebbe arruolato due emissari per concordare con Equalize l’installazione di un “trojan” nel telefono della modella di cui si era «invaghito» e per commissionare un falso dossier sul fratello. […]