In Italia nel 2017 si sono ricavati dai rifiuti 7,6 megawatt di energia (dai termovalorizzatori e dal biometano del compostaggio), in grado di soddisfare il fabbisogno di 2,8 milioni di famiglie. Ma in Italia mancano gli impianti, e quelli esistenti sono quasi tutti al Nord, pochissimi al Centrosud.
È questa la fotografia della produzione di energia dalla spazzatura nel nostro paese, scattata dal “Rapporto sul recupero energetico da rifiuti in Italia” di Ispra (il centro studi del ministero dell’Ambiente) e Utilitalia (la federazione delle imprese di acqua, ambiente ed energia), presentato stamani a Roma.
GLI AUSPICI DI UTILITALIA
Per Utilitalia aumentare la capacità di trattamento degli impianti è fondamentale per chiudere il ciclo dei rifiuti, perché la raccolta differenziata produce scarti che vanno smaltiti nella maniera ambientalmente più corretta e perché il recupero energetico – con conseguente produzione di energia rinnovabile – evita lo smaltimento in discarica.
LE CONCLUSIONI DEL RAPPORTO
Come emerge dal Rapporto, l’Italia ha urgentemente bisogno di nuovi impianti soprattutto per il trattamento della frazione organica, in mancanza dei quali sarà impossibile mantenere lo smaltimento in discarica al di sotto del 10%; anche perché nei prossimi anni è previsto un considerevole aumento delle percentuali di raccolta differenziata, che si tradurrà in un incremento degli scarti di lavorazione e dei rifiuti organici da trattare.
I NUMERI SUGLI IMPIANTI DI COMPOSTAGGIO
Nel 2017 erano operativi nel nostro Paese 55 impianti di compostaggio dei rifiuti urbani – 47 al Nord, 2 al Centro e 6 al Sud – che hanno trattato 6,1 milioni di tonnellate di rifiuti, trasformandolo in fertilizzante compost e biometano. Nei prossimi anni saranno operativi altri 31 impianti.
I DATI SUI RIFIUTI ORGANICI
Il rifiuto organico, con 6,6 milioni di tonnellate raccolte, rappresenta il 41,2% della raccolta differenziata. Per la digestione anaerobica dei fanghi di depurazione, nel 2017 erano attivi 87 impianti: 45 al Nord, 17 al Centro e 25 al Sud.
LA MAPPA DEGLI IMPIANTI
Nel 2017 erano operativi 39 impianti di incenerimento (attualmente ridotti a 37 per la chiusura di Colleferro e Ospedaletto): 26 al Nord, 7 al Centro e 6 al Sud. Al loro interno sono stati trattati 6,1 milioni di tonnellate di rifiuti. L’85% delle scorie prodotte sono state avviate a riciclo. Per diversi inceneritori i limiti sulle emissioni applicati sono più stringenti di quelli di legge.
Gli impianti di digestione anaerobica hanno prodotto 1,2 milioni di MWh e gli inceneritori 6,4 milioni di MWh, tra produzione elettrica e termica: questa energia è in grado di soddisfare il fabbisogno di circa 2,8 milioni di famiglie. Il 100% dell’energia prodotta dagli impianti di compostaggio ed il 51% di quella prodotta dai termovalorizzatori è energia rinnovabile, e non produce quindi gas serra.
IL COMMENTO DI UTILITALIA
“Senza impianti di digestione anaerobica e senza inceneritori non si chiude il ciclo dei rifiuti e non si potranno raggiungere i target UE”, spiega Filippo Brandolini, vicepresidente di Utilitalia. L’Unione europea impone di scendere entro il 2035 sotto al 10% della spazzatura in discarica, mentre oggi in Italia siamo al 23%. “Serve una strategia nazionale per definire i fabbisogni che operi un riequilibrio a livello territoriale – ha concluso Brandolini -, in modo da limitare il trasporto fra diverse regioni e le esportazioni, abbattendo le emissioni di CO2” dai camion.