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Vi racconto i subbugli a 5 stelle dopo la sortita di Fico sulle Ong

I Graffi di Damato su che cosa sta succedendo tra i 5 Stelle dopo le dichiarazioni di Roberto Fico Prima ancora di Matteo Salvini, in partenza peraltro per l’annuale raduno leghista a Pontida, ospiti stavolta i governatori regionali degli alleati di centrodestra, come per sottolineare la provvisorietà dell’alleanza con i grillini a livello nazionale, è…

Prima ancora di Matteo Salvini, in partenza peraltro per l’annuale raduno leghista a Pontida, ospiti stavolta i governatori regionali degli alleati di centrodestra, come per sottolineare la provvisorietà dell’alleanza con i grillini a livello nazionale, è stato dunque Luigi Di Maio a polemizzare col suo collega di partito Roberto Fico. Che da dichiarata e compiaciuta “terza carica dello Stato” aveva appena espresso fra i migranti a Pozzallo, vestito un po’ come loro, il suo dissenso dalla linea e condotta del governo in materia di immigrazione.

CHE COSA HA DETTO ROBERTO FICO

“Io i porti non li chiuderei”, aveva detto il presidente pentastellato della Camera, grato alle organizzazioni di volontariato e alle loro navi per l’attività nelle acque del Mediterraneo, ma in particolare in quelle libiche, dove hanno a lungo raccolto i disperati imbarcati dai trafficanti su mezzi di fortuna -per chi ne ricava danaro- e raccolti in tempo per non finire annegati a poca distanza dalle coste di partenza. E per essere invece trasportati e scaricati tutti e solo in Italia, sino a quando questo automatismo non si è interrotto.

LA REAZIONE DI LUIGI DI MAIO

“Parla a titolo personale”, ha commentato per conto del proprio partito e del governo il vice presidente del Consiglio e superministro dello Sviluppo Economico e del Lavoro, dopo avere chiamato l’amico Fico per protestare, e senza avere avuto bisogno di consultare prima Beppe Grillo o Giuseppe Conte. “A porti in faccia”, ha titolato con la solita efficacia su tutta la prima pagina il manifesto. E lui, Fico, zitto e mosca, per niente imbarazzato. Quello che aveva voluto dire l’aveva detto. E tanto bastava, dopo avere peraltro già dato segnali di dissenso, disagio, insofferenza e quant’altro, da uomo di sinistra quale si è sempre sentito, e proprio per questo scartato da Grillo nel momento della scelta, o designazione, del capo formale del movimento.

GLI SBUFFI DI MATTEO SALVINI

Salvini, in partenza- ripeto- per la sua domenica sui prati di Pontida, stavolta meno verdi o più blu del solito, molto più dell’azzurro dell’ormai sorpassata, anzi surclassata Forza Italia, si è limitato ad aggiungere alla smentita o precisazione del suo pari grado a Palazzo Chigi la magnanima assicurazione di non volere assimilare ad “una caserma” l’attuale condominio di governo gialloverde, o giallo blu. Fatta da lui, non è un’assicurazione o una concessione da poco. Per cui Fico potrà anche continuare a dissentire. Nessun leghista ne chiederà o auspicherà le dimissioni dal vertice di Montecitorio. Tanto, le decisioni le prende chi sta al governo. E il presidente della Camera ne è appunto fuori. Ciao ciao, o un ciaone, si è trattenuto dal concludere il leader leghista, abituato a chiudere così le sue polemiche col dissenziente o oppositore di turno.

IL PENSIERO DI MAO

Mao è morto da tempo, ma un motto gli è sopravvissuto più di tutti: “Grande è la confusione sotto il cielo, perciò la situazione è favorevole”. Il cielo, in questo caso, si è ridotto a cinque stelle, ma gli avversari dei grillini possono per una volta sentirsi cinesi, e forse sperare.

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