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La comunicazione intelligente: un volano per l’economia post pandemia?

Il post dell’avvocato Angela Lupo Comunicazione buona e digitale efficiente: da qui passa il futuro smart dell’Italia (e dell’Ue) nel mondo della post pandemia. Sembra uno slogan di una pubblicità d’altri tempi, le immagini dei manifesti sui cartelloni dell’Italia del boom economico, quel Paese piegato da una guerra devastante — il secondo conflitto mondiale –…

Comunicazione buona e digitale efficiente: da qui passa il futuro smart dell’Italia (e dell’Ue) nel mondo della post pandemia. Sembra uno slogan di una pubblicità d’altri tempi, le immagini dei manifesti sui cartelloni dell’Italia del boom economico, quel Paese piegato da una guerra devastante — il secondo conflitto mondiale – che stava per rimettersi in moto. Per farlo e per “fare bene” i capitani d’industria e i politici dell’Italia post bellica si affidarono alla comunicazione per immagini della pubblicità: Piaggio, Pirelli, Fiat, Candy, Agip e tanti marchi importanti. Si doveva vendere, si doveva aumentare le produzioni, si doveva lanciare l’Italia nel mondo. Sembra ieri ed invece sono trascorsi oltre 70 anni di storia italiana.

Davvero comunicare serve a far crescere l’economia di un Paese? Davvero possiamo ancora oggi concepire un modus comunicandi per rilanciare lo sviluppo? E davvero basterebbe comunicare alla maniera dei cartelloni della pubblicità degli anni ’50 per risollevare le sorti di una pandemia che da marzo ha falciato asset e geografie dell’economia globale?

“Comunicare” – etimologicamente parlando – significa “mettere in comune” e “compiere il proprio dovere con gli altri” (dal latino cum munis).

Più volte abbiamo sentito – nelle aule universitarie dove spesso si insegnano “tecniche di comunicazione” – come la comunicazione buona è l’elemento vitale di una sana comunità e di una vera democrazia.

Senza una vera comunicazione non possono esistere  – e coesistere – percorsi di strada in comune sia in ambito personale che sociale e/o economico.

L’informazione, per contro, è il “dare notizia” ossia il comunicare un fatto e, così facendo – sempre etimologicamente parlando – si può “educare” o formare il lettore o lo spettatore o il fruitore di social, a seconda dello strumento che si adotta per diffondere la notizia (giornale di carta stampata o online, televisione, social etc.).

I ricordi per immagini ci proiettano e fanno tornare alla memoria  l’affare Watergate in Usa, il caso Moro e gli scandali della stagione di Mani Pulite, la pipa del Presidente Sandro Pertini che accoglie, nella tribuna del Bernabeu del 1982, in un abbraccio giocoso, la Spagna di Re Juan Carlos e la Germania dell’Ovest che di lì a sette anni dopo circa sarebbe stata unificata.

Al tempo del Covid-19 le immagini visive dell’Italia, impresse nella memoria di tutto il mondo, saranno sicuramente i carri con i feretri a Bergamo, ma anche le parole di coraggio del presidente Mattarella, nel giorno del venerdì santo, e quelle di tanti altri uomini e donne delle Istituzioni e del reparto medico-scientifico.

Un Paese tuttavia non può raccontare – rectius comunicare, informando –  solo ricordi, belli o brutti che siano.

Una nazione e un continente, per poter continuare a vivere, devono rinnovarsi e rinascere.

Ecco perché serve un “cambio di passo” per la comunicazione – e l’informazione – in modo da essere ancor più all’altezza del momento pandemico.

Comunicare bene, informando in modo responsabile, può essere un volano formidabile per spingere la crescita del Paese? La risposta dovrebbe essere affermativa, ma in che modo, verrebbe da chiedersi?

Sviluppando idee, promuovendo esempi virtuosi di “fare impresa” e di “lavorare bene” tenendo conto di tutte le categorie economiche e di sviluppo merceologico. Insomma, la buona comunicazione come un collante che unisce mondi variegati ma accomunati dallo stesso spirito di sopravvivenza, in un mondo post pandemico globalizzato, ispirandosi proprio ai modelli della pubblicità negli anni italiani del boom economico.

Non basta più avere una buona idea, anche fosse una formidabile idea innovativa.

Una buona idea va coltivata e comunicata bene.

Ritornare a questo concept – tutto italiano – significherebbe dare un contributo serio per far crescere il Paese, significherebbe “compiere il proprio dovere con gli altri”, ricordando proprio l’etimologia del termine “comunicare”.

La comunicazione può servire, tuttavia, solo all’interno di un sistema economico e di sviluppo che sia aiutato dalla tecnologia e dal digitale.

Digitalizzare il Paese non significa altro che rendere più fruibili i processi di interscambio e le relazioni all’interno di una Comunità, semplificando e accelerando dinamiche inusitate della conoscenza.

La comunicazione e l’informazione si serviranno del digitale e il digitale si servirà di una buona comunicazione e di una responsabile informazione.

In un siffatto contesto, avrebbe più che mai senso sfruttare il tempo della pandemia e della post pandemia per meglio comunicare e informare, in tutti gli ambiti della società: nel mondo dell’industria e delle imprese, nel mondo dei trasporti, nel lavoro della PA, nel mondo della giustizia e in quello della scuola e dell’università.

In fondo, comunicazione e digitale non sono elementi avulsi dai vari contesti di una Comunità, bensì sono strumenti – fondamentali nel tempo che viviamo – per condividere e valorizzare le buone idee di riforma del Paese.

Prenderne coscienza e farsi promotori di nuovi modelli di relazione e condivisione – i c.d. Modelli virtuosi – sarebbe un bene per la Storia del Paese post pandemia.

Attraverso questa chiave di lettura e con questo spirito innovativo – nel quarto Seminario organizzato da LEITFRAME, soggetto giuridico in fieri -–si proverà a creare frames, vere cornici di futuro.

Anche una buona comunicazione e una maggiore efficiente digitalizzazione del Paese potranno servire a “Fare bene in questo tempo”, il tempo che nasce da una pandemia globale che ha azzerato processi di sviluppo e visioni geografiche e geopolitiche.

Ci aspetta un autunno in cui serve progettare visioni di futuro anche attraverso il giusto utilizzo delle risorse europee del Recovery Plan. E tutti devono farsi trovare pronti: le Istituzioni italiane, la PA, la società civile e ogni cittadino che voglia contribuire a salvare un Paese che deve rialzarsi e, per farlo, deve cominciare a comunicare bene ciò che siamo e ciò che saremo.

Let’s go!

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