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Giuseppe Scalarini, una penna pungente. Dall’ostilità alla guerra di Libia alla difesa di Trieste italiana

Il Taccuino di Walter Galbusera,  Presidente Fondazione Anna Kuliscioff

Giuseppe Scalarini (Mantova,29 gennaio 1873 – Milano, 30 dicembre 1948), ebbe una vita intensa e difficile. Disegnatore, giornalista e scrittore, socialista di fede e liberale di spirito, visse da protagonista i grandiosi movimenti politici e sociali a cavallo tra il XIX° e il XX° che accompagnarono l’emancipazione delle masse proletarie. Iniziò a scrivere nei giornali socialisti mantovani, per approdare nell’ottobre del 1911 alla redazione dell’Avanti! di Milano dove rimase fino al 1926, quando il fascismo soppresse la libertà di stampa.

Difficile trovare nelle vignette in bianco e nero una capacità comunicativa, un grado di sintesi, un’inventiva inesauribile pari alla sua, basata sulla pura potenza del disegno. La sua “penna pungente” si oppose con intransigenza all’intervento in Libia e alla Prima guerra mondiale, di cui intuì la “tremenda modernità” distruttrice (fino ad allora inimmaginabile) di uomini e cose. I suoi avversari erano i borghesi, gli agrari, i militaristi, i profittatori di guerra e i preti che spesso contrapponeva alla figura di Cristo. Così come lo furono anche i socialisti “interventisti” in Libia e nella “Grande Guerra”.

Combatté il fascismo da cui subì violenze e persecuzioni: aggredito, confinato e poi privato del diritto di firmare disegni o scritti. In un’Italia con milioni di analfabeti o semianalfabeti i disegni di Scalarini avevano il valore di articoli di fondo che quotidianamente su “l’Avanti!” ribadivano l’identità politica e sociale del giornale. La sua fu una figura limpida, coerente con le convinzioni che maturava e conseguente negli atteggiamenti e nei giudizi. Il suo acceso senso di ostilità pregiudiziale alla guerra lo portò a non fare sconti a nessuno. Neppure ad Ivanoe Bonomi, (unico politico italiano a ricoprire l’incarico di capo del governo prima e dopo la Seconda guerra mondiale) coetaneo e conterraneo e del quale era stato amico e compagno stretto di lotta politica. La condanna morale di Scalarini è netta: Bonomi, Bissolati ed altri ex socialisti sono passati dal socialismo alla borghesia. Nel 1921 compaiono le vignette più amare contro colui che era stato quasi come un fratello: Bonomi capo di un Governo che ha come alleati e simpatizzanti il Re, Don Sturzo e i fascisti ed è asservito al pescecane capitalista, Bonomi vestito da squadrista che uccide il Bonomi socialista, Bonomi in camicia nera che, armato di un nodoso randello, esegue la pena di morte nei confronti di un socialista.

Quando il fascismo diviene dittatura a Scalarini è impedito di firmare qualunque cosa, si tratti di un disegno o di un articolo. L’astio di Mussolini nei suoi confronti è ancora molto forte. Il duce è rimasto profondamente colpito dalla vignetta dell’Avanti! pubblicata nel lontano 23 novembre 1914 in cui l’ormai ex direttore del quotidiano socialista viene presentato come un Giuda che accoltella il PSI, rappresentato da Gesù. Ironia della sorte, si tratta di una delle rare vignette in cui Scalarini disegna Mussolini. Serrati, allora direttore dell’Avanti! aveva dato l’ordine di ignorare del tutto l’odiato ex direttore.

Scalarini per sopravvivere collabora ad alcune riviste, tra cui il Corriere dei Piccoli con disegni rigorosamente non firmati e pubblica nel 1930 un libro per bambini, Le avventure di Miglio”, firmato dalla figlia.
Negli ultimi giorni della Repubblica di Salò riceve la visita di Carlo Silvestri, un vecchio compagno socialista che ora collabora con Mussolini e che gli porta i saluti del suo vecchio direttore. Scalarini li accetta e lascia a Silvestri un messaggio: “Non porto rancore……”

Dopo il 1945 si occupa anche di illustrazioni pubblicitarie, attività già svolta negli anni in cui lavorava all’Avanti! prima del 1926. Ebbe tra l’altro una breve collaborazione con la “Pirelli” e lavorò alla realizzazione del logo pubblicitario del panettone Alemagna. Dopo la lunga notte del fascismo Giuseppe Scalarini torna con la sua tradizionale firma a rebus prima su l’Avanti! poi nel febbraio del 1947 su Mondo nuovo, quotidiano del PSLI, e disegna dal marzo all’agosto 1947 per la nuova testata dello stesso partito L’Umanità. Successivamente dall’aprile del 1948 all’agosto dello stesso anno ancora per l’Avanti!

Il tratto della sua penna è quello di sempre. Il messaggio è trasmesso con chiarezza ed efficacia, gli argomenti sono in parte quelli di un tempo, ma non mancano i temi di attualità in un paese che cerca di risollevarsi dalla catastrofe in cui è piombato. In primo luogo, il pericolo di una nuova guerra, resa ancora più terrificante dagli ordigni nucleari. Scalarini riprende anche immagini simili a quelle di trent’anni prima e rappresenta la guerra come un enorme ragno con in capo la corona reale, che tenta di catturare nella sua tela una donna vegliante su una culla.
Un altro tema che ritorna prepotentemente di attualità è quello della miseria e della disoccupazione (un proletario morente in una casa poverissima che si raccomanda alla moglie: “un funerale semplice, senza fiori”) accompagnato dalla denuncia dei nuovi pescecani che non conferiscono il grano agli enti pubblici incaricati della raccolta, ma alimentano la borsa nera.

La figura di Gesù, in cui Scalarini identifica i valori del socialismo, si oppone alla gerarchia cattolica che fiancheggia la Democrazia Cristiana (“il prete politicante scaccia Cristo dalla Chiesa”, oppure “il falegname socialista ammonisce: nessun padrone!”). Appaiono anche i temi politici di maggiore attualità del secondo dopoguerra. Colpisce l’insistenza di Scalarini nel richiamare la questione di Trieste, del Moncenisio, di Briga e Tenda. Sono tutti territori che in parte l’Italia ha già perso a vantaggio della Francia o che, come Trieste, rischia di consegnare alla Jugoslavia.
Nei disegni di Scalarini la perdita di Trieste, che “dall’esame del sangue risulta italiana”, vorrebbe dire l’amputazione di un ramo importante dell’albero che rappresenta l’Italia. L’ostilità nei confronti degli sloveni e di Tito è netta e rasenta il disprezzo quando disegna il confine tra i due paesi, costituito da due negozi: dalla parte italiana c’è una libreria, da quella slovena un negozio di polli. Oppure quando presenta gli sloveni con rozzi tratti somatici di lombrosiana memoria.

Non è nazionalismo quello di Scalarini, ma la convinzione irremovibile che senza Trieste, parte integrante della storia e della cultura italiana, il paese si sarebbe sentito mutilato ed ancor più umiliato. Nello stesso tempo invoca la costituzione degli Stati Uniti d’Europa dove ”il socialismo deve spazzar via i confini per uccidere il nazionalismo”.
Il referendum per la scelta tra monarchia e repubblica è un argomento ideale per la penna di Scalarini, che denuncia i legami di Casa Savoia, passati e presenti, con il fascismo e il neofascismo. I risultati del referendum danno la vittoria alla repubblica, ma il relativo successo dei monarchici in molte aree del mezzogiorno lascia una grande amarezza in Scalarini. In una sua vignetta rappresenta il cervello di un ipotetico elettore meridionale su cui si effettua un’operazione chirurgica “togliendo un po’ di monarchia ed introducendo un po’ di repubblica”. Ma trova anche espressioni di entusiasmo sportivo: “Vince la Repubblica che taglia il traguardo del Giro d’Italia”.
Non può sfuggirgli “il connubio comun-democristiano”, l’intesa tra democristiani e comunisti sull’articolo 7 che riconosce i Patti Lateranensi. Efficacissima e anticipatrice la sua penna che vede la Costituzione ipotecata dalla alleanza innaturale (e di potere) tra la DC e il PCI.

Nel secondo dopoguerra Scalarini, che ha ha vissuto in prima persona le divisioni interne al PSI e più ancora le scissioni, quella del PCI nel 1921 e quella del PSU nel 1922, che hanno indebolito il fronte antifascista, esprime grande turbamento per il riacutizzarsi degli scontri tra le diverse correnti e la sua penna fa appello all’unità del Partito risuscitando la figura di Turati che si rivolge ai congressisti del PSI di Firenze nell’aprile del 1946 con un perentorio “non rompere il PSI!”, esortando a tagliare i rami malati dell’albero del partito, identificati nelle varie correnti, che rischiano di indebolire la pianta.

Negli ultimi mesi del 1946 il suo giudizio sull’unità di azione tra PSI e PCI non sembra essere negativo: da una parte viene presentata come una “diga che se dovesse rompersi saremmo travolti”, mentre dall’altra è vista come due strade parallele che i due partiti percorrono autonomamente.

Nel dicembre 1946 disegna “il capitalista che prega per ottenere la grazia della crisi del PSI”e nel gennaio 1947 l’ultimo struggente appello per l’unità del Partito: “Sulla tomba di Matteotti si brucino le tendenze”. Ma quando la rottura diviene inevitabile Scalarini si schiera con Saragat e avvia la sua collaborazione con i quotidiani del PSLI, Mondo Nuovo e l’Umanità che avviano le pubblicazioni nei primi mesi del 1947.

La sua scelta di campo, come sta nel suo carattere, è senza equivoci. Le sue vignette nel marzo 1947 danno voce a un Filippo Turati che si appella ai lavoratori: “questo è il vostro giornale, L’Umanità” e a Giacomo Matteotti, la cui ombra” alza il simbolo del PSLI”.
In una vignetta c’è una parola d’ordine particolarmente significativa: “Riaccenderemo nel proletariato la fiamma del socialismo spenta dalla propaganda massimalista iniziata da Mussolini”.

Poi disegna il neonato partito come “il difensore della marea reazionaria che sale” e infine il simbolo del PSLI da cui escono tre frecce che infilzano i tre mali assoluti: reazione, capitalismo e nazionalismo.

Nel marzo 1947 su L’Umanità escono due vignette sull’islamismo, tema del tutto inesplorato dalla satira del tempo, quando non erano ancora emerse quelle che parecchi decenni più tardi sarebbero state le drammatiche conseguenze dell’identificazione tra politica e religione nel mondo mussulmano. In esse è raffigurato un minareto in cui un muezzin sta pregando. I titoli costituiscono un messaggio quasi profetico di Scalarini: “facendo della fede una legge secondo il Corano si ottiene il trionfo dell’Islam” e “mescolando politica e religione secondo il Corano si conquista il Paradiso.

 

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