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L’Europa, l’Italia e i falsi miti

Il post di Daniela Coli, docente di Filosofia politica e blogger di Start Magazine

 

Da dov’è uscita quest’Italia nazionalpopulista con attacchi quotidiani contro Ue, Francia, Germania, Olanda, perfino antisemita, e questo clima esaltato di grande paese sfruttato dalle potenze europee, quasi un remake dannunziano della “vittoria mutilata”? A mio parere nasce dalla tradizione italiana.

L’invenzione della tradizione è un libro di Eric Hobsbawm del 1983, criticabile, ma con spunti interessanti su come una nazione crea la propria tradizione. Nel 2001, poi, è uscito un bel libro di Albert Russell Ascoli e Krystyna von Henneberg su Making and Remaking Italy: The Cultivation of National Identity. Ascoli e Henneberg analizzano il continuo tentativo degli italiani di riorganizzare l’identità nazionale revisionando il passato, con interpretazioni conflittuali, per adeguarlo al presente e al futuro. Si pensi al Risorgimento: da mito fascista, a rivoluzione mancata, a congiura anglo-massonica contro l’Italia, nel 2011 è ritornato quello di Croce e Gentile, anche se il Regno d’Italia non esiste più da 70 anni, ma era necessario per “nazionalizzare” il Pd, e ridare una versione alta dell’Italia, con al centro Cavour e il re galantuomo.

In realtà, gli storici del Risorgimento, come spiega Silvana Patriarca sull’American Historical Review, si concentrano sempre su testi e autori italiani, senza considerare il ruolo significativo degli europei, e soprattutto, senza considerare che l’unificazione italiana fu molto simile a quella greca, e giocarono un ruolo decisivo le esigenze geopolitiche britanniche ( Il Regno Unito appoggiò l’impresa dei Mille, perché desiderava uno stato cuscinetto nel Mediterraneo in funzione antifrancese) e le necessità diplomatiche di Bismarck, che appoggiò l’Italia sia contro l’Austria, sia contro la Francia. Bismarck è famoso per avere detto al futuro Vittorio Emanuele III, allora principe di Napoli : “Ricordate, siete il popolo delle tre ‘esse’ “. Frase ritenuta infamante dai nostri storici e occultata. Ovvero, senza Solferino (1859), Sadowa (1866) e Sedan (1870), difficilmente il Regno d’Italia sarebbe nato. Solferino, vinta dai francesi, dette all’Italia la Lombardia e l’Italia centrale, Sadowa, vinta dai tedeschi contro l’Austria, le dette il Veneto, Sedan, vinta dai tedeschi contro Napoleone III, le aprì la strada di Roma. Tutto questo è sempre nascosto dai nostri storici, che preferiscono parlare di Dante, Machiavelli, Manzoni e Verdi.

Fin dal Risorgimento è stata inventata una tradizione, che non tiene conto degli aiuti europei, ritenuti umilianti e infamanti. Lo stesso vale per il mito della Resistenza, per cui l’Italia si sarebbe “liberata” da sola, senza ricordare che è stata considerata nazione sconfitta alla Conferenza di Parigi nel 1948 e punita con la perdita delle colonie. A proposito delle tante revisioni della Resistenza, è importante un libro del 2015, curato da David Bidussa, su Bobbio e Pavone, sul loro rapporto, e su come siano arrivati, dopo la riunificazione tedesca, alla revisione della Resistenza come “guerra civile giusta”. Bobbio accettò la concezione di Schmitt di “guerra civile giusta”.

In realtà, la Resistenza, come sappiamo da Rosso e Nero di De Felice fu finanziata dagli Alleati via Pizzoni, e gli Alleati volevano azioni di disturbo, spionaggio, sabotaggio, non certo una guerra civile, che nella realtà non ci fu. Basta compararla con le guerre civili autentiche, con due eserciti contrapposti e battaglie. Vi fu solo una resa dei conti dopo il 25 aprile ( si pensi al Sangue dei vinti di Pansa), non certo una guerra civile. Sia fascisti ( Pisanò), sia il partigiano Pavone hanno equivocato sulla guerra civile, per non ammettere la sconfitta. Da qui l’antigermanesimo e molti equivoci con la Francia, che non avrebbe avuto diritto alla vittoria, dimenticando che fu aggredita da Germania e Italia, e col Regno Unito, reo di tramare sempre contro di noi da Enrico VIII in poi. Da qui anche l’esaltazione populista e nazionalista attuale sulla grandezza del popolo italiano, il cattolicesimo sbandierato da Salvini e Conte, più qualche spruzzo di fascismo e comunismo. Naturalmente, La pelle di Malaparte del 1949, che mostra com’erano gli italiani sconfitti, pronti a vendersi a chiunque, è un libro tabù, nonostante sia un bestseller negli Stati Uniti.

In realtà, per capire le carenze del nostro Paese andrebbe tenuto conto quanto l’Italia fosse arretrata nell’800 : Londra inaugura la prima metropolitana nel 1863, quando per muoversi gli italiani usavano cavalli, asini, muli, qualche velocipede. Basta leggere qualche romanzo di Forster, come Where Angels Fear to Tread del 1905. Un’Italia, povera, analfabeta, senza strade, pericolosa, una specie di Afghanistan. Agli inglesi scapigliati l’Italia piaceva proprio perché era selvaggia, senza industrie, pericolosa, come agli hippy degli anni ’70 piaceva l’Afghanistan. Ma c’era anche chi era fuggito inorridito dall’Italia, come Huizinga, che si sentì in salvo solo quando mise piede in Svizzera.

Da non dimenticare che per Roma, su cui oggi si piange tanto, si rifiutò l’intervento del grande urbanista Haussmann, che trasformò completamente Parigi, dalle fogne ai marciapiedi, facendone una splendida metropoli moderna. Inoltre, anche la tanto vantata autarchia del fascismo, a cui sembra talvolta rifarsi il governo gialloverde, è una bufala. Come dimostra La gabbia infranta di Ennio Di Nolfo e Maurizio Serra, nonostante la vantata autarchia del regime, fin dagli anni ’20 le banche americane finanziarono le imprese italiane, concedendo prestiti che permisero all’Italia di scongiurare le pericolose conseguenze della rivalutazione della lira a quota 90. La Grande Depressione diminuì i flussi americani, ma i finanziamenti continuarono, tanto che nel 1937 Ciano firmò l’accordo con le majors americane per mettere loro a disposizione Cinecittà.

Posizioni ideologiche di ogni tipo, spocchia e pregiudizi hanno finora impedito di conoscere com’era davvero il nostro Paese e questo ha contribuito a creare la visione di un’Italia grande paese, che può farcela da sola, alimentando miti che si sono sempre rivelati catastrofici e atteggiamenti bellicosi nei confronti dell’Europa.

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