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Ecco come al Fatto Quotidiano di Travaglio hanno accolto le teorie “democratiche” di Casaleggio

I Graffi di Damato sulle reazioni al Fatto Quotidiano di Travaglio dopo le esternazioni di Casaleggio Deve averla detta e fatta davvero grossa Davide Casaleggio sognando la fine del Parlamento, sia pure fra “qualche lustro”, per fare saltare sulla sedia persino i suoi amici al Fatto Quotidiano. Dove il vignettista Riccardo Mannelli gli ha dato la voce…

Deve averla detta e fatta davvero grossa Davide Casaleggio sognando la fine del Parlamento, sia pure fra “qualche lustro”, per fare saltare sulla sedia persino i suoi amici al Fatto Quotidiano. Dove il vignettista Riccardo Mannelli gli ha dato la voce di Benito Mussolini, evocando ”il bivacco” che il Duce del fascismo avrebbe potuto fare del Parlamento per i suoi “manipoli”, diventati manipolisti nello scenario digitale del “figlio dello Spirito Santo” dei grillini. Così Davide Casaleggio è stato definito, sempre sul Fatto Quotidiano”, dal fondatore ed ex direttore Antonio Padellaro, che ha evocato il fascino mitico di Gian Roberto Casaleggio padre nel Movimento delle 5 Stelle.

Paragonato Roberto Casaleggio allo Spirito Santo e il figlio Davide a Gesù, non resta che assegnare, nella rappresentazione religiosa che Padellaro ha fatto del movimento ora pilotato dal vice presidente del Consiglio Luigi Di Maio, il posto e il ruolo di Dio a Beppe Grillo. Che forse non a caso preferisce lui stesso definirsi ogni tanto “l’Elevato”, andandogli forse stretti i panni ufficiali del “Garante”, sempre con la maiuscola.

Giustamente Padellaro si è chiesto se basteranno i più semplici propositi espressi da Di Maio di far funzionare meglio le Camere, una delle quali peraltro presieduta ora da un grillino, ad evitare o ridurre i danni d’immagine e un certo sapore eversivo che Davide Casaleggio procura al Movimento delle 5 Stelle proiettandolo nello scenario di una democrazia digitale. Che è semplicemente una falsa democrazia, non lo sviluppo o l’ammodernamento di quella “rappresentativa” alla quale siamo abituati. E che è sancita da una Costituzione difesa con forza due anni fa non più tardi di due anni fa partecipando alla campagna referendaria contro la riforma targata Matteo Renzi. Il quale, poveretto, si era limitato da Palazzo Chigi a cercare di tagliare le unghie al Senato, riducendone la consistenza numerica, le competenze  e la rappresentatività, con un sistema elettorale un po’ anomalo, a tutto ed esclusivo vantaggio della Camera.

La sortita di Davide Casaleggio ha avuto l’inconveniente, fra l’altro, di arrivare nel dibattito politico mentre la maggioranza che sostiene il governo grilloleghista o gialloverde – o giallo blu, visto che neppure i colori sono certi- sperimenta le prime difficoltà in un Parlamento dove manca il “mandato imperativo” reclamato dal Movimento 5 Stelle. Che farebbe rischiare la decadenza a quanti in Parlamento votassero difformemente dalle indicazioni e decisioni dei gruppi o partiti di appartenenza o di elezione.

Anche se non sono mancate, oltre a quelle di Padellaro, reazioni critiche alla democrazia digitale teorizzata dal “figlio dello Spirito Santo” dei grillini, mi spiace dover dire che ho potuto trovare solo sul Manifesto parole nella cui chiarezza e fermezza potermi riconoscere del tutto. Sono quelle usate da Massimo Villone per scrivere: “Noi ci batteremo perché fra un paio di lustri vi sia ancora un Parlamento forte e rappresentativo, e che risulti invece provata la inutilità di Casaleggio junior”.

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