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Sanzioni

Che cosa combinano Conte, Di Maio, Salvini e Tria su Inps, migranti e decreto Dignità

I Graffi di Damato sullo stato dei rapporti all’interno del governo fra il premier Giuseppe Conte, i vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini e il ministro dell’Economia, Giovanni Tria Be’, questa volta non si può dire che volino gli stracci. Nello scontro consumatosi nel governo – tra accuse, smentite, precisazioni e quant’altro – sulla…

Be’, questa volta non si può dire che volino gli stracci. Nello scontro consumatosi nel governo – tra accuse, smentite, precisazioni e quant’altro – sulla paternità di conti e previsioni che hanno praticamente compromesso la vantata dignità del decreto legge contro la precarietà voluto dai grillini, a volare è un pezzo grosso come il presidente dell’Inps Tito Boeri. Del quale a reclamare la testa non è stato e non è solo il leader leghista Matteo Salvini, che ne aveva già chiesto la destituzione, o la mancata conferma alla vicina scadenza del mandato, per avere chiesto più immigrati allo scopo di pagare con i loro presunti contributi le pensioni già maturate dagli italiani, e pure quelle future.

Cominciano ora ad essere tentati dall’idea di sostituire Boeri anche i grillini, che l’altra volta l’avevano difeso con le solite, laconiche dichiarazioni del vice presidente del Consiglio e superministro dello Sviluppo Economico e del Lavoro Luigi Di Maio. E che poi ne aveva ricordato e apprezzato il contributo decisivo dato al presidente della Camera, pure lui grillino, per ricalcolare col sistema contributivo e tagliare anche dell’ottanta per cento i vitalizi degli ex deputati. Per gli ex senatori si vedrà.

Che figuraccia. Non tanto di Boeri, che non ha avuto rapporti facili neppure col governo che lo nominò, cioè quello di Matteo Renzi, né con quello successivo di Paolo Gentiloni, quanto dei grillini. Che adesso debbono incassare dall’ex fidato presidente ormai “terminale” dell’Inps l’accusa di “negazionisti economici”, e sentirsi anche sfidati a cacciarlo, per avere contestato i suoi calcoli sugli effetti del decreto legge contro la precarietà: ottomila posti di lavoro in meno ogni anno, nella prospettiva di un decennio, visti gli impedimenti o le difficoltà di rinnovare i contratti a termine. Per cui si arriva alla cifra di ottantamila destinati alla disoccupazione: non proprio un successo per una lotta a favore di un’occupazione finalmente stabile e “dignitosa”: altro che quella provvisoria e indecente prodotta dalle riforme del mercato del lavoro di Renzi e di Gentiloni, sempre a sentire i grillini.

Fra i pentastellati, peraltro, nonostante un comunicato congiunto emesso tra il vice presidente del Consiglio Di Maio e il ministro dell’Economia Giovanni Tria per smentire o comunque chiudere il conflitto fra di loro raccontato dai giornali, non è finita con l’offensiva contro Boeri la caccia ai sabotatori, complottisti e simili. Che lavorerebbero più o meno all’ombra nei palazzi del potere, compresi quelli dei Ministeri che i grillini hanno ricevuto in eredità, per impedire il Cambiamento, con la maiuscola, pattuito fra Di Maio e Salvini col contratto di governo addirittura “alla tedesca”. Alla cui esecuzione dovrebbe provvedere ogni giorno Giuseppe Conte a Palazzo Chigi fra una telefonata di protesta del presidente della Repubblica contro i blocchi portuali di Salvini e quelle che lo stesso Salvini gli impone di fare ai capi di governo in Europa per prendersi almeno un po’ dei migranti da lui trattenuti al largo delle nostre coste.

L’ultima operazione, quella appena gestita a Pozzallo, si è conclusa, almeno per ora, con questo bilancio: dei 451 profughi soccorsi in mare dopo il viaggio su un barcone partito dalle coste libiche, 250 sono stati presi in carico da cinque paesi dell’Unione Europea -50 per ciascuna dalla piccola Malta, dalla grande Germania, dalla Francia ora in festa per la vittoria alla finale russa dei campionati mondiali di calcio, dalla Spagna e dal Portogallo- e 251 dall’Italia.

Sempre meglio di prima, quando i migranti ce li dovevamo prendere tutti, ha detto Salvini di ritorno da Mosca, dove ha tifato per la Croazia. E senza commentare il rifiuto d’accoglienza ribadito, per “non cadere nell’Inferno”, da paesi dell’ex est-europeo con i quali lui ha curiosamente stabilito rapporti politici privilegiati all’insegna del sovranismo.

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