Addio petrolio per il The Economist. Cari politici, cari uomini delle istituzioni cogliete l’attimo! Seize the day: è il titolo della copertina del The Economist di questa settimana con un’illustrazione che riporta un bambino che saltella, scendendo da un ammasso fatto da molti barili di petrolio. Con alle spalle il sole che tramonta. Metafora di un’epoca che si chiude. L’epoca del petrolio volge al termine? Per il The Economist può essere così. Ma bisogna volerlo.
The Economist boccia il petrolio per il futuro energetico del mondo. Il famoso settimanale economico fa un’analisi all’interno dell’ultimo numero con un editoriale che esorta i governi del mondo: cogliete l’attimo, perché in questo momento di grandi cambiamenti, con il prezzo del petrolio basso, destinato a restare così a lungo, e con la spinta delle rinnovabili, e con il cambiamento delle tecnologie si può davvero pensare di cambiare il paradigma economico che sta alla base della produzione energetica mondiale. Insomma la rivoluzione di un’epoca è a portata di mano.
The Economist non risparmia critiche a tutte le fonti di energia, ma di fatto mette nel mirino la produzione di shale oil e shale gas in America, come critica anche l’Europa che vuole sfruttare lo shale gas americano ma non vuole produrlo in casa (anche perché non ne ha tanto! ndr). The Economist critica gli incentivi ai carburanti e sposa il principio della carbon tax: chi inquina deve pagare di più. Principio sacro santo, che non tutti i paesi praticano. Ad iniziare dall’Italia.
The Economist poi fa un’analisi abbastanza spietata su America e Europa: l’America punta sullo shale gas ma non può esportare questo in Europa. In Europa, prendiamo il caso della Germania che abbandona il nucleare, ma, contestualmente, punta sul carbone americano e sul gas russo. Come anche l’Europa troppo generosa con gli incentivi al solare. Insomma, ricomporre il quadro di un nuovo mix energetico mondiale non sarà facile, ma sicuramente bisogna cogliere l’attimo di un’epoca di grandi cambiamenti e rivoluzioni.