La corsa agli armamenti nucleari nel caso dell’Iran, la posizione del Pakistan con un ruolo da cuscinetto verso l’Afghanistan e il protagonismo sempre crescente, in campo economico e tecnologico, di uno Stato come l’India rendono quest’area, che va dai confini con l’Asia Centrale fino all’Estremo Oriente, strategica per gli equilibri mondiali.
Iran, India e Pakistan, il 5 luglio del 2005, sono stati ammessi, quali Paesi osservatori, alla Shanghai Cooperation Organisation (SCO), voluta da Mosca e Pechino per una collaborazione mirata a contrastare i gruppi clandestini ed estremisti che popolano l’area asiatica.
Ognuno di questi Paesi ha mire ed ambizioni particolari. L’India è un Paese grande, popolato, che presenta contraddizioni e squilibri, non ultimo quello di uno sviluppo economico che, come scrive Amartya Sen, ha “una disparità che lo rende per certi versi simile alla California, per altri all’Africa subsahariana”. L’India è l'”ufficio del mondo”, proprio per la specializzazione nel campo dei servizi e della tecnologia della sua economia, a differenza della Cina, definita la “fabbrica del mondo”. Lo sviluppo economico dell’India ha aumentato la sua richiesta di energia. Le risorse energetiche indiane sono concentrate nei pozzi offshore del Mar Arabico (al largo di Mumbai) e nell’Assam, ma non coprono il fabbisogno energetico del Paese, che non pochi problemi ha avuto con il vicino Myanmar per il riconoscimento degli interessi indiani sui giacimenti del golfo del Bengala.
L’India ha bisogno di più energia per sostenere la crescita
Molti ostacoli, inoltre, ha incontrato l’idea congiunta di India e Iran di dare vita al “gasdotto della pace”, pipeline lunga 2670 km che avrebbe dovuto collegare Nuova Delhi alla città iraniana di Assaluyeh, passando per il Pakistan. Il gasdotto sarebbe servito a distendere i rapporti tra India e Pakistan, ma l’intervento degli Usa, contrari a questa opera, e l’inizio della collaborazione americana sul nucleare civile indiano hanno fatto sì che il progetto originario sfumasse. L’India, dopo aver rinunciato ufficialmente al “gasdotto della pace”, potrebbe però ritornare a breve sui suoi passi.
Iran e Pakistan uniti dal gasdotto della pace
Il “gasdotto della pace”, di cui si parla sin dal 1994, punta a collegare oggi Iran e Pakistan; gli Stati Uniti dal canto loro si sono a lungo opposti alla realizzazione del gasdotto facendo pressione su Islamabad. Gli Usa, infatti, hanno cercato di dissuadere il Pakistan dall’entrare nel progetto iraniano disegnando una rotta del gas alternativa: dal Turkmenistan, l’ex Repubblica sovietica ricca di giacimenti di gas, si sarebbe dato vita ad un gasdotto alla volta del Pakistan e dell’India che non avrebbe attraversato l’Iran.
Islamabad ha presentato ultimamente un piano ambizioso in materia di energia denominato Vision25, che prevede il raddoppio entro il 2025 della potenza di generazione elettrica del Pakistan. Il piano punta a coinvolgere settori produttivi ed economici come acqua, energia, sicurezza alimentare, per una crescita economica sostenibile, basata su produzione di energia pulita e costante. Uno dei maggiori problemi del Pakistan, infatti, è proprio l’energia elettrica, di cui una buona parte della popolazione non può usufruire.
Per circa il 50% il mix energetico del Pakistan dipende da idrocarburi (petrolio e gas naturale), che il Paese importa dall’Arabia Saudita, dal Qatar e dall’Asia Centrale. Per questo il Pakistan guarda all’Iran come fornitore di gas e di elettricità e proprio su quest’ultimo punto i due Paesi hanno stretto un accordo, alla fine del 2013, per una fornitura iniziale di 1000 MW tramite una centrale elettrica che l’Iran costruirà ai confini con il Pakistan, nella provincia di Zahedan. L’Iran punta – dopo l’accordo di New York sul nucleare che allenta le sanzioni – a giocare una nuova partita dell’energia.
L’Iran vuole pensare in grande il suo futuro, ma l’Occidente è diffidente
Non sarà facile, ma i primi segnali si intravedono. Spesso l’Iran prova a proporsi come fornitore di energia sia verso il Mediterraneo (Turchia, Grecia ed Europa alle prese con il risiko delle nuove rotte del gas) che verso i Paesi dell’Est asiatico, come nel caso di Pakistan e India. Oppure nei confronti di Paesi come il Kazakistan, con il quale l’Iran sta avviando una cooperazione su prodotti petrolchimici, sul petrolio e sul gas.
La posizione geografica consente allo “Stato degli Ayatollah” di pensare in grande, ma non sarà facile guadagnarsi la fiducia dell’Occidente. Si prendano, per esempio, le esportazioni di greggio che nei primi mesi di quest’anno sono diminuite a causa delle restrizioni relative all’accordo sull’allentamento delle sanzioni. Alcuni osservatori pensano che nel futuro un ritorno, sulla scena mondiale, del ruolo energetico di un Paese come l’Iran potrebbe sconvolgere gli attuali equilibri mondiali.
Un potenziale immenso di petrolio e di gas naturale che farebbe scendere i prezzi degli idrocarburi. Resta da vedere nello scacchiere eurasiatico che ruolo potrà giocare il Paese di Hassan Rouhani, in una nuova veste. Che tipo di relazioni, per esempio, avrebbe con la Russia e con la Cina. La Russia, come l’Iran, è un grande produttore di gas a livello mondiale. La Cina, invece, che approccio avrebbe nei confronti di un Iran “normalizzato” e più filo-americano?
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L’articolo è stato pubblicato su www.abo.net