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Perché dico No ai No Mes. L’opinione di Cazzola

L'intervento dell'editorialista Giuliano Cazzola sul Mes

“L’Intendenza seguirà’’ soleva dire Napoleone. Prima gli eserciti, poi i rifornimenti e la logistica. È quanto sta succedendo nella battaglia sul Mes. Le truppe cammellate della Lega e di Fratelli d’Italia combattono da settimane nelle aule del Parlamento, nelle piazze (Salvini ha promosso una raccolta di firme) e nelle “fumerie d’oppio’’ dei talk show. Intanto i pentastellati restano a guardare, tra le truppe di riserva. Fino ad ora, però, nessuno dei ‘’nuovi patrioti’’si era preso la briga di fornire qualche motivo di merito (i più documentati si erano limitati alle critiche di metodo) per giustificare tanta contrarietà e spiegare perché il risparmio degli italiani corra un così grave pericolo.

Proprio nei giorni in cui il dibattito era più aspro (“in una notte triste si parlò di tradimento’’ come in una strofa de “La canzone del Piave” di E. A. Mario) il presidente del Parlamento europeo David Sassoli, in un’intervista al Foglio, ha raccontato di aver chiesto ai suoi uffici una rassegna stampa dei maggiori quotidiani di tutti i Paesi e di non aver trovato nulla sulla questione Mes, la quale, invece, campeggiava sulle prime pagine dei giornali italiani. Sarà perché abbiamo la coda di paglia, ma quando sentiamo evocare il debito pubblico, mettiamo mano alla pistola (“il debito è nostro e lo gestiamo come pare a noi’’). Senza renderci conto che in questo modo alimentiamo i sospetti (non infondati) di tutta l’Eurozona (e non solo) sulla nostra inaffidabilità. Con il rischio, secondo il Governatore Ignazio Visco, di ‘’innescare una spirale perversa di aspettative di default, che può diventare una profezia che si autoavvera”.

In questi ultimi giorni, tuttavia, è scesa in campo a fianco degli avversari del Mes anche la cultura economica. E non quella rappresentata da Alberto Bagnai e da Claudio Borghi, ma da ben (per ora, ma non abbiamo più notizie sulle adesioni) 32 economisti e docenti universitari. Circola (Start lo ha pubblicato – mi pare in grande solitudine – ma con ammirevole correttezza d’informazione) un Manifesto intitolato “No all’ESM se non cambia la logica europea”.

Il documento spiega che ‘’i parametri scelti sono tali da escludere a priori che l’Italia possa soddisfarli’’; pertanto ‘’Se l’Italia dovesse ricorrere all’Esm (e chi la obbliga? ndr), sarebbe sottoposta ai giudizi sul debito e potrebbe esserle richiesto di ristrutturarlo. In questo caso subirebbero perdite non solo i possessori privati dei nostri titoli di Stato, ma soprattutto i bilanci delle banche, facendo precipitare tutto il sistema creditizio in una grave crisi’’. Il Manifesto (con il quale sembra essere discesa in campo la sinistra sovranista) riconosce onestamente che non ci sono automatismi per la ristrutturazione. Ma basta, ad avviso dei firmatari, il solo fatto che ve ne sia la possibilità a costituire agli occhi dei mercati un fattore di rischio, a fronte del quale gli investitori chiederanno interessi più elevati. ‘’La recente risalita dello spread costituisce già un segnale di inquietudine dei mercati che non sembra opportuno alimentare’’. Ovviamente, nessuno dei 32 economisti si chiede perché lo spread, dopo mesi di tranquillità, stia ridiventando nervoso; e se, per caso, le abiure, le minacce e le pagliacciate (non ci siamo fatti mancare nulla) nel dibattito sul Mes, non abbiano dato un particolare contributo a quella inaffidabilità di un Paese che mette in fuga gli investitori (i quali, peraltro, non hanno ancora archiviato il pasticcio dell’ex Ilva).

Il Manifesto, per non sbagliare, sentenzia: 1) L’Esm è un organismo per noi inutile: non ne abbiamo bisogno e comunque ricorrervi peggiorerebbe la nostra situazione; 2) l’Italia non dovrebbe sottoscriverne la riforma; 3) al veto sull’Esm bisogna dare il significato di un rifiuto della logica che ha finora prevalso in Europa e che si è rivelata perdente dal punto di vista dell’efficacia. Avete sentito suonare gli ottoni? Il No al Mes (i nostri hanno la raffinatezza di usare l’acronimo in inglese) deve essere un No a questa Europa matrigna. Non avevamo dubbi. Non avevamo mai visto, neppure, che un Paese solitamente creditore verso gli altri in difficoltà (l’Italia è il terzo azionista del Mes e con il suo 17,7% di quote può impedire che si raggiunga il quorum dell’85% del capitale richiesto per assumere le decisioni più importanti) si collochi da solo nel novero dei possibili debitori.

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