I commissari di Acciaierie d’Italia, la società in amministrazione straordinaria che gestisce gli stabilimenti dell’ex Ilva, hanno ottenuto l’autorizzazione del comitato di sorveglianza per avviare dei negoziati in esclusiva con il fondo statunitense Flacks Group. Guidato da Michael Flacks – un imprenditore noto per aver fatto fortuna acquistando e risanando aziende in difficoltà -, Flacks Group ha offerto solo 1 euro per acquisire gli impianti dell’ex Ilva ma ha promesso un investimento di 5 miliardi per il rilancio della società: nei piani c’è il raddoppio della produzione di acciaio a quattro milioni di tonnellate all’anno e l’aumento del numero degli addetti a 8500 unità.
L’OFFERTA DI BEDROCK
Oltre a quella di Flacks Group, Acciaierie d’Italia ha ricevuto un’altra offerta d’acquisto per tutti gli asset: è quella di Bedrock Industries, un altro fondo d’investimento americano, il cui progetto di risanamento prevedrebbe però massicci licenziamenti.
IL SILENZIO DEL GOVERNO
Né i commissari di Acciaierie d’Italia né il governo, al quale spetta l’ultima parola sull’operazione, si sono espressi sulla trattativa con Flacks Group: la notizia del negoziato esclusivo è stata data dal Sole 24 Ore; ne ha scritto martedì anche Bloomberg, che ha provato a contattare il ministero delle Imprese (è il ministro Adolfo Urso che sta gestendo il dossier ex Ilva) senza però ricevere risposta.
COSA SAPPIAMO DEL PIANO DI FLACKS GROUP PER ACCIAIERIE D’ITALIA
Come detto, Flacks Group intende investire 5 miliardi di euro per il raddoppio dell’output dell’ex Ilva e per portare il numero degli addetti a 8500 unità, e forse ancora oltre. Attualmente i dipendenti sono all’incirca ottomila, per la maggior parte in cassa integrazione.
Michael Flacks aveva dichiarato di essersi assicurato l’appoggio finanziario di un gruppo di istituti di credito italiani e statunitensi: non è chiaro, tuttavia, quali siano le banche coinvolte. Così come non è chiaro se il fondo abbia l’esperienza e le capacità necessarie a gestire un’acciaieria di grandi dimensioni, in grave difficoltà, localizzata in un paese dove i prezzi dell’energia sono molto alti e inserita in una regione – l’Europa – attraversata da una crisi generale della siderurgia.
A differenza di Flacks Group, Bedrock Industries può invece esibire un precedente di successo nel risanamento di una società siderurgica in crisi: nel 2016, infatti, acquistò l’azienda canadese Stelco – che nove anni prima aveva dichiarato bancarotta -, la riquotò in borsa e la rivendette nel 2024 al gruppo statunitense Cleveland-Cliffs per 2,5 miliardi di dollari.
IL POSSIBILE RUOLO DI INVITALIA
Il piano di Flacks Group prevede poi la partecipazione del governo al capitale sociale di Acciaierie d’Italia con una quota del 40 per cento, che il fondo potrebbe eventualmente acquistare in futuro al prezzo di 500 milioni-1 miliardo. Nonostante in passato il ministro Urso abbia criticato la presenza statale nell’ex Ilva, circola già da tempo la possibilità di un ingresso di Invitalia, l’agenzia per l’attrazione degli investimenti controllata dal ministero dell’Economia.
Sul Sole 24 Ore, Paolo Bricco e Domenico Palmiotti hanno scritto che il governo “desidererebbe concludere” la procedura di vendita di Acciaierie d’Italia “nella prima parte del 2026”. “In uno dei primi consigli dei ministri dell’anno”, aggiungono i due giornalisti, “potrebbe essere emanata la norma che stanzia la dote finanziaria pubblica e autorizza il Mef a dare il suo ok all’ingresso di Invitalia nel capitale della società”.
LA RICONVERSIONE
Lo scorso novembre il governo aveva presentato un piano industriale per Acciaierie d’Italia che prevede il passaggio dal ciclo integrale al ciclo corto, ovvero un modello basato non più sugli altiforni ma sui forni elettrici (meno emissivi perché non consumano carbone coke) e su una produzione di acciaio che non inizia dal minerale ferroso bensì dai rottami. La rimodulazione delle attività data dalla transizione al ciclo corto causerebbe un aumento del numero degli addetti in cassa integrazione, dato che i forni elettrici non richiedono gli stessi volumi di manodopera degli altiforni: non è chiaro come il piano governativo si concili con gli obiettivi e con gli annunci, anche occupazionali, di Flacks Group.
Intanto, su cinque altoforni del sito di Taranto, attualmente ne è in funzione solo uno – l’altoforno 4 -, ma nel corso del 2026 dovrebbe tornare in attività anche il 2. L’altoforno 1, invece, fermo dallo scorso maggio a causa di un incendio, rimane ancora sotto sequestro per decisione della procura di Taranto.





