Un dipinto di Domenico Tintoretto nel palazzo ducale di Venezia celebra la battaglia navale di Salvore nel 1177. Sostituisce quello di Gentile da Fabriano realizzato due secoli prima e andato distrutti in un incendio. La Serenissima non voleva fare a meno di quelle immagini che ricordano la prima grande vittoria della flotta veneziana contro quella imperiale del Barbarossa. Il fatto è che mentre il dipinto di Tintoretto autentico il soggetto raffigurato probabilmente è un falso. Secondo gli storici, la battaglia di Salvore davanti alle coste istriane in realtà non c’è mai stata anche perché resa superflua da un accordo di pace. Ma per i dogi di Venezia, anche a costo di alterare la verità, era essenziale enfatizzare la conquista del controllo dell’Adriatico e in prospettiva l’espansione in tutto il Mediterraneo.
Comincia da questa millantata vittoria il racconto di Alessandro Marzo Magno in “Storia di Venezia in dieci battaglie navali” (Laterza, 280 pagine, 20 euro) ripercorrendo vicende che, nell’arco di quasi sette secoli, il destino della Serenissima sia stato sempre determinato dal predominio sul mare. Fatta eccezione per quella di Salvore, le altre nove battaglie sono tutte vere e ampiamente documentate. Ma soprattutto ciascuna di esse è stata cruciale per la vita della repubblica veneziana. A vittorie esaltanti come Lepanto o la prima battaglia dei Dardanelli si contrappongono cocenti sconfitte. Fra queste la più umiliante è quella della Polesella nel 1509 quando una flotta di galee veneziane penetra nel delta del Po ma viene praticamente annientata dall’artiglieria del duca di Ferrara e da allora in poi la Serenissima eviterà qualunque scontro navale su fiumi e laghi.
Ma se qualche episodio è a dir poco inglorioso altri risultano addirittura epici. Nel 1649 con un blitz a sorpresa a Focea sulla costa occidentale dell’Anatolia i veneziani riescono a distruggere una flotta ottomana nettamente superiore per numero di navi e cannoni. Sarà considerata una vittoria inutile perché poi Venezia perderà la guerra e parte dei suoi domini nell’Egeo ma rimane comunque un’operazione talmente ardita da essere studiata nei manuali di strategia. Il libro di Alessandro Marzo Magno racconta però non solo le vicende belliche ma porta a scoprire tutto il contesto in cui esse si inseriscono.
La forza di Venezia sta nell’avere una potente flotta da guerra. Le dimensioni tuttora visibili dell’Arsenale lo dimostrano. Ma lo conferma anche l’espansione della repubblica verso l’entroterra per avere in abbondanza il legno e il ferro per costruire navi e cannoni. Emerge anche l’interesse per l’innovazione: la maggiore potenza di fuoco dell’artiglieria delle galeazze veneziane rispetto alle tradizionali galee è determinante per la vittoria della flotta cristiana a Lepanto. Ma Venezia da sola non può competere a lungo. Nel Settecento, dalla battaglia di Matapan al raid in Tunisia, i risultati delle guerre sul mare diventano sempre più effimeri. A ripensarci forse le vittorie migliori sono quelle dove non si è dovuto sparare un colpo. Anzi, come a Salvore, non c’è stata nemmeno la battaglia.







