Varcato il Rubicone della maggioranza, Stefano Bonaccini – al pari di un Francesco Boccia qualunque – ha deciso di adeguarsi allo stile di Elly Schlein. Dopo aver definito ‘’inutile e persino dannosa’’ la legge di bilancio, si è lanciato senza rete in una critica ancor più ficcante: ‘’Un ministro importante come Giorgetti, che viene commissariato dal suo partito, in un Paese normale si dimetterebbe un minuto dopo’’. Il titolare del Mef aveva risposto anticipatamente a queste e ad altre obiezioni, poche ore dopo la decisione del governo di ritirare l’emendamento che aveva suscitato l’insurrezione della Lega, a partire dal relatore Claudio Borghi. Ai giornalisti che lo assediavano come iene assatanate intorno ad un cadavere, Giorgetti aveva risposto che a lui interessava il risultato e non dava troppa importanza ai percorsi tortuosi per raggiungerlo. E, con buona pace di Bonaccini, il risultato esiste e si vede proprio sulle pensioni, la materia su cui l’altra Lega aveva cantato vittoria. Nella legge di bilancio 2026 non subisce modifiche la norma che garantisce, se correttamente applicata, una prospettiva di tenuta del sistema pensionistico, stretto nella morsa dell’invecchiamento e della denatalità: l’aggiornamento automatico, con periodicità biennale, dei requisiti del pensionamento all’incremento dell’attesa di vita.
Come ha certificato la Banca d’Italia, il meccanismo di indicizzazione dell’età di pensionamento alla longevità – che fu introdotto per riequilibrare tra le generazioni il rapporto tra il tempo della vita trascorso al lavoro e quello trascorso in pensione – contribuirà nei prossimi anni a limitare la crescita della spesa pensionistica determinata dall’invecchiamento della popolazione. In base alle previsioni della Commissione europea la normativa in vigore consentirebbe di fermare la crescita dell’incidenza della spesa sul PIL nel 2036, quando raggiungerebbe un picco del 17,3 per cento, per poi ridursi e stabilizzarsi intorno al 13,7 nel 2070, ultimo anno per cui sono disponibili stime.
La rapida riduzione nell’ultima fase del periodo di previsione – secondo la RGS – è determinata dall’applicazione generalizzata del calcolo contributivo che si accompagna all’inversione di tendenza del rapporto fra numero di pensioni e numero di occupati. Tale andamento risente sia della progressiva uscita delle generazioni del baby boom sia degli effetti dell’adeguamento automatico dei requisiti minimi di pensionamento in funzione della speranza di vita. Anzi, la RGS aggiunge a fortiori: ‘’Considerando l’insieme degli interventi di riforma approvati a partire dal 2004 (legge n. 243 del 2004), si evidenzia come, complessivamente, essi abbiano generato una riduzione dell’incidenza della spesa pensionistica in rapporto al PIL pari a oltre 60 punti percentuali di PIL, cumulati al 2060. Più di un terzo della minore incidenza complessiva della spesa – prosegue – è da ascrivere all’applicazione dell’adeguamento automatico dei requisiti di accesso al pensionamento alla variazione della speranza di vita.
Volendo risalire alle origini della norma, si scopre che, limitatamente all’età pensionabile, essa risale al 2010 ad opera di Maurizio Sacconi e Giulio Tremonti, ministri dell’ultimo governo Berlusconi della cui maggioranza era parte anche il Carroccio; la sua applicazione fu estesa, nel 2011, dalla riforma Fornero anche al requisito contributivo. Il meccanismo scattò, in un contesto di normalità, negli anni 2013, 2016 e 2019, inasprendo i requisiti, rispettivamente di tre, quattro e cinque mesi fino a raggiungere – nel caso della pensione anticipata – il limite di 42 anni e dieci mesi per gli uomini e di un anno in meno per le donne. Su quei livelli, nel quadro dell’operazione giallo/verde di quota 100 e dintorni, intervenne il blocco dell’adeguamento fino a tutto il 2026. Fu il governo Meloni in raptus virtuoso ad anticipare di due anni la fine della sospensione, riattivando pertanto il meccanismo della indicizzazione dall’inizio del 2025. Nel primo biennio della riattivazione non si sono determinati effetti di incremento per via degli indicatori demografici provati dalla pandemia, mentre nel 2027-2028 era atteso uno scatto di tre mesi (che è stato scaglionato, rispettivamente in 1+2, nella legge di bilancio 2026 con un onere economico stimato pari a 0,5 miliardi nel 2026, 1,8 nel 2027 e 1,0 nel 2028).
Come prescritto dalla cultura contadina, pertanto, potremmo dire che il governo (e quindi Giorgetti) si è preoccupato di mettere al sicuro le sementi: nel nostro caso, il meccanismo che garantisce l’incremento dei requisiti del pensionamento, gli stessi a cui la Lega di lotta ha dichiarato guerra alla Lega di governo. La norma sull’adeguamento automatico, infatti, è vigente e operante, e la sua applicazione non richiede un intervento legislativo. Attualmente, infatti, l’indicizzazione si realizza, una volta che l’Istat abbia accertato l’eventuale variazione in aumento, con un decreto direttoriale del Ministero dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, da emanare almeno dodici mesi prima della data di decorrenza di ogni aggiornamento. Nella normativa in vigore è prevista una ‘’finestra’’ (l’arco temporale tra la maturazione del diritto e la riscossione della prestazione) di tre mesi.
L’inserimento di finestre è un rito vecchio e un po’ ipocrita usato per aumentare in modo surrettizio il rinvio del pensionamento senza modificare il requisito. Nell’emendamento ‘’canaglia’’ il governo si era servito di questo mezzo per raddoppiare in un decennio la finestra da tre a sei mesi. Non è peregrino il dubbio che questa misura fosse una trappola imbastita da Giorgetti per indurre i critici ‘’domestici’’ a seguire una falsa pista.
Se si facessero, infatti, un po’ di conti – ipotizzando l’incremento di un trimestre per ogni biennio grazie al meccanismo virtuoso – si arriverebbe in anticipo a quei sei mesi ipotizzati dall’emendamento “fucilato sul posto” per la finestra del 2035. Non dovrebbe essere difficile capire la differenza che intercorre tra la solidità di un requisito e la flessibilità strumentale di una finestra: l’incremento del requisito resta anche nel futuro; la finestra, per la sua natura di accessorio, come si apre può anche richiudersi.





