“Le democrazie europee sono a un bivio”, scrive Goffredo Buccini sul Corriere, ricordando che gli ingressi migratori irregolari in Europa sono calati del 25% nel 2025 e sostenendo che il problema è la percezione alimentata dai populisti alla Farage, Le Pen e AfD. Tesi che Ilvo Diamanti, uno specialista, aveva già espresso ieri su Repubblica: “La paura dei migranti spinta da politica e media”. A spingere, veramente, sono soprattutto scelte come quella della Corte d’Appello di Torino, che ha bloccato l’espulsione dell’imam Mohamed Shahin, le cui parole filo-terroristiche paiono francamente inequivocabili. Una palla immediatamente schiacciata da premier e centrodestra con l’annuncio che il governo ricorrerà in Cassazione e con un duro attacco ai giudici, senza che neppure l’opposizione trovi una voce univoca in loor difesa.
La divisiva attenzione di media, leader e opinione pubblica verso i flussi migratori è frutto del combinato disposto tra la rilevanza del tema e la sua polarizzazione ideologica. I movimenti delle persone obbediscono a una legge semplice e potente: la distribuzione sul territorio in ragione delle opportunità di ricchezza, intesa in senso non solo materiale. La parte di mondo dove sembrano esserci maggiori chance attrae, anche a costo di essere gli ultimi dei primi (ricordiamo le immagini dei lager per gli emigrati italiani nelle civilissime Svizzera e Nord Europa). Analogamente, a trattenerci in un posto dalle possibilità limitate sono gli affetti e altri beni immateriali che però aiutano a vivere.
Ci si può spostare per uscire dalla casa dei genitori, cosa che in Italia non molti giovani fanno, adattandosi in una scomoda coabitazione o andando ad arrangiarsi dall’altra parte del pianeta. Ci si può trasferire verso Settentrione o all’estero, come abbiamo sempre fatto e abbiamo ora ripreso a fare. Ci si può allontanare di migliaia di chilometri, dall’ex Terzo Mondo verso l’Occidente europeo, nordamericano e oceanico. A proposito: la democraticissima Australia, di cui ora ci interessiamo per l’attentato, ha sempre avuto leggi severissime, ai limiti dell’inumanità, per bloccare gli ingressi da cui ora è interessata anche per i “migranti climatici”.
I movimenti di persone sono molto aumentati per le migliori possibilità di movimento, anche se in realtà molti fanno ancora viaggi pericolosissimi, e più ancora per la maggior circolazione di informazioni sulle opportunità che si prospettano altrove. È questo vago immaginario mediale ad attirare, nessuno ha contezza di cosa davvero troverà nell’ambita destinazione. Nel frattempo, quelli che Meloni non a torto chiama “trafficanti di esseri umani” fanno fruttare il loro business, raccogliendo somme enormi dai “primi degli ultimi” che si possono permettere di pagarle, aggravando la propria situazione. È la globalizzazione, bellezza.
Molti Stati provano a gestire la situazione ma con una fortissima divergenza ideologica interna, poiché le sinistre, abbandonata la dittatura del proletariato e la lotta di classe, ha convertito il “Workers of all lands, unite” in una posizione filo-migranti assurda, che ha fatto crollare prezzo e considerazione dei lavori più umili. Un errore pagato dagli ex progressisti con l’esodo delle masse popolari verso destra, lo sappiamo bene. Adesso anche l’UE ha accettato le tesi conservatrici al riguardo (come quelle su clima-ambiente), i socialdemocratici Starmer e Frederiksen puntano su controllo dei confini e riforma della Convenzione europea dei diritti per facilitare i rimpatri, si diffonde l’idea di hub in Paesi terzi già cavalcata dall’Italia con i controversi centri albanesi. Mentre Donald Trump tuona contro i migranti, specie latino-americani. L’aria è decisamente cambiata.
Gli immigrati sono ormai il 10% della popolazione italiana, con un ruolo nell’economia e nella demografia che non può essere banalizzato come vuole la sociologia buonista. Le sacche di disagio in cui vegeta molta immigrazione sono inevitabili cantieri di microcriminalità, antagonismo e terrorismo. La mescolanza culturale avviene in tempi lunghi nei quali proliferano violenze e discriminazioni inammissibili per i nostri parametri civili. La sostituzione degli italiani nei lavori che non “vogliamo più fare” (alle condizioni misere accettate dagli stranieri, si dimentica sempre di aggiungerlo) non riguarda più solo benzinai e portieri ma anche medici e infermieri, ed è assurdo. Peraltro, gli immigrati appena si emancipano smettono di fare i lavori meno qualificati, in alcune mansioni industriali non c’è più nessuno disponibile, e smettono di fare i figli. Perché le cattive abitudini si diffondono sempre più facilmente delle buone.




