Il contrordine è arrivato mentre il governo di Narendra Modi si apprestava ad accogliere Vladimir Putin: Sanchar Saathi non dovrà essere nativamente installata su tutti gli smartphone di nuova generazione. Sfuma così un possibile record: se, come riportato dalla Bbc il governo indiano fosse realmente riuscito a pre-installarla sui telefonini dei propri cittadini con una utenza telefonica (1,2 miliardi su 1,4 miliardi di abitanti) l’app governativa era destinata realmente a diventare una delle più scaricate. Ma sfuma soprattutto un inquietante presente distopico in cui il governo indiano avrebbe potuto trasformare gli smartphone in cimici per il controllo diffuso e remoto della popolazione.
COME MAI L’INDIA VOLEVA L’APP SANCHAR SAATHI SU TUTTI I DEVICE
In base all’ordinanza, emanata la settimana scorsa ma ripresa dai quotidiani occidentali (a iniziare da quelli britannici che, per motivi storici, seguono sempre con interesse le vicissitudini indiane) soltanto nelle ultime ore, i produttori di smartphone avrebbero avuto 90 giorni di tempo per ottemperare e far risultare l’app governativa Sanchar Saathi tra i software già presenti all’acquisto, quelli insomma che permangono anche quando si riporta il device alle impostazioni di fabbrica.
UN ORDINE RIVOLTO AI COLOSSI (ESTERI) CHE PRODUCONO SMARTPHONE
La medesima ordinanza imponeva a colossi come Samsung, Vivo, Oppo e Xiaomi di eseguire le prescrizioni del governo centrale senza toccare l’app, le cui “funzionalità non possono essere disabilitate o limitate”. In alcun modo.
Ma cos’è e cosa fa Sanchar Saathi? Lanciata come beta all’inizio del 2025, questa applicazione consente agli utenti di controllare l’Imei (International Mobile Equipment Identity) di un dispositivo, ovvero il numero di serie da 15 cifre che identifica in modo univoco un telefono.
LE PREOCCUPAZIONI PER LA PRIVACY E IL RISCHIO DI INTERCETTAZIONI CONTINUE
L’esecutivo sostiene che Sanchar Saathi abbia già contribuito al recupero di oltre 700.000 telefoni smarriti, di cui 50.000 solo nel mese di ottobre. Ma dato che è sospetta tutta questa attenzione del governo indiano per il tema degli smartphone andati perduti, c’è chi paventa che nel suo codice nasconda altre funzioni. E ovviamente serva a tenere traccia con maggiore facilità di conversazioni, messaggi e spostamenti: una sorta di intercettazione collettiva a strascico perdurante, senza autorizzazioni da parte della magistratura.
Interpellato dalla testata britannica l’analista tecnologico Prasanto K Roy afferma che la preoccupazione maggiore riguarda il livello di accesso che Sanchar Saathi potrà eventualmente avere una volta installata sul dispositivo: “Non possiamo vedere esattamente cosa sta facendo, ma possiamo vedere che sta chiedendo un sacco di permessi, potenzialmente accesso a quasi tutto, dalla torcia alla macchina fotografica. Questo è di per sé preoccupante”. Il timore infatti è che il software potesse trasformare lo smartphone in una sorta di cimice attraverso cui geolocalizzare, registrare conversazioni e persino filmare chiunque.
CINA E RUSSIA HANNO FATTO SCUOLA?
“La maggior parte delle aziende proibisce l’installazione di qualsiasi app governativa o di terze parti prima della vendita di uno smartphone”, chiosa l’esperto interpellato dalla Bbc, “tranne in Cina e Russia”. E infatti gli altri casi al mondo di app simili, obbligatorie in quanto presentate alla cittadinanza come scudo contro la criminalità, si sono avuti principalmente in quei due Paesi. In Russia dallo scorso settembre vige l’obbligo di installare l’app di messaggistica Max.
“Max servirà come servizio per lo scambio di informazioni multifunzionale, offrendo la possibilità di scambiare messaggi sicuri e servizi digitali sia pubblici che privati”, recita la nota ufficiale. Il Cremlino ha imposto a parlamentari, boiardi di Stato, funzionari pubblici di dare il buon esempio alla popolazione, trasferendo i loro account da Telegram a Max.
IL GOVERNO INDIANO RESPINGE LE ACCUSE
Per questo, visti i precedenti, in prima linea contro l’analoga ordinanza indiana si trovano diverse no profit. “Il governo elimina di fatto la possibilità di scelta consapevole da parte dell’utente,” ha dichiarato Mishi Choudhary, attivista per i diritti digitali.
Il Dipartimento delle telecomunicazioni indiano – che nel mentre ha tappezzato il proprio sito con banner che invitano a installare l’app – nei giorni scorsi fino alla capitolazione dell’iniziativa ha negato strenuamente ogni speculazione in merito rispondendo che i telefoni cellulari con numeri Imei duplicati o falsificati rappresentano un “grave pericolo” per la sicurezza informatica delle telecomunicazioni mentre il loro controllo eviterebbe attacchi hacker e attività terroristiche.
APPLE DICE NO
Secondo le nuove regole, l’app preinstallata sarebbe dovuta essere “facilmente visibile e accessibile” agli utenti. I produttori di smartphone avrebbero anche dovuto “sforzarsi” di fornire l’app tramite aggiornamenti software per i dispositivi che sono usciti dalle fabbriche ma non sono ancora stati venduti, si legge nella dichiarazione.
Android ha già aperto una pagina sul proprio PlayStore per permettere all’utenza di installarla. Questa peraltro la descrizione del software: “Sanchar Saathi è un’iniziativa del Dipartimento delle Telecomunicazioni (DoT) rivolta ai cittadini, volta a rafforzare la sicurezza degli abbonati alla telefonia mobile e a sensibilizzarli sulle iniziative rivolte ai cittadini. Include le seguenti funzionalità:
Chakshu – Segnalazione di sospette frodi: consente ai cittadini di segnalare sospette frodi tramite chiamate, SMS o WhatsApp, tramite chiamate, SMS o WhatsApp, tramite messaggi di testo, SMS o WhatsApp, tramite chiamate, SMS o WhatsApp. Blocca il tuo telefono cellulare smarrito/rubato: consente di rintracciare i dispositivi mobili smarriti/rubati. Questo consente anche di bloccare i dispositivi mobili smarriti/rubati nella rete di tutti gli operatori di telecomunicazioni, in modo che non possano essere utilizzati in India. Se qualcuno tenta di utilizzare il telefono cellulare bloccato, viene generata la tracciabilità”.
E, ancora: “Conoscere le connessioni mobili a proprio nome: consente a un abbonato di telefonia mobile di verificare il numero di connessioni mobili utilizzate a suo nome. Facilita inoltre la segnalazione di connessioni mobili non necessarie o non utilizzate dall’abbonato. Verifica l’autenticità del tuo telefono cellulare: consente all’abbonato di verificare l’autenticità del telefono cellulare tramite il codice IMEI (International Mobile Equipment Identity). Segnala le chiamate internazionali in arrivo con numeri indiani: consente ai cittadini di segnalare le chiamate internazionali ricevute con numeri indiani locali (+91-xxxxxxxxxx). Segnalare tali chiamate aiuta il governo ad agire contro le installazioni illegali di telecomunicazioni”.
Allo stesso modo Sanchar Saathi è anche liberamente installabile dall’App Store di Cupertino che, tuttavia, almeno secondo quanto riporta Reuters, aveva subito avvertito Nuova Delhi di voler ignorare l’ordinanza indiana che obbliga i produttori a preinstallarla sui device d’ultima generazione. La Big Tech statunitense secondo le fonti dell’agenzia “non prevede di conformarsi alla direttiva e dirà al governo di non rispettare tali obblighi in nessuna parte del mondo, poiché sollevano una serie di problemi di privacy e sicurezza per l’ecosistema iOS dell’azienda”.
Apple in India è marginale rispetto all’estrema diffusione di smartphone con sistema operativo Android, ma sta in tutta fretta trasferendo nel subcontinente la propria filiera dalla Cina per mettersi al riparo dalle turbolenze commerciali tra Washington e Pechino. L’India insomma sarà sempre più importante nei progetti futuri di Cupertino, dato che intende aumentare investimenti e posti di lavoro (ma soprattutto know-how altamente specializzato) aspetto forse ha inciso sulla decisione dell’ultim’ora del governo di ritirare il provvedimento. Sanchar Saathi resterà sugli store Apple e Android ma saranno i cittadini a decidere se installarla o meno anche se c’è già chi teme che il governo intenda ora legarla a nuovi servizi così da renderla di fatto obbligatoria. Data però l’obsolescente infrastruttura della pubblica amministrazione indiana, se ne riparlerà con ogni probabilità tra anni.






