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Nigeria, la strage dimenticata dei cristiani e i piani di guerra statunitensi

Un’azione militare in Nigeria non contraddirebbe la narrativa di “pace” di Trump; anzi, si adatterebbe al suo modello di punizione dei nemici e di accordi con i principali rivali. L'analisi di Francesco D'Arrigo, direttore dell'Istituto Italiano di Studi Strategici "Niccolò Machiavelli".

Secondo i dati dell’ultimo rapporto World Watch List 2025 di Open Doors, l’organizzazione umanitaria che da settant’anni opera in tutti i luoghi dove il cristianesimo è oppresso: nel mondo oltre 380 milioni di cristiani sperimentano alti livelli di persecuzione, e nel 2024 ne sono stati uccisi oltre 4 mila.

Il massacro avvenuto a metà giugno 2025 nello Stato di Benue, in Nigeria centrale, è una tragedia tra le più spaventose degli ultimi anni. Più di duecento persone, uomini, donne, bambini, intere famiglie cristiane che avevano già perso tutto a causa dei continui conflitti e sfollamenti, sono state massacrate con una violenza barbara e premeditata nel villaggio di Yelwata, nella contea di Guma.

Purtroppo non si è trattato di un evento isolato. Dal 2009 le violenze jihadiste in Nigeria hanno causato più di 40mila vittime e costretto circa due milioni di persone a lasciare le loro case.

Siamo di fronte a una strategia che negli ultimi dieci anni ha visto la progressiva eliminazione di intere comunità cristiane della Nigeria. I campi vengono distrutti, i luoghi di culto bruciati, le famiglie sterminate. Il governo nigeriano non reagisce, non vengono adottate misure per evitare i rapimenti e le forze di sicurezza arrivano sempre dopo i massacri. Le promesse dei militari che hanno preso il potere con un golpe si susseguono, ma la verità è che i cristiani nigeriani vivono ormai in uno Stato dove sono perseguitati e trucidati.

Sterminio del quale nessuno in Europa, a differenza degli Stati Uniti, sembra preoccuparsi, come se parlare di quello che sta assumendo le caratteristiche di un genocidio religioso, sia un tabù e non una responsabilità politica.

E pochi mesi dopo quel terrificante evento dello scorso giugno, il 21 novembre un altro rapimento di massa nello Stato del Niger, nell’ovest della Nigeria, ad opera di un commando armato non ben identificato. Teatro dell’accaduto la scuola cattolica di St. Mary nel distretto di Agwara, dove 303 bambini e 12 insegnanti sono stati catturati con la forza e portati via da miliziani col volto coperto che hanno fatto irruzione a bordo di motociclette e pick-up. Si tratta di uno dei più grandi rapimenti di massa mai perpetrati in Nigeria che viene perpetrato solo una settimana dopo il rapimento di 25 studentesse nello Stato di Kebbi e l’attacco alla Chiesa di Eruku, nello Stato occidentale di Kwara, lo scorso 18 novembre.

Eventi che hanno profondamente colpito la comunità cristiana mondiale e Papa Leone XIV, che durante la Messa nella solennità di Cristo Re dell’universo, celebrata in piazza San Pietro il 23 novembre scorso, ha rivolto un accorato appello e chiesto con forza la liberazione degli studenti e dei loro insegnanti rapiti due giorni prima nella scuola cattolica “St. Mary” in Nigeria, e dei sei sacerdoti cattolici e un pastore battista sequestrati in Camerun.

“Ho appreso con immensa tristezza le notizie dei rapimenti di sacerdoti, fedeli e studenti nella Nigeria e nel Camerun. Sento forte dolore soprattutto per i tanti ragazzi e ragazze sequestrati e per le loro famiglie angosciate. Rivolgo un accorato appello affinché vengano subito liberati gli ostaggi ed esorto le autorità competenti a prendere decisioni adeguate e tempestive per assicurarne il rilascio.”

Cosa è cambiato nel Sahel due anni dopo il colpo di Stato in Niger?

Il Niger è uno dei 36 stati della Nigeria, situato a ovest della Nigeria con capitale Minna. È stato creato nel 1976 da una costola del vecchio North-Western State insieme allo Stato di Sokoto. È lo Stato più esteso di tutta la Nigeria con una estensione di oltre 76.000 chilometri quadrati. Il Niger è un Paese africano molto importante dal punto di vista geopolitico, non soltanto per le sue risorse minerarie come l’uranio, i fosfati, l’oro, il petrolio e il gas, ma anche perché è da considerarsi un avamposto strategico per la lotta al terrorismo jihadista nella regione del Sahel.

Il 26 luglio 2023 un colpo di Stato, annunciato dalla Tv nazionale, ha catapultato il Paese nel caos poche ore dopo che alcuni ufficiali della guardia presidenziale avevano arrestato il presidente democraticamente eletto, Mohamed Bazoum. Il colpo di Stato guidato dal capo della guardia presidenziale, il generale Abdourahamane Tchiani, ha visto il coinvolgimento di elementi di spicco delle forze armate nazionali ed è stato supportato dalla Russia.

Il generale Tchiani giustificò il colpo di Stato citando la crescente insicurezza, le dure condizioni economiche della popolazione e quella che descrisse come un’eccessiva influenza delle potenze occidentali, in particolare dell’ex dominatore coloniale del Niger – la Francia,  e della Nigeria – il Regno Unito.

La Russia, conduce la guerra contro l’Occidente su più fronti e in ognuno di essi ha scelto di alzare il livello della minaccia. Tra questi vi è l’Africa. Le sue mire sul Sahel sono note ed evidenti, ragion per cui sta esercitando enormi pressioni e favorendo colpi di Stato, sfruttando le sue milizie private ed i soldati regolari per velocizzare il ritiro delle unità francesi e americane dalla regione. Obiettivo strategico del Cremlino è ridurre la presenza e l’influenza di attori occidentali come Usa e Francia, e al contempo garantire protezione militare alle infrastrutture che l’alleata Cina sta sviluppando in diversi Paesi africani. Fino al colpo di Stato del generale Tchiani, il governo nigeriano era stato un partner chiave di Washington, che ha garantito aiuti per contrastare gli insorti che hanno ucciso migliaia di persone e ne hanno sfollate milioni.

I rapporti tra Niger e Stati Uniti si sono deteriorati in seguito al colpo di stato del 2023, culminando nella rottura della cooperazione militare e nel ritiro delle truppe americane che hanno creato un vuoto di potere subito colmato da Mosca. Il Niger, sotto la nuova leadership militare, ha deciso di allinearsi con Russia e altri paesi come Mali e Burkina Faso.

Le infiltrazioni russe mirano a provocare la diminuzione dell’influenza occidentale nel continente africano e a riprodurre un asse politico-militare con la Repubblica Popolare cinese, da tempo inseritasi diplomaticamente ed economicamente nello scenario geopolitico africano. Mosca ha deciso di convertire la propria economia in funzione dell’industria bellica anche per incrementare la sua presenza e il potere nel continente africano, e questi sforzi potrebbero rivelarsi decisivi per il tentativo di conquistare definitivamente il Sahel, sfruttando il momento di debolezza e progressivo ritiro delle forze occidentali dalla regione. La Russia, interessata alle risorse minerarie critiche di cui il Niger è ricco, soprattutto uranio, che prima del golpe era gestito dalla multinazionale francese Orano che opera nel campo dell’energia nucleare, è diventata il primo partner strategico della giunta militare nigeriana, garantendosi le forniture di uranio per la Rosatom e la possibilità di gestire i flussi migratori per utilizzarli come arma ibrida contro l’Europa.

In passato il Niger ha subito numerose prese di potere da parte delle forze armate, ma questa volta è stato diverso: molti cittadini sono scesi in piazza per mostrare il loro sostegno ai generali. Ma in questi due anni di potere militare, le aspettative di cambiamento sono state tradite e poco è cambiato in meglio, anzi per molti aspetti la situazione è peggiorata.

Sono aumentate le violazioni dei diritti umani

Organizzazioni per i diritti umani, tra cui Human Rights Watch e Amnesty International, hanno accusato la giunta di reprimere la libertà di stampa e di espressione nei media e nella società civile. I golpisti hanno arbitrariamente incarcerato l’ex presidente Mohamed Bazoum e sua moglie per due anni. Hanno anche arrestato e detenuto arbitrariamente decine di altri funzionari del governo deposto, persone vicine all’ex presidente, inclusi ministri, senza un giusto processo.

Il Niger si è unito ai vicini Mali e Burkina Faso, anch’essi già sotto il regime militare. All’inizio del 2024, il Niger, insieme a Mali e Burkina Faso, ha annunciato il suo ritiro dalla Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale, (CEDEAO). Le giunte militari al potere in Mali, Niger e Burkina Faso si muovono assieme, legiferano assieme, hanno una forza armata congiunta. Sono Stati nazione governati da generali che si muovono come un’entità unica, l’Alleanza degli Stati del Sahel (AES). Un contesto che evidenzia un radicale cambiamento geopolitico nella regione, che ha aggravato il divario tra i governi a guida militare e il blocco della società civile che spinge per un ritorno a istituzioni e politici eletti dai cittadini.

L’Italia, che prova a esercitare un ruolo in quest’area cruciale del Sahel, dove dal 2017 si trovano circa 300 militari del contingente della Missione bilaterale di supporto in Niger (Misin), con obiettivi di cooperazione, ha un ruolo nell’addestramento delle forze armate e di sicurezza nigerine, fornendo supporto logistico, sanitario, sorveglianza e gestione delle frontiere. In realtà il contingente italiano tenta di svolgere anche una funzione di contenimento dei flussi migratori. Flussi dei migranti che oggi vengono ufficialmente gestiti dall’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), organizzazione accusata dagli stessi rifugiati rimasti bloccati in Niger di “aver creato, insieme all’Unione europea e all’Italia, un campo di <<protezione>> che ha assunto le sembianze di un luogo di confinamento nel deserto.”

Gli Stati Uniti e l’Amministrazione Trump sono sensibili alle persecuzioni dei cristiani e stanno valutando una possibile campagna militare in Nigeria

La Nigeria ricopre un ruolo unico nella strategia globale degli Stati Uniti e le probabilità di un intervento terrestre diretto e su larga scala degli Stati Uniti in Nigeria stanno aumentando di giorno in giorno a causa di alcuni fattori scatenanti – tra cui l’escalation del terrorismo, le pressioni sulla sicurezza energetica, la competizione tra grandi potenze nell’Africa occidentale e gli incentivi politici interni. Fattori chiave che potrebbero portare a operazioni militari statunitensi limitate e mirate. Tali azioni rifletterebbero i programmi delineati nel Project 2025, che ha riportato alla Casa Bianca il presidente Trump e che caratterizza le policy dell’Amministrazione: politica estera transazionale, enfasi sull’accesso alle risorse strategiche e dimostrazioni dinamiche di forza in concomitanza con la richiesta di “accordi di pace” all’estero.

La Nigeria è un tassello fondamentale dell’Africa per la stabilità regionale: dal punto di vista energetico è produttore di petrolio e gas strategico per l’Europa; interessa gli Stati Uniti per le catene di approvvigionamento sicure; per la sicurezza della regione in quanto epicentro dell’insurrezione di Boko Haram/IS-W in Africa; per l’influenza sul Sahel e sul Golfo di Guinea e sull’intera regione ancorata alla CEDEAO. Ma soprattutto è un elemento strategico in quanto campo di battaglia per la competizione tra Stati Uniti e Cina.

Il 2 novembre scorso il presidente Trump, pressato dai politici della destra statunitense e dalle associazioni cristiane ed evangeliche, convinti che i cristiani siano vittime di un “genocidio”, ha minacciato un intervento militare in Nigeria in risposta a quella che ha definito “una persecuzione dei cristiani”. Il giorno prima aveva già minacciato un intervento militare se il presidente nigeriano Bola Tinubuse non avesse fermato “gli omicidi di cristiani commessi da terroristi islamici”. “Se il governo nigeriano continuerà a tollerare questi omicidi, gli Stati Uniti interromperanno immediatamente ogni aiuto alla Nigeria e potrebbero recarsi in questo paese ormai disonorato e sparare all’impazzata per annientare i terroristi islamici che commettono queste orribili atrocità”, ha pubblicato in un post sul suo profilo Truth Social.

La Casa Bianca del presidente Trump ha storicamente dato priorità alle operazioni antiterrorismo, al contrasto dell’influenza cinese e alla tutela degli interessi energetici. Una campagna in Nigeria, se concepita, verrebbe incentrata su questi obiettivi:

  1. Logica politica interna – proiezione di forza e dimostrazione di leadership decisionale rispetto al declino percepito.
  2. Posizionamento elettorale per le Mid-Term – ottenere il sostegno interno attraverso l’assertività estera.
  3. Narrazione contro la “debolezza dei democratici” e i critici MAGA che sostengono il ritiro e l’isolazionismo degli Stati Uniti.
  4. Mantenimento degli impegni elettorali presi con i programmi MAGA e Trump 47. Tra le promesse di Trump c’è “Peace through strength” (pace attraverso la forza). L’espressione, ha probabilmente origine da Neville Chamberlain, quando tra il 1936 e il 1939 lanciò una campagna di pubbliche relazioni intitolata “Pace attraverso la forza” per evitare la Seconda guerra mondiale. Il concetto si tramutò successivamente in policy durante la Guerra Fredda, diventando infine un principio fondamentale della politica estera del Partito Repubblicano degli Stati Uniti dal 1980 e ultimamente del programma elettorale di Trump per le presidenziali del novembre 2024.

Tra i Potenziali fattori scatenanti di un intervento militare degli Stati Uniti c’è sicuramente l’imperativo contrasto al terrorismo: un’escalation di Boko Haram/ISIS-W, un attacco terroristico su larga scala contro gli interessi occidentali (come il rapimento degli studenti e degli insegnanti cattolici della Scuola St. Mary, oggetto dell’appello di Papa Leone XIV), un crollo della capacità di controinsurrezione nigeriana, potrebbero dare il via alla dottrina Trump: eliminare i terroristi in modo rapido e deciso.

Risorse e leva economica di un potenziale intervento USA

La Nigeria è fondamentale per i minerali rari, i mercati del GNL e il petrolio offshore. Una campagna militare potrebbe allinearsi con gli interessi economici e per le risorse energetiche al fine di:

  • Garantire l’accesso degli Stati Uniti al petrolio/minerali critici
  • Proteggere gli investimenti delle aziende statunitensi
  • Prevenire il predominio strategico cinese

Competizione geostrategica con Cina e Russia

Negli ultimi anni si è assistito ai seguenti eventi:

  • La Cina ha ampliato gli accordi sulle infrastrutture e sulla difesa nell’Africa occidentale.
  • La Russia sfrutta le l’instabilità nel Sahel tramite Wagner e Africa Corps per accaparrarsi minerali critici e risorse energetiche, riposiziona le forze militari costrette ad abbandonare le basi in Siria e utilizza i flussi migratori per la sua guerra ibrida contro l’Europa.

Lo scenario più realistico di un ipotetico intervento militare dell’Amministrazione Trump sarebbe molto probabilmente: breve, mirato, simbolico e concepito per proiettare forza piuttosto che rimodellare la Nigeria. Sarebbe formalmente un’azione antiterrorismo inquadrata come anti-ISIS, magari per liberare gli studenti e i docenti cattolici rapiti, ma in realtà anche per realizzare obiettivi strategici: dominio dell’intelligence statunitense, degradare le reti jihadiste, rafforzare l’impronta militare degli Stati Uniti nell’Africa occidentale, riaprire canali energetici e di investimento sicuri negli Stati Uniti e dimostrare assertività e deterrenza contro Cina e Russia.

Un’operazione degli Stati Uniti potrebbe fungere da messaggio di hard power nella nuova rivalità globale e avrebbe certamente il supporto della maggioranza dei membri del Congresso e di molti attori americani: dai falchi della difesa che vogliono ripristinare il dominio globale degli Stati Uniti; dal settore energetico e industriale per ripristinare investimenti sicuri, rotte petrolifere, materie prime strategiche; dalle Agenzie di intelligence e sicurezza nazionale, per operazioni antiterrorismo e neutralizzazione delle roccaforti jihadiste.

L’opposizione proverrebbe principalmente dalla base isolazionista MAGA, dal sentimento pubblico anti-interventista militare e dai democratici. Ma un’operazione coordinata con gli alleati (anche se poco probabile vista la politica di boicottaggio dell’Europa nelle trattative di pace in Ucraina) potrebbe contare sul supporto internazionale del Regno Unito e della Francia (se inquadrata in ambito antiterrorismo), dagli Stati della CEDEAO preoccupati per il collasso della Nigeria e dagli Stati del Golfo con legami con il mercato petrolifero.

Sicuramente, sarebbero contrari a qualsiasi tipo di intervento la Cina (perdita di influenza); la Russia (perdita di un alleato strategico in Africa, interessi militari, nucleari, economici); alcuni Stati europei e africani.

Ovviamente, un intervento militare sottintende dei rischi: vittime civili, reazione interna nigeriana e africana anti-USA con rafforzamento della propaganda jihadista e delle narrazioni in stile Wagner, reclutamento di insorti e attentati contro cittadini e interessi statunitensi nella regione e nel mondo, rottura diplomatica se l’azione è vista come neoimperialismo.

Le perdite degli Stati Uniti sarebbero probabilmente nulle o comunque molto basse (modello delle operazioni speciali) ma i rischi politici e reputazionali sono elevati, sebbene il presidente Trump non li considera un ostacolo alle sue decisioni, perché un presidente della “campagna di pace” potrebbe usare la forza.

Infatti, storicamente il presidente Trump ha abbinato la sua politica estera a spettacolo diplomatico – vertici, offerte di mediazione, repentini cambi di idee e decisioni – con forza cinetica come l’attacco a Soleimani, alle installazioni iraniane di arricchimento nucleare – e con minacce ibride e guerra economica alla Cina, al Canada all’Europa e altre nazioni, in linea con la sua dottrina transazionale che intende realizzare la pace attraverso l’intimidazione, non la moderazione.

Pertanto, un’azione militare in Nigeria non contraddirebbe la sua narrativa di “pace”, anzi, si adatterebbe al suo modello di punizione dei nemici e di accordi con i principali rivali.

Intanto, l’auspicio è che venga accolto l’appello di Papa Leone XIV per la liberazione immediata degli studenti cristiani rapiti in Nigeria e Camerun.

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