I criteri di sostenibilità ambientale, sociale e di governance (ESG) negli ultimi 25 anni hanno attraversato una profonda trasformazione, passando da pratica volontaria di un “capitalismo sostenibile” a quadro normativo valido per imprese, governi e investitori. Dal lancio della Global Reporting Initiative (1997) ai Princìpi ONU per l’Investimento Responsabile (2006), fino alla costruzione regolatoria europea basata su SFDR, Tassonomia e CSRD, gli ESG sono diventati parametri della finanza sostenibile e hanno ispirato politiche ambiziose come il Green Deal europeo e l’Inflation Reduction Act statunitense.
Icinn, Istituto per la cultura dell’innovazione, e Start Magazine presentano la ricerca “Come ripensare gli ESG?”, un’analisi sull’evoluzione dei criteri di sostenibilità ambientale, sociale e di governance. Il convegno si terrà mercoledì 26 novembre, dalle 16:30 alle 18:30, presso l’Hotel Nazionale, Sala Cristallo, Piazza di Monte Citorio 131, Roma.
Gli ESG sono divenuti, nel tempo, sinonimo di un capitalismo etico (che i più critici hanno definito “woke capitalism”) capace di coniugare profitto e bene comune. La finanza sostenibile, da strategia di “nicchia”, è cresciuta fino a trovare spazio anche negli asset dei più grandi fondi d’investimento globali, come BlackRock. Tuttavia, negli ultimi anni la narrazione della sostenibilità ha iniziato a incrinarsi. Prima la pandemia da Covid-19, poi la crisi energetica generata dall’invasione russa dell’Ucraina, la recrudescenza della competizione geopolitica e il risveglio dei nazionalismi hanno ridefinito le priorità politiche e, dunque, anche quelle economiche.
Tale inversione di marcia è divenuta radicale con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca: la nuova amministrazione ha rivisto profondamente molte delle politiche climatiche, sociali e di governance degli anni Biden. Gli Stati Uniti si sono ritirati dagli Accordi di Parigi e dall’OMS, hanno stralciato il quadro regolatorio DEI (Diversity, Equity, Inclusion) e hanno emanato ordini esecutivi volti a privilegiare valori più marcatamente “americani” e identitari, quali la libertà economica, la sicurezza energetica e una visione “colorblind” delle politiche del lavoro.
Emblema di questo nuovo corso è la svolta energetica: con l’ordine esecutivo “Unleashing American Energy”, il presidente Trump ha rilanciato i combustibili fossili promuovendone la produzione su terra e acque federali, eliminato il “costo sociale del carbonio”, rafforzato la leadership USA nella produzione e lavorazione di minerali critici e riattivato massicci flussi di GNL verso l’Europa, trasformando l’energia in una leva geopolitica e in uno strumento di competizione con la Cina.
Lo studio “Come ripensare gli ESG?” analizza, inoltre, la risposta europea agli stimoli che arrivano da oltreoceano. Pur preservando l’impianto della sostenibilità, i paesi europei chiedono maggior flessibilità per salvaguardare la competitività industriale e la sicurezza energetica. Ne emerge un ecosistema globale in trasformazione, in cui gli ESG richiedono un ripensamento più pragmatico, meno ideologico e più adeguato al nuovo contesto economico e geopolitico.
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