Il Comitato per i medicinali per uso umano dell’Ema (Chmp) ha espresso parere positivo sull’approvazione di teplizumab, indicato per ritardare l’insorgenza del diabete di tipo 1 allo stadio 3 in pazienti a partire dagli 8 anni che si trovano nello stadio 2 della malattia.
La raccomandazione si basa su dati clinici che mostrano un significativo prolungamento del tempo necessario per lo sviluppo della fase sintomatica del diabete, con benefici osservati sia nella progressione della patologia sia nella conservazione della funzionalità delle cellule beta pancreatiche.
LA RACCOMANDAZIONE DELL’EMA
Il Chmp dell’Ema ha raccomandato l’autorizzazione all’immissione in commercio di teplizumab, commercializzato come Teizeild da Sanofi. Secondo la nota dell’azienda, “il parere positivo è supportato dai dati favorevoli dello studio di fase 2 TN-10 secondo cui teplizumab ha ritardato significativamente l’insorgenza del T1D allo stadio 3 con una mediana di circa due anni rispetto al placebo”.
Al termine dello studio, la percentuale di pazienti rimasti allo stadio 2 era doppia nel gruppo trattato rispetto al placebo. “Siamo incoraggiati dal parere positivo”, ha dichiarato Olivier Charmeil, Executive Vice President, General Medicines di Sanofi. “Agendo sulla malattia in una fase precoce, teplizumab può aiutare a ritardare la progressione naturale del T1D, prolungando il periodo in cui i pazienti possono rimanere indipendenti dall’insulina”.
IL DIABETE DI TIPO 1 E I SUOI STADI
Il diabete di tipo 1 è una patologia autoimmune in cui il sistema immunitario distrugge le cellule beta pancreatiche, rendendo necessaria la somministrazione di insulina quando si raggiunge lo stadio 3, quello sintomatico. La malattia si sviluppa attraverso tre stadi e l’esordio può verificarsi a qualsiasi età, con sintomi che compaiono quando il paziente diventa insulino-dipendente.
Nell’Unione europea circa 2,2 milioni di persone convivono con questa condizione e non esistevano finora terapie in grado di ritardarne la progressione.
COME AGISCE TEPLIZUMAB
Teplizumab è un anticorpo monoclonale che rallenta il processo autoimmune responsabile della distruzione delle cellule beta pancreatiche. La terapia prevede un ciclo di infusioni endovenose giornaliere per 14 giorni consecutivi. Il farmaco ha beneficiato del programma PRIME dell’Ema, rivolto ai medicinali destinati a rispondere a bisogni clinici non ancora soddisfatti.
COSA DICONO GLI STUDI CLINICI
La raccomandazione, spiega l’Ema, si basa su uno studio randomizzato, in doppio cieco e controllato con placebo che ha coinvolto 76 pazienti allo stadio 2 della malattia. Il tempo mediano per la progressione allo stadio 3 è risultato di 50 mesi nel gruppo trattato contro 25 mesi in quello placebo. Durante un follow-up mediano di 51 mesi, 20 pazienti su 44 nel gruppo teplizumab hanno sviluppato il diabete di tipo 1 in fase sintomatica, rispetto a 23 su 32 nel gruppo placebo. Studi successivi hanno confermato il mantenimento più prolungato della funzionalità delle cellule beta nei pazienti trattati.
EFFETTI INDESIDERATI
Gli effetti collaterali più frequentemente osservati includono riduzioni dei valori di linfociti, leucociti e neutrofili, oltre a rash cutaneo. La reazione avversa grave più comune è stata la sindrome da rilascio di citochine, riportata nel 2% dei pazienti, caratterizzata da febbre, vomito, respiro affannoso, mal di testa e ipotensione. Nel foglio illustrativo e nel piano di gestione del rischio saranno incluse misure per mitigare tali eventi.
ULTIMO STEP
Il parere del Chmp sarà ora valutato dalla Commissione europea, responsabile della decisione finale sull’autorizzazione all’immissione in commercio nell’Ue. Una volta autorizzato, spetterà ai singoli Stati membri stabilire prezzo e modalità di rimborso in base alle esigenze dei rispettivi sistemi sanitari.






