Alberto Trentini non è un presunto innocente: è un innocente senza alcuna presunzione al riguardo.
Alberto Trentini è un cooperante veneziano di 46 anni e lavora per “Humanity and Inclusion”, un’organizzazione internazionale che si occupa dei disabili nel mondo.
Alberto Trentini è un nostro connazionale, imprigionato senza alcuna ragione nel Venezueladi oggi, che non ha niente in comune col Venezuela di un tempo, già terra prospera e ricca (grazie al petrolio). Negli anni Sessanta e Settanta attraeva per lavoro sudamericani d’ogni latitudine.
La comunità italiana aveva una presenza e un peso importanti a Caracas, la capitale, e dintorni. Ancora oggi è la più numerosa d’Europa.
Ma intanto è passato un anno dall’abuso contro Alberto Trentini e la mamma, Armanda Colusso, non si dà pace. Perché il figlio non si sa neppure di che cosa sia arbitrariamente accusato. E perciò lei denuncia l’insopportabile ingiustizia in un’inusuale conferenza-stampa.
Molto inusuale: non tocca a una madre, bensì al governo fare l’impossibile per ottenere la liberazione dell’innocente.
Piuttosto inusuale: nonostante l’impegno necessariamente silenzioso della nostra diplomazia, sono passati 365 giorni e notti – e in quelle celle, poi – senza che un segnale sia arrivato.
Decisamente inusuale: l’interlocutore della Farnesina non è un governo qualsiasi, ma quello di Nicolás Maduro, accusato in patria e all’estero di incarnare un regime autoritario e repressivo e di aver rubato le elezioni con brogli. Accuse simbolicamente suggellate un mese fa col premio Nobel per la pace assegnato a María Corina Machado, leader dell’opposizione costretta allaclandestinità, mentre Amnesty International documentava 15 “sparizioni forzate” di dissidenti, definendole un crimine contro l’umanità.
Da giorni è intervenuto pure il presidente Donald Trump, accusando il governo-Maduro di narcotraffico verso gli Stati Uniti e schierando una flotta da guerra davanti alle coste del Venezuela. Il maggior dispiegamento navale nell’area dopo la crisi dei missili a Cuba (1962).
“Sul Venezuela ho preso una decisione”, ha da poco annunciato Trump, senza rivelare quale. Dopo che aveva escluso attacchi militari. Ma anche affermato che “ormai Maduro ha i giorni contati”.
Dunque, è in questo contesto che esplode il caso di Alberto Trentini.
Ha tutta l’aria d’essere il caso di un ostaggio nelle mani del regime, cioè una pedina nella scacchiera geopolitica ora arrivata all’ultima mossa del mare con Trump. Ma anche il mondo libero e occidentale, dall’Europa all’America latina, si batte a livello politico per il ritorno del Venezuela tra le nazioni democratiche, rispettose del dirittoe delle persone. Nell’ultimo decennio milioni di venezuelani sono espatriati per la grave crisi politica, sociale ed economica.
“Il governo si è speso troppo poco per la liberazione di mio figlio”, è l’accorato appello-denuncia di mamma Armanda.
Per la quale il figlio Alberto Trentini viene prima delle navi di Trump, della politica di Maduro, del Venezuela. E deve venir prima anche per l’Italia.
Pubblicato su L’Arena di Verona, Bresciaoggi e Gazzetta di Mantova
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