Se è vero che certi datori di lavoro sono ossessionati dal controllo dei dipendenti (ne è una prova l’obbligo di rientro in presenza di massa imposto da alcune delle più grandi aziende americane con la fine della pandemia), è vero anche il contrario e, quindi, per ogni datore di lavoro ossessionato dal controllo dei dipendenti, ci sono tanti lavoratori che temono il controllo del proprio capo.
Ma dal prossimo gennaio i lavoratori avranno un nemico in più: Microsoft Teams potrebbe infatti trasformarsi nel loro peggiore incubo, a causa di una nuova funzione che permette di tracciare la posizione dei dipendenti.
È, dunque, la fine della privacy?
MICROSOFT TEAMS “LO SPIONE”
L’aggiornamento, previsto per gennaio 2026, consentirà alla piattaforma di rilevare automaticamente quando un lavoratore entra in ufficio monitorando la connessione al Wi-Fi dell’edificio, senza però includere sistemi di geolocalizzazione in tempo reale. Se il dipendente sta lavorando in sede e si allontana, Teams aggiornerà automaticamente la sua posizione non appena noterà la disconnessione.
Non è ancora chiaro come il sistema determini con precisione la posizione – scrive Mashable -, ma una politica simile adottata da Amazon aveva spinto alcuni dipendenti a falsificare il nome della rete Wi-Fi di casa per simularne una aziendale. Difficile tuttavia che questo escamotage funzioni di nuovo anche perché il software sfrutterà un’ampia serie di parametri di supporto oltre al nome della rete.
COSA DICE MICROSOFT A SUA DISCOLPA
L’obiettivo dichiarato è migliorare l’efficienza aziendale e Microsoft 365 si difende dicendo che di default la funzione sarà disattivata. Gli amministratori, però, potranno abilitarla e richiedere agli utenti di aderire – e di fatto risulterà un po’ difficile dire di no al proprio capo.
L’annuncio inoltre ha sollevato dubbi riguardo alla legittimità di questa funzione e alla compatibilità con le norme sulla privacy.
IL PARERE DEGLI ESPERTI
“La protezione dei dati nel contesto lavorativo in Europa è competenza dei singoli Stati, in Italia vige lo Statuto dei lavoratori, soprattutto l’articolo 4, che disciplina il controllo a distanza”, spiega al Sole 24 Ore Filiberto Brozzetti, ricercatore e docente di diritto della protezione dei dati all’Università Luiss.
L’articolo 4 vieta infatti al datore di lavoro di monitorare a distanza i dipendenti. I software capaci di farlo possono quindi essere utilizzati soltanto qualora sussistano specifiche esigenze organizzative, produttive, connesse alla sicurezza sul lavoro o alla tutela del patrimonio aziendale.
“La domanda è se questo strumento possa costituire una forma di controllo a distanza e, soprattutto, se sia essenziale per svolgere la prestazione lavorativa – aggiunge -. Il ministero del Lavoro e il Garante sono molto restrittivi nel definire cosa è essenziale, e in questo caso non sembrano esserci le condizioni”.
Inoltre, trattandosi di una piattaforma statunitense, è necessario capire se i dati raccolti restano in Europa o vengono trasferiti su server fuori dall’Ue. In tal caso, occorrerebbe verificare specifici requisiti di liceità.
I PRECEDENTI IN EUROPA
L’annuncio ha comunque già sollevato preoccupazioni in Europa. Il timore infatti è un’ulteriore intrusione nella sfera privata dei lavoratori, un tema già emerso in diversi casi contestati dalle autorità europee.
Nel 2024, ad esempio, ricorda La Stampa, Amazon è stata multata per 34 milioni di euro in Francia per presunte pratiche di sorveglianza eccessiva nei magazzini, mentre nel 2020 H&M aveva ricevuto in Germania una sanzione da 35 milioni per aver archiviato informazioni sensibili sui dipendenti. Resta da vedere quindi con quali garanzie verrà introdotto il nuovo aggiornamento.
USO IMPROBABILE E ACCORDO SINDACALE
Brozzetti tuttavia osserva che Microsoft Teams offre già indicatori sullo stato degli utenti, quindi le aziende dispongono di molte delle informazioni operative sui dipendenti, compresa la loro presenza in sede. Per questo ritiene improbabile che i datori di lavoro trovino utile attivare la nuova funzione.
Se però un’azienda decidesse di adottarla, sarebbe comunque obbligatorio un accordo sindacale o, in mancanza di rappresentanze interne, l’autorizzazione dell’Ispettorato nazionale del lavoro. Senza uno di questi passaggi, il datore non può introdurre strumenti che comportino forme di controllo a distanza non considerate essenziali.



