Alla fine il – diciamolo – temuto (da milioni e milioni di internauti italiani, soprattutto quelli adulti) sbarramento per l’accesso ai siti a luci rosse non c’è stato e chi si era ormai abituato all’idea di dover presentare la carta d’identità per visualizzare filmini birichini ha potuto tirare un sospiro di sollievo.
La quasi totalità di siti porno individuati dall’Agcom, l’Autorità di garanzia per le comunicazioni, cui la medesima authority italiana aveva imposto col 12 novembre 2025 di dotarsi di nuove e più serie misure per l’autenticazione anagrafica dei propri utenti che si collegano dal nostro Paese, ha continuato difatti a far entrare l’utente italiano in preda agli ormoni con il classico, rapido e sicuramente ipocrita clic col quale si autocertifica di aver raggiunto la fatidica soglia dei 18 anni.
IL MONDO DEL PORNO IGNORA L’AGCOM
Occorre anzitutto fare un passo indietro: ieri, mercoledì 12 novembre, entrava ufficialmente in vigore quella parte del decreto Caivano che detta nuove regole per l’accesso ai siti pornografici per i minori imponendo ai gestori dei portali (per lo più internazionali) di dotarsi di servizi terzi e certificati per blindare l’accesso rispetto a chi si collega dall’Italia.
E la quasi totalità dei siti porno (41 dei 45 individuati dall’Agcom), da Pornhub a Xvideos fino a YouPorn – capaci di canalizzare la quasi totalità del traffico di quel settore – si è presentata all’appuntamento facendo apparire sui monitor italiani lo stesso pop-up di sempre che recita più o meno così: Attenzione, questo è un sito per adulti: hai compiuto 18 anni? Sì – No, si clicca e si è liberi di accedere al sollazzo virtuale. Niente sistema con complessi Qr Code, niente codici da farsi spedire al proprio smartphone, carte d’identità da scansionare o selfie da scattarsi da far passare al vaglio di algoritmi capaci di determinare la maggiore età del soggetto ritratto.
Tutte soluzioni tecniche molto complesse, che devono garantire l’anonimato perché tra gli avventori di questo particolare mercato c’è una gran paura di essere tracciati. E dato che le preferenze sessuali ricadono, in tema di privacy, tra i dati più sensibili da custodire con maggiore cura, anche le norme giocano a favore degli utenti.
L’AGCOM OSTENTA SICUREZZA: IL VERO DAY ONE A FEBBRAIO
Per questo motivo è la stessa Agcom, forse un pochino imbarazzata, a frenare e a ricordare che i siti porno potranno comunque godere di un periodo cuscinetto entro cui imbastire il metodo di verifica più opportuno, purché sia serio e garantisca l’anonimato.
“Il 12 novembre non era l’apocalisse digitale dei siti porno. È solo l’inizio di un percorso di attuazione e vigilanza” fa sapere oggi l’Autorità attraverso il Corriere della Sera: “i siti web e le piattaforme che diffondono in Italia immagini e video a carattere pornografico, ma non stabiliti in Italia, hanno a disposizione un tempo di implementazione di tre mesi dalla pubblicazione della lista (1° febbraio 2026)”.
Insomma, l’Agcom tiene il punto (ma ricorda pure le sanzioni per gli inadempienti) e non vuole che passi il messaggio che, benché avvertita da tempo, la quasi totalità di portali porno si sia presentata all’appuntamento di ieri ignorando le disposizioni italiane. Tutto rimandato, insomma, al prossimo febbraio.
Si mangerà le mani probabilmente il gestore di Bang.com, il solo che a partire da ieri sembra aver deciso di sospendere il servizio per l’Italia perché evidentemente non ha alcuna intenzione di uniformarsi alle direttive, rinunciando così al traffico dal nostro Paese che avrebbe comunque continuato a sfruttare usufruendo del periodo di tolleranza.
Certo è che questa falsa partenza, specie dopo tutta l’enfasi mediatica che la stessa Agcom aveva contribuito a impalcare, rappresenta il secondo scivolone imbarazzante dell’Autorità sulla porno – questione. Il primo aveva riguardato la ‘supplica’ rivolta proprio dall’Autorità ai portali a luci rosse di non pubblicizzare i metodi per aggirare la normativa, che esistono e sono conosciutissimi specie dai nativi digitali: “l’utilizzo di una VPN, che nasce per garantire sicurezza nell’utilizzo di Internet agli utenti, può allo stesso tempo consentire a un minore di eludere un sistema di verifica dell’età. Il soggetto tenuto, ai sensi della legge, a realizzare il sistema di controllo dell’età per l’accesso ai contenuti, non deve promuovere o fare comunque riferimento a qualsiasi meccanismo di elusione dei sistemi di age assurance”. Insomma, all’Agcom forse stanno diventando rossi in volto e non per le caratteristiche luci dei filmini per adulti…







