Dopo aver avviato un percorso di snellimento dell’apparato normativo green introdotto negli anni precedenti, pare che la Commissione europea procederà a semplificare anche la sua regolamentazione sull’economia digitale. L’obiettivo finale è lo stesso: rafforzare la competitività dell’Unione rispetto alla concorrenza internazionale. Anche perché il blocco non possiede la leadership industriale né sulle tecnologie critiche per la transizione energetica, né sull’intelligenza artificiale e sui microchip.
LA PRESSIONE DEGLI STATI UNITI
Secondo il Financial Times, il 19 novembre prossimo la Commissione presenterà un “pacchetto di semplificazione” che conterrà un allentamento delle norme per il digitale, inclusa l’Ai Act, cioè la prima legge al mondo che regolamenta lo sviluppo e l’uso dei sistemi di intelligenza artificiale, entrata parzialmente in vigore l’anno scorso.
Stando al quotidiano, questo passo indietro di Bruxelles – che aveva insistito parecchio sul valore della regolazione – sarebbe il risultato della “forte pressione” esercitata dal governo degli Stati Uniti e dalle grandi aziende tecnologiche americane, le cosiddette Big Tech. Sappiamo in effetti – Startmag ne aveva scritto a inizio ottobre – che l’amministrazione di Donald Trump aveva chiesto alla Commissione di eliminare una serie di normative ambientali e tecnologiche ritenute sfavorevoli per le aziende americane perché troppo complicate e costose da rispettare.
A giudicare dagli ultimi aggiornamenti riportati dal Financial Times, sembrerebbe che l’Unione europea abbia deciso di cedere la propria autonomia normativa pur di non complicare i rapporti politici ed economici con l’America, l’alleata più importanti e primo mercato di esportazione.
IN COSA CONSISTE LA SEMPLIFICAZIONE
Nel pacchetto di semplificazione elaborato dalla Commissione – e che andrà approvato dalla maggioranza dei paesi membri dell’Unione e dal parlamento – viene proposta la concessione di un “periodo di grazia” di un anno alle aziende che hanno già messo i loro sistemi di intelligenza artificiale a disposizione del pubblico e che risultano aver violato le regole sugli usi ad alto rischio, così da dare loro “tempo sufficiente […] per adeguare le loro pratiche entro un termine ragionevole senza perturbare il mercato”.
Inoltre, Bruxelles suggerisce di rinviare all’agosto 2027 l’imposizione di sanzioni per le violazioni delle norme sulla trasparenza dell’intelligenza artificiale, in modo – anche in questo caso – di dare alle aziende più tempo per adeguarsi.
A CHI NON PIACE L’AI ACT
Le Big Tech statunitensi, alla testa dello sviluppo dell’intelligenza artificiale e che preferiscono operare senza troppi vincoli, ritengono che una normativa complessa come quella europea possa danneggiare l’innovazione e privare l’Unione dell’accesso ai servizi più innovativi.
Ma l’Ai Act non piace neanche alle startup tecnologiche europee, perché una regolazione eccessiva potrebbe rappresentare per loro un onere troppo costoso da rispettare. E non piace nemmeno alle grandi aziende europee di altri settori, che per evitare il rischio di multe per il mancato rispetto della legge potrebbero rinunciare a integrare i sistemi di intelligenza artificiale nei loro processi produttivi: a rimetterci, così facendo, sarebbe però la loro competitività rispetto alla concorrenza americana o cinese.







