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Ancora licenziamenti nel tech: ora tocca (di nuovo) a Ibm?

Ibm non è la prima Big Tech ad avere i conti in ordine e l'esigenza di tagliare il proprio organico. Un modus operandi iniziato subito dopo il periodo post pandemico che ha avuto una accelerazione con l'arrivo di soluzioni basate sull'Intelligenza artificiale. Da Meta a Microsoft, passando per Google, xAI, Oracle fino ad Amazon: nelle aziende in cui entra l'Ai esce il dipendente?

“Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie” oltre a esprimere in modo efficace la caducità della vita del soldato in trincea queste poche parole potrebbero benissimo fotografare, in questo periodo storico, la precarietà lavorativa dei dipendenti delle aziende del tech, mai così a rischio licenziamento per colpa – sono pochi i Ceo ad ammetterlo – dell’avvento dell’Intelligenza artificiale. L’ultima ad aver confermato un nuovo giro di vite al proprio organico è Ibm, ovvero International Business Machines Corporation, tra i colossi informatici statunitensi maggiormente noti.

NUOVI LICENZIAMENTI IN IBM?

La notizia, anticipata da Bloomberg, è stata confermata dalla stessa azienda guidata da Arvind Krishna. Non sono stati divulgati numeri precisi e sembra che i tagli saranno trasversali almeno a livello geografico, interessando cioè tutte le sedi.

“Nel quarto trimestre stiamo attuando un’azione che avrà un impatto su una percentuale a una sola cifra della nostra forza lavoro globale”, ha dichiarato un portavoce dell’azienda alla CNBC. “Sebbene ciò possa avere ripercussioni su alcuni ruoli negli Stati Uniti, prevediamo che la nostra occupazione negli Usa rimarrà invariata rispetto all’anno precedente”, si affretta a precisare il colosso che probabilmente teme di indispettire Donald Trump.

VOLANO GLI UTILI, EPPURE SI TAGLIA

Globalmente, a fine 2024 Ibm contava un organico pari a 270mila persone. Questo vuol dire che persino un taglio minimo dell′1% dell’organico comporterebbe la perdita di 2.700 posti di lavoro. Il 22 ottobre, Ibm aveva comunicato di avere registrato utili superiori alle aspettative grazie a un aumento del 10% dei ricavi derivanti dal software.

DENTRO L’AI, FUORI IL PERSONALE

L’amministratore delegato Arvind Krishna aveva ammesso al Wall Street Journal lo scorso maggio che l’uso in azienda degli agenti di intelligenza artificiale aveva portato a sostituire circa 200 persone nelle risorse umane, salvo poi correggere il tiro ricordando che parallelamente Ibm avesse assunto più venditori e sviluppatori di software.

LE BIG TECH NON SMETTONO DI LICENZIARE

Il tema però è un altro: Ibm non è la prima Big Tech ad avere i conti in ordine e l’esigenza di tagliare il proprio organico. Un modus operandi iniziato subito dopo il periodo post pandemico che ha avuto una accelerazione con l’arrivo di soluzioni basate sull’Intelligenza artificiale.

Finora sono stati persi oltre 22.000 posti di lavoro, con un picco di 16.084 licenziamenti solo a febbraio, mentre lo scorso anno i tagli hanno superato i 150.000 in 549 aziende. Tra le grandi aziende coinvolte, Amazon – il secondo datore di lavoro privato più grande degli Stati Uniti – solo qualche giorno fa ha rifilato un pacco non voluto a circa 14.000 dipendenti, il più grande “arrivederci e grazie” nella sua storia.

Lo stesso Andy Jassy, Ceo di Amazon, ha dichiarato a giugno che nei prossimi anni la forza lavoro diminuirà ulteriormente a causa all’adozione dell’intelligenza artificiale generativa e che quindi “serviranno meno persone per alcuni dei lavori che vengono svolti oggi e più persone per altri tipi di lavori”.

LE DIETE DI META E GOOGLE

Nel 2025 Meta ha avviato una serie di licenziamenti in diverse fasi dell’anno, interessando migliaia di dipendenti. A gennaio ha tagliato il 5% del personale, ad aprile oltre 100 posti nella divisione Reality Labs dedicata alla realtà virtuale e a luglio Scale AI, acquisita recentemente da Meta, ha licenziato circa 200 dipendenti – circa il 14% della forza lavoro – e interrotto i rapporti con 500 collaboratori globali, poche settimane dopo l’operazione da 14,3 miliardi di dollari.

A ottobre ha poi annunciato altri 600 licenziamenti nelle unità di infrastruttura per l’intelligenza artificiale, incluso il team FAIR, mantenendo però invariati i ruoli di alto livello in TBD Labs.

Quest’anno anche Google ha attuato vari licenziamenti legati alla riorganizzazione interna e al maggiore focus sull’IA. A febbraio ha avviato una riorganizzazione tagliando personale nei team di People Operations e cloud, offrendo uscite volontarie ai dipendenti statunitensi. Ad aprile ha eliminato centinaia di posti nella divisione piattaforme e dispositivi (Android, Pixel, Chrome).

A giugno ha ridotto del 25% il team smart TV di 300 membri, tagliando i fondi del 10% e riallocando risorse verso l’intelligenza artificiale. Infine, a ottobre ha licenziato oltre 100 designer nella divisione cloud, colpendo soprattutto i team con sede negli Usa.

“SERVONO MENO TESTE”

In Microsoft Satya Nadella potrà vantare di essere il Ceo che ha portato la software house fondata da Bill Gates a superare i 4.000 miliardi di dollari di capitalizzazione. Mentre gira il mondo invitando governi e aziende a investire in soluzioni IA, Microsoft continua a licenziare a tutto spiano; proprio come Salesforce il cui Ceo Marc Benioff durante un’intervista al podcast The Logan Bartlett Show registrata subito dopo aver accompagnato alla porta 4mila dipendenti ha ammesso: “Abbiamo bisogno di meno teste”.

Siamo all’alba di una rivoluzione industriale che elimina i lavori intellettuali e lascia quelli di fatica?

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