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Il boomerang della Corte sui conti del Ponte

Il trambusto politico, contabile e referendario sul ponte sullo stretto di Messina. I Graffi di Damato

Più che il ponte sullo stretto di Messina, come sommariamente annunciato trionfalmente da quanti sono contrari, sono stati bocciati i suoi conti dall’omonima Corte attaccata sia dal ministro che si è intestato il progetto, Matteo Salvini, deciso ad andare avanti lo stesso, sia dalla premier Giorgia Meloni. Che ha avvertito e denunciato l’ingerenza della giustizia, questa volta amministrativa, negli affari di governo.

La coincidenza della bocciatura, per quanto non definitiva perché Salvini si è proposto di adottare le procedure possibili per andare avanti lo sesso con le riserve eventualmente ribadite dalla Corte amministrativa; la coincidenza, dicevo, della bocciatura dei conti del Ponte, con la maiuscola dell’unicità e imponenza del progetto, con il quarto ed ultimo passaggio parlamentare, oggi al Senato, della riforma costituzionale della giustizia ha contribuito a surriscaldare il clima politico.

Anche il Ponte finirà probabilmente nel calderone referendario della separazione delle carriere fra giudici e pubblici ministeri, della separazione del Consiglio Superiore della Magistratura, del sorteggio anticorrentizio per la composizione e di un’alta corte disciplinare che sottragga i magistrati all’autodisciplina totale.

Ne passerà dell’acqua, da tutti i punti di vista, sotto il Ponte. Anticiparne il crollo prima ancora della sua costruzione è tuttavia un po’ esagerato, come si dice di certe morti annunciate per errore, specie se eccellenti.

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