Mi sembra francamente troppo quel “plebiscito” annunciato in prima pagina dal simpatizzante, a dir poco, Fatto Quotidiano a proposito della conferma con voto elettronico di Giuseppe Conte a presidente del MoVimento già grillino delle 5 Stelle. Un’esagerazione che lo stesso giornale diretto da Marco Travaglio ha contraddetto titolando anche sulla consistenza del risultato. Non il quasi 90 per cento dei votanti trionfalmente annunciati dal partito nel comunicato ufficiale, ma il 58.6 per cento degli “iscritti votanti”, ha pasticciato Il Fatto. Pasticciato, perché i votanti sono stati un po’ più della metà dei 101 mila iscritti. Il che significa che a confermare Conte presidente del partito è stato pressappoco un iscritto su due: non proprio un plebiscito. Piuttosto una spaccatura.
A ridimensionare la rielezione di Conte contribuisce anche la circostanza ben poco, o per niente, competitiva dell’assenza di uno sfidante. Di solito chi tiene davvero ad una vittoria credibile, diciamo così, evita di correre da solo e si cerca lui stesso un competitore.
Il voto comunque c’è stato, con tutte le certificazioni notarili del caso, e si è ormai passati a tutti gli effetti, sotto le 5 Stelle, da un primo ad un secondo movimento, come accadde una trentina d’anni fa alla Repubblica, passata dalla prima alla seconda. Si vedrà nel caso del partito ormai di Conte, se e con quali reazioni del fondatore deposto, attese dai fedelissimi che non sono sicuramente soltanto i 6.300 e rotti iscritti che hanno partecipato alla votazione per digitare no.






