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Ecco i veri effetti dello shutdown Usa

L’impatto economico diretto dello shutdown appare contenuto, ma la sospensione delle attività di raccolta e pubblicazione dei dati economici rappresenta un rischio crescente: l’assenza di informazioni aggiornate su occupazione e inflazione costringe la Federal Reserve a operare “alla cieca”. Il commento di Anthony Willis, Investment Manager di Columbia Threadneedle Investments.

Questa settimana affrontiamo il tema dello shutdown del governo degli Stati Uniti e ci chiediamo se rappresenti davvero un problema per i mercati finanziari. Lo shutdown è iniziato mercoledì 1° ottobre e, alla data odierna – martedì 7 ottobre – è ancora in corso. Considerato lo stallo tra Democratici e Repubblicani, è probabile che la situazione si prolunghi ulteriormente.

La paralisi nasce dal mancato accordo sul bilancio federale per il nuovo esercizio fiscale, iniziato mercoledì scorso. Tutte le funzioni governative non essenziali sono state sospese fino al raggiungimento di un compromesso, con circa 750.000 dipendenti pubblici temporaneamente in congedo non retribuito. Il presidente Donald Trump ha suggerito che, anziché sospendere questi lavoratori, sarebbe preferibile licenziarli definitivamente, in linea con la sua agenda di riduzione di quella che definisce la “burocrazia improduttiva”.

Sotto il profilo economico, l’impatto rimane relativamente limitato. Si tratta dell’undicesimo shutdown dal 1980. L’ultimo, durante il primo mandato di Trump tra il 2018 e il 2019, durò 35 giorni e costò all’economia circa 11 miliardi di dollari, di cui 3 miliardi non più recuperati, secondo la Congressional Budget Office. Pur trattandosi di una cifra significativa, essa resta modesta se rapportata a un’economia da 29.000 miliardi di dollari. I mercati finanziari, per ora, restano indifferenti. Gli indici azionari statunitensi hanno chiuso la scorsa settimana sui massimi storici e non si registrano tensioni rilevanti sul mercato obbligazionario. Va inoltre ricordato che, a differenza di altre occasioni, lo shutdown attuale non è legato al tetto del debito, già innalzato ad agosto di 5.000 miliardi di dollari con il cosiddetto Big Beautiful Bill.

La vera criticità riguarda l’interruzione della pubblicazione dei dati macroeconomici. Con la chiusura del Bureau of Labor Statistics, non sono stati diffusi né i dati settimanali sulle richieste di sussidi di disoccupazione né il rapporto sull’occupazione di settembre (non-farm payrolls). Se lo shutdown dovesse proseguire fino a metà ottobre, verrebbe rinviato anche il report sull’inflazione. Questo rappresenta un ostacolo significativo per la Federal Reserve, che si trova a operare in un contesto fortemente dipendente dai dati. In assenza di informazioni ufficiali, la banca centrale è costretta a procedere “alla cieca”. Esistono fonti alternative di dati, ma la loro affidabilità e tempestività saranno messe alla prova nelle prossime settimane.

Secondo i mercati predittivi come Polymarket, c’è attualmente una probabilità del 72% che lo shutdown si estenda oltre la metà del mese, e un 25% di possibilità che diventi il più lungo della storia.In sintesi, la situazione rimane più frustrante che drammatica per i mercati, ma l’assenza di informazioni chiave su occupazione e inflazione potrebbe complicare il quadro decisionale. Dal punto di vista economico e finanziario, al momento non si intravedono rischi sistemici, ma più lo stallo si prolungherà, più il suo impatto diventerà tangibile.

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