Oggi, 7 ottobre 2025, ricorrono due anni esatti dal pogrom in terra israeliana in cui i terroristi di Hamas, provenienti dalle viscere di Gaza, nel vero senso della parola avendovi sistemato i loro arsenali di guerra, uccisero, anzi trucidarono circa 1200 persone e ne sequestrarono 250. Di cui sono rimasti ancora vivi nelle mani degli aguzzini dai 20 ai 22: lo scopriremo quando verranno finalmente liberati, spero ad ore.
Per ricordare quei 1200 e più morti, ma anche quelli sei volte superiori fra i palestinesi caduti nella guerra seguita al pogrom, e messa inevitabilmente nel conto da Hamas, dobbiamo aspettare la ventesima edizione della giornata della memoria deliberata dall’assemblea delle Nazioni Unite il 1° novembre 2005 per celebrare il 27 gennaio di ogni anno in tutto il mondo con la Shoah la liberazione del campo di concentramento di Auschwitz ad opera delle truppe russe? O qualcuno in Italia avrà il buon senso e persino il coraggio fisico, visti i tempi che corrono, in verità non solo in Italia, di ricordare quei morti di due anni fa già oggi? Una domanda, questa, che penso possa e debba esprimere da sola non dico la drammaticità, ma l’oscenità della situazione in cui ci troviamo.
È una situazione nella quale è potuto accadere che a Roma sabato scorso, giorno peraltro di San Francesco, ha potuto essere portato per le strade e le piazze, affollate di un milione di persone, uno striscione inneggiante al 7 ottobre come giornata emblematica della “Resistenza Palestinese”. Altri avevano già provveduto ad imbrattare la statua di Giovanni Paolo II davanti alla Stazione Termini dando al Papa polacco del “fascista di merda”, a 20 anni dalla morte.
Per fortuna la tomba di Papa Francesco a poche centinaia di metri di distanza, nella Basilica di Santa Maria Maggiore, era più protetta della statua di Karol Wojtyla.
Un’altra domanda scomoda, a dir poco, sempre per i tempi e il clima politico in cui viviamo, è quella su come e quando vedremo sfilare cortei di solidarietà, a Roma e altrove, in Italia e all’estero, per gli ucraini che muoiono ogni giorno, innocenti, da più di tre anni. Morti – anche loro bambini, giovani e vecchi, uomini e donne – di seconda classe.