Skip to content

germania

Chi in Germania è molto preoccupato per l’economia tedesca

Alle recenti previsioni congiunturali, i principali istituti di ricerca economica tedeschi hanno accompagnato un allegato: un pacchetto di dodici riforme per rilanciare il paese. Un segnale della gravità della situazione e della necessità di agire rapidamente. Ma nel governo è sempre braccio di ferro tra Unione e Spd

La Germania si trova di fronte a un bivio economico e i principali istituti di ricerca del Paese hanno scelto di non limitarsi a numeri e proiezioni. E alle previsioni d’autunno presentate di recente, hanno accompagnato un pacchetto di proposte per rilanciare la crescita e rafforzare la resilienza dell’economia. L’analisi congiunta del DIW Berlin, del Kiel-Institut, del RWI-Essen, dell’Ifo di Monaco e dell’IWH di Halle, redatta per conto del ministero federale dell’Economia, non si limita dunque questa volta a stimare l’andamento del prodotto interno lordo, ma offre un ventaglio di dodici riforme mirate che spaziano dall’energia alla previdenza sociale, dall’istruzione alla politica industriale. Una scelta inedita, che gli esperti stessi definiscono segnale della gravità della situazione e della necessità di agire rapidamente.

PREVISIONI DEBOLI E PROBLEMI STRUTTURALI

Un breve riepilogo è utile a inquadrare la situazione. Secondo i calcoli degli istituti, il Pil tedesco crescerà appena dello 0,2% nell’anno in corso, per poi risalire all’1,3% nel 2026 e all’1,4% nel 2027. Un rimbalzo che, tuttavia, potrebbe rivelarsi effimero. Come ha spiegato Geraldine Dany-Knedlik, responsabile congiunturale del DIW, le difficoltà strutturali restano e rischiano di ridurre il potenziale di crescita. L’attuale ripresa, ha osservato, frutto soprattutto degli stimoli del governo, sembra mascherare fragilità che, se non affrontate, potrebbero frenare lo sviluppo futuro.

La Germania, hanno ribadito gli istituti, si trova a un punto di svolta della sua politica economica. Le debolezze di lungo periodo – dal peso della previdenza sociale alle rigidità del mercato del lavoro, dai costi energetici alla lentezza amministrativa – minacciano di erodere la competitività. Ed è per questo che, parallelamente alle stime macroeconomiche, gli economisti hanno deciso di elaborare una sorta di “agenda per le riforme”, mettendo sul tavolo dodici proposte concrete.

DODICI LINEE GUIDA PER USCIRE DALLA CRISI

Le raccomandazioni toccano campi molto diversi, ma convergono su un punto: la necessità di rendere più dinamico e flessibile il sistema economico. Per quanto riguarda la politica industriale, gli esperti suggeriscono di evitare interventi mirati a singole aziende e di puntare invece sul miglioramento complessivo delle condizioni per fare impresa. Sul fronte del commercio internazionale, indicano l’urgenza di completare accordi come quello con i paesi sudamericani, sottolineando che standard ambientali e sociali non dovrebbero diventare un ostacolo eccessivo alla competitività delle imprese tedesche (e qui sembra sentir riecheggiare echi trumpiani).

Un altro nodo cruciale è rappresentato dalla previdenza sociale: i contributi andrebbero stabilizzati attraverso una maggiore efficienza del sistema sanitario e una gestione più attenta dell’aumento delle pensioni. In parallelo, occorre incentivare la partecipazione al lavoro, con aiuti mirati ai disoccupati e con misure che scoraggino il pensionamento anticipato, favorendo una maggiore presenza degli anziani nel mercato.

E fin qui l’agenda degli economisti pare un sostegno chiaro alle posizioni riformiste del cancelliere Friedrich Merz e un monito alle proposte di spese sociali dei socialdemocratici. Gli istituti insistono però anche sulla valorizzazione del capitale umano: più formazione e aggiornamento professionale, meno ostacoli all’ingresso di lavoratori qualificati provenienti dall’estero. Quanto alla transizione energetica, la raccomandazione è di affidarsi agli strumenti di mercato, in particolare a un prezzo della CO2 che indirizzi in modo chiaro le scelte di consumo e investimento.

STATO E FINANZA PUBBLICA

Non mancano le indicazioni sul funzionamento dello Stato e della finanza pubblica, e qui il pendolo torna a tendere verso le posizioni di Merz. Per ridurre i deficit, il consiglio non è quello di aumentare la pressione fiscale, bensì di contenere la spesa per consumi e migliorare l’efficienza amministrativa, anche attraverso una riduzione del personale negli uffici pubblici. Gli economisti chiedono inoltre di rivedere il freno all’indebitamento, distinguendo tra spese correnti e investimenti strategici, e di riportare il finanziamento della difesa all’interno del bilancio ordinario.

Sul piano europeo, infine, invitano la Germania a mantenere un approccio prudente alla politica finanziaria comune, per evitare di trovarsi in difficoltà in caso di scenari di crescita troppo ottimistici.

L’insieme di queste dodici proposte rappresenta, nelle intenzioni degli istituti, il materiale necessario per dare sostanza e concretezza all’“autunno di riforme” annunciato dal cancelliere Friedrich Merz. Ma il tempo, avvertono, non gioca a favore: senza segnali concreti già nel breve periodo, il rischio è che nelle imprese si diffonda un crescente senso di sfiducia, come ha sottolineato Torsten Schmidt del RWI. Scetticismo che gli imprenditori hanno già manifestato nell’ultimo rapporto Ifo. Perché, come dimostrano le stime, la congiuntura da sola non basta a invertire la rotta: solo una strategia di riforme potrà restituire alla Germania la capacità di crescere in modo duraturo. Parola di economisti.

Torna su