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Dopo Nvidia e il governo, anche Apple parteciperà al salvataggio di Intel?

Dopo Nvidia, SoftBank e il governo americano, Intel vorrebbe ricevere investimenti anche da Apple. L'ex colosso dei microchip sta cercando di rilanciarsi, ma non sarà facile colmare il divario tecnologico con i nuovi pesi massimi del settore. D'altra parte, l'azienda di Tim Cook deve rispondere alle pressioni di Trump e investire negli Stati Uniti. Tutti i dettagli.

Dopo aver ottenuto un investimento da 9 miliardi di dollari dal governo degli Stati Uniti, uno da 2 miliardi da SoftBank e uno da 5 miliardi da Nvidia, Intel – un tempo il colosso indiscusso dei semiconduttori, oggi però in serie difficoltà – sta cercando di ricevere capitali anche da Apple. Stando alle fonti di Bloomberg, le due società hanno discusso di come approfondire i loro rapporti, ma le trattative sono ancora in una fase iniziale e potrebbero non condurre a un accordo.

Per il momento, le parti non hanno rilasciato dichiarazioni ufficiali. Se Intel dovesse riuscire a recuperare la relazione economica con Apple – che in passato acquistava i processori di Intel, prima di svilupparseli da sé -, la sua credibilità di fronte al mercato migliorerebbe ulteriormente, permettendole di imbastire una narrazione incentrata sul suo grande ritorno nel mercato dei microchip; narrazione che però andrà affiancata da capacità e risultati concreti.

UNA COLLABORAZIONE IMPLAUSIBILE?

Intel, infatti, non è più quella di un tempo: negli ultimi anni non si è dimostrata in grado né di evolvere le proprie tecnologie produttive né di cavalcare l’onda dell’intelligenza artificiale, che invece ha fatto la fortuna di altre aziende (a cominciare dalla già citata Nvidia). La sopravvivenza della sua divisione manifatturiera è attualmente a rischio, e si pensa che per mandarla avanti la società abbia bisogno di un contratto con un grosso cliente: uno come Apple, appunto.

Tuttavia, difficilmente Apple deciderà di reintrodurre i processori di Intel nei suoi dispositivi: i microchip inseriti negli iPhone vengono realizzati dalla compagnia taiwanese Tsmc, la più grande produttrice a contratto di semiconduttori al mondo, le cui capacità tecnologiche sono parecchio più avanzate di quelle di Intel.

LA CRISI DI INTEL

Il supporto dell’amministrazione di Donald Trump (il governo ha acquisito una quota del 10 per cento della società) e la collaborazione con Nvidia (l’azienda più rilevante, praticamente indispensabile, nel settore dei processori per l’intelligenza artificiale), seppur importanti, non cancellano le difficoltà finanziarie e tecnologiche di Intel.

Al di là dei massicci licenziamenti in atto, che ammontano al 15 per cento della forza-lavoro totale, e della sospensione dei progetti all’estero, al momento l’azienda è impegnata nello sviluppo della sua tecnologia manifatturiera di nuova generazione, chiamata 14A; tuttavia, lo scorso luglio aveva avvertito che potrebbe abbandonare gli sforzi nel caso in cui non dovesse riuscire ad assicurarsi un “cliente esterno significativo” che garantisca un ritorno soddisfacente dell’investimento.

D’ALTRA PARTE, APPLE…

D’altra parte, la presenza del governo nel capitale sociale di Intel potrebbe incentivare Apple a impostarvi un qualche tipo di collaborazione.

La società guidata da Tim Cook, infatti, ha necessità di mostrare all’amministrazione Trump di stare investendo negli Stati Uniti (benché le sue basi manifatturiere principali continuino a rimanere in Asia). Così, ad agosto ha annunciato un piano di espansione manifatturiera sul suolo americano con investimenti da 600 miliardi di dollari in quattro anni: di questi, 2,5 miliardi andranno a Corning, storica fornitrice di vetro; forse anche Intel potrebbe riceverne una fetta.

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