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Cosa non mi ha convinto delle ultime mosse di Nagel in Mediobanca

La non-notizia (o bugia) del Corriere su Nagel, Pagliaro, Mediobanca e Mps. La lettera di Teo Dalavecuras.

Caro direttore,

leggo a pagina 31 del Corriere della sera un titolo “a nove colonne” con la seguente, sensazionale non notizia: “Mediobanca, Nagel e Pagliaro consegnano le azioni al Montepaschi”.

Oltre a essere una non notizia è anche un po’ una bugia, non solo perché anche il direttore generale Vinci ha aderito all’offerta Mps ma non ci stava nel titolone e hanno scelto di infilarlo nel sommario, ma soprattutto perché, da quel che si è capito leggendo, i vertici di Mediobanca non hanno consegnato “le” loro azioni ma solo una parte. Ciò che può dipendere da tanti motivi, ma per saperlo ci vorrebbe il famoso “giornalismo investigativo”, cioè quello che una volta era giornalismo tout-court ma già da parecchi anni è diventato tecnologia gestita a livello consortile. Personalmente ne faccio volentieri a meno.

Per tornare ai vertici di Mediobanca, si può capire la delusione del cronista collettivo al quale sarebbe piaciuto raccontare, magari in diretta a fianco dell’operatore, la scena di Vinci, Pagliaro che si tiene stretta la bicicletta e Vinci mentre sotto il monumento a Leonardo in Piazza Scala bruciano le loro azioni di Mediobanca faticosamente guadagnate (come nel Sessantotto facevano le giovani donne con il reggiseno), piuttosto di cederle al barbaro Lovaglio.

Ma tu ti fideresti, direttore, di dirigenti bancari che – per ragioni di “principio” – rinunciassero a gestire in maniera ottimale i loro investimenti privati? Io sicuramente no.

Alla fine di questa storia del riuscito “assedio” a Mediobanca – ricca di insegnamenti da meditare – mi permetto di consegnarti, privo come sono di azioni da consegnare a Lovaglio, due perplessità. La prima riguarda la citazione oraziana (Graecia capta ferum victōrem cepit) con la quale Nagel si è congedato dai suoi collaboratori. Insistere altezzosamente sulla strategia comunicativa della presunta diversità di Mediobanca nel momento in cui se ne deve riconoscere il fallimento, non è una specie di autogol?

La seconda perplessità riguarda un concetto che – come ogni altra legge – in Italia e non solo in Italia si applica rigorosamente agli avversari e si interpreta, anche distrattamente, per gli amici. É evidente che la massiccia campagna pubblicitaria contro l’Opas di Montepaschi i vertici di Mediobanca l’hanno lanciata per difendere le loro posizioni professionali, che a quei livelli sono posizioni di potere. Scelta che mi guardo bene dal giudicare, da un certo punto di vista addirittura ovvia. Resto però convinto che se tu spendi soldi dei tuoi azionisti per convincerli a respingere un’offerta che se invece accolta dalla maggioranza comporterà quasi certamente il tuo sloggio, puoi essere convintissimo di farlo nell’interesse della società che amministri ma ti trovi obiettivamente in un conflitto di interessi perché, in ogni caso, sei personalmente e fortemente interessato all’esito finale. Non sto sollevando né una questione giuridica né, men che meno, “morale”. É una questione di buon gusto, di stile, è il motivo per cui nella lettera di congedo dai miei collaboratori avrei evitato, accuratamente, quella citazione del ferus victor. Ma immagino la tua obiezione, direttore, a uno che ragiona così bisogna guardarsi dall’affidare la gestione non di una banca, ma nemmeno di una portineria.

Lo so, e non mi resta che augurarti buon lavoro.

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