Il riferimento al ’68 e al sei politico, fatto da Giorgia Meloni nel suo appassionato discorso ai giovani di Fratelli d’Italia, è stato respinto da alcuni rappresentanti delle opposizioni come anacronistico e invece tocca un punto nodale dell’attuale contrapposizione politica. La premier ha colto una differenziazione fondamentale tra maggioranza e centrosinistra, con la prima intenzionata a recuperare i sentimenti borghesi e benpensanti, quali merito, sacrificio e severità. Ancor più fondamentale dato l’attuale dibattitto sull’“odio”, condotto a colpi di accuse reciproche e speculari (modalità che fa temere non approdi da nessuna parte), in cui gli intellettuali delle sinistre, vedi Roberto Saviano e Piergiorgio Odifreddi, danno il peggio, confermando la propria incapacità di sintonizzare gli umori italiani più sinceramente popolari e il pregiudizio anti-intellettualistico dei nostri conservatori.
Paradossalmente, Meloni ha ridato fiato ai professori di scuola e università (raccomandando agli studenti di studiare con diligenza e sottoporsi seriamente alle prove d’esame) in un momento in cui marca la propria distanza dai “professori” e dagli “scienziati”. Si veda il caso vaccinazioni, dove le pur variegate posizioni di Lega, FDI e Forza Italia arrivano a sfiorare l’anti-scientismo più ignorante. Oppure, dal lato opposto, la sinistra dei prof e delle università che accoglie estremismi antisemiti, con casi clamorosi quali l’ateneo di Pisa e il Politecnico di Torino.
In questo complesso quadro ideologico, Meloni pianta alcuni semplificatori paletti, utili per dare un segnavia al proprio elettorato. Anche se, per ora, sembrano coglierli soprattutto i suoi avversari che, certo, potrebbero giocarsela meglio. Bonelli l’accusa di aver “tagliato cattedre e posti Ata per finanziare armi e Ponte sullo Stretto”, quando però il ministro Valditara ha annunciato 50 mila assunzioni. Ancora peggio l’idea di aprire la polemicona del giorno sull’intervento meloniano a Domenica In, che la premier può rintuzzare agilmente ricordando i ben più invadenti interventi televisivi di governanti del centrosinistra.
Avversari, dicevamo. Ma forse lei preferirebbe chiamarli nemici. Non è stato certo un caso l’ennesimo riferimento alla violenza e alle minacce, inserito nel discorso tenuto a Fenix. Il presidente del Consiglio, di gran lunga il nostro migliore animale politico, fiuta abilmente la pessima aria che tira: Trump, che nel bene e nel male continua a condizionare la politica internazionale, oltre che la geopolitica, celebra il funerale di Charlie Kirk chiedendogli scusa di “odiare” chi lo ha ucciso; le piazze si agitano in Francia, Gran Bretagna e Spagna; il ministro Piantedosi lancia l’allarme sul ritorno degli antagonisti.
Al fondo, il vero male di questo periodo è la confusione, più ancora delle guerre e dei morti che ne sono una tragica conseguenza. Probabilmente, l’intento di Meloni è allargare la propria base elettorale e il proprio consenso personale verso il grande centro borghese che un tempo chiamavamo maggioranza silenziosa, il mondo moderato e cattolico in cerca di buoni sentimenti e di poche ma solide certezze. Come la severità scolastica.