Il governo ha deciso di intervenire con il golden power sulla fusione tra Saipem e l’azienda lussemburghese-britannica-norvegese Subsea7, che darà vita a una società di infrastrutture energetiche chiamata Saipem7, con sede in Italia.
La decisione di esercitare i poteri speciali “mediante prescrizioni” è stata formalizzata in un decreto approvato giovedì scorso e firmato dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, su proposta del ministero della Difesa di Guido Crosetto: lo ha rivelato sabato il Giornale, che ha visionato in anteprima il documento.
COSA SAPPIAMO DELLA FUSIONE SAIPEM-SUBSEA7
Saipem7, come detto, avrà sede legale in Italia e sede centrale a Milano; le sue azioni saranno quotate sia sulla borsa italiana che su quella norvegese di Oslo. L’amministratore delegato verrà nominato dagli azionisti italiani (ovvero Eni, con il 10,6 per cento, e Cdp Equity, con il 6,4 per cento) e sarà Alessandro Puliti, l’attuale amministratore delegato di Saipem. Eni e Cdp Equity potranno indicare in tutto quattro amministratori su nove.
LE RAGIONI DEL GOLDEN POWER
L’Italia, insomma, avrà un’influenza significativa su Saipem7, che si prevede registrerà ricavi per circa 21 miliardi di euro e genererà un flusso di cassa libero di oltre 800 milioni, con un portafoglio ordini da 43 miliardi.
Il ricorso al golden power – vale a dire quei poteri speciali che l’esecutivo può utilizzare per tutelare gli asset di valore strategico – si spiega con il fatto che Saipem è attiva anche nello sviluppo di tecnologie per la robotica sottomarina autonoma. Trattandosi di un settore sensibile, la società “è stata inserita nel perimetro nazionale di sicurezza nazionale cibernetica per attività al servizio della Difesa”, ha scritto il Giornale.
Il golden power serve dunque al governo a garantire che Saipem, una volta fusasi con Subsea7, manterrà il controllo delle attività, delle tecnologie, dei brevetti e della gestione dei droni sottomarini, e che potrà continuare a collaborare – anche attraverso accordi di partenariato tecnologico o di cessione – con le società italiane a controllo diretto o indiretto dello stato. Il riferimento è probabilmente al gruppo della cantieristica Fincantieri, il cui maggiore azionista è Cdq Equity con una quota del 70,99 per cento.
COSA C’ENTRA FINCANTIERI
La settimana scorsa Bloomberg aveva scritto che Saipem aveva avviato delle trattative proprio con Fincantieri per la vendita di alcuni asset nel comparto della robotica e della subacquea, prima del completamento della fusione con Subsea7.
Stando alle fonti dell’agenzia, il governo italiano è coinvolto nelle discussioni, mosso dalla volontà di mantenere nel paese queste tecnologie strategiche. È vero che la sede centrale di Saipem7 sarà in Italia, ma la divisione dedicata alle costruzioni offshore – la più importante, al punto che sarà dotata di autonomia operativa e avrà un nome proprio: Subsea7, a Saipem7 Company – avrà sede a Londra e sarà guidata da John Evans, già amministratore delegato di Subsea7.
Come riporta Bloomberg, Saipem ha intenzione di risolvere la questione della proprietà della divisione Robotica (che include i droni sottomarini, dall’uso civile e militare) prima di fondersi con Subsea7, in modo da “evitare che l’Italia imponga in seguito limitazioni legate a motivi di sicurezza”.
La cessione a Fincantieri, favorita dall’azionista comune, dovrebbe soddisfare le richieste del governo.