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bici elettriche

La pedalata delle bici elettriche cinesi per evitare i dazi Ue

Nel porto del Pireo, in Grecia, il più grande sequestro di merci della storia della Ue. Una organizzazione infiltrata nelle dogane consentiva a bici elettriche e monopattini made in China di entrare nel Vecchio continente pagando dazi irrisori ed evitando l'Iva. L'operazione ha riguardato 14 Paesi, tra cui il nostro

Sono ben 2.435 i container fermati alla dogana greca e bloccati dall’Ufficio del procuratore europeo nell’ambito dell’inchiesta Calypso in merito a una presunta rete che sarebbe riuscita a fare entrare in Europa bici elettriche e monopattini cinesi evitando dazi e il pagamento dell’Iva.

UNA RETE CAPILLARE

Solo le merci sotto sequestro, per comprendere il rateo di fuoco di tale supposta organizzazione, hanno un valore complessivo pari a 250 milioni di euro, che per la Ue e i Paesi d’approdo si traduce in mancato gettito fiscale, mentre per chi faceva parte dell’organizzazione nella possibilità di mantenere i prezzi altamente concorrenziali. Le autorità della dogana greca hanno accusato due colleghi per false certificazioni e favoreggiamento mentre la Procura indaga anche sul conto di quattro spedizionieri frontalieri.

BICI ELETTRICHE E MONOPATTINI STOCCATI IN MAGAZZINI CON DOCUMENTI FALSI

Lo sdoganamento avveniva denunciando un valore delle merci infinitamente più basso rispetto del reale. Quando possibile le merci venivano classificate in modo errato al fine di evitare i dazi per intero. Tutto ciò grazie alla presenza negli uffici preposti al controllo dei membri dell’organizzazione che facilitavano tali procedure, evitando i controlli.

SOCIETA’ DI COMODO O IGNARE

Inoltre l’organizzazione aveva ideato un meccanismo che assicurava l’esenzione dal pagamento dell’Iva attraverso l’applicazione della Procedura Doganale 42 (CP42): si dichiarava cioè che la merce venisse venduta ad altre società comunitarie.

Società che ovviamente non esistevano (in alcuni casi, le organizzazioni criminali hanno utilizzato documenti d’identità di aziende legittime, dirottando fraudolentemente i loro numeri di partita Iva per nascondere la vera destinazione dei beni) mentre le merci finivano in depositi illegali cinesi e poi distribuite con documenti falsi in giro per l’Unione.

L’OPERAZIONE CALYPSO

Tale modus operandi sarebbe stato avviato non meno di otto anni fa, causando il mancato pagamento di 350 milioni di euro in dazi europei e 450 milioni di euro in Iva. Per l’Ufficio del procuratore europeo appena “il 10-15 per cento delle merci in ciascun singolo container veniva dichiarato”.

QUATTORDICI PAESI COINVOLTI

Quello avvenuto nel Pireo è il più grande sequestro di container mai effettuato nell’Ue, ma l’operazione ha riguardato 14 Paesi: Bulgaria, Cina, Repubblica Ceca, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Italia, Polonia, Portogallo, Slovacchia, Slovenia e Spagna.

ISPEZIONI E SEQUESTRI

Una vera e propria organizzazione, ramificata e capillare. Lo scorso giugno sono stati arrestati dieci individui in vari punti d’Europa: nelle loro abitazioni le forze dell’ordine avevano rinvenuto circa 5,8 milioni di euro (la maggior parte in Grecia, 4,75, i restanti tra Francia e Spagna), in diverse valute, tra cui dollari di Hong Kong ed euro, spesso custoditi in portafogli digitali e criptovalute.

IL RIENTRO DEI SOLDI IN CINA

Infine, i proventi del crimine venivano trasferiti in Cina utilizzando diverse tecniche di riciclaggio di denaro, “anche tramite sistemi bancari clandestini basati sul commercio”, si legge nella nota della Procura europea. In questo modo, i gruppi criminali organizzati controllavano e occultavano l’intera filiera criminale.

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