Skip to content

armani

Armani, Asi, Isab, Montante, Revolut, Vendola e non solo

Che cosa si dice e che cosa non si dice su Armani, Asi, Isab, Montante, Revolut, Vendola e non solo. Pillole di rassegna stampa

 

QUALE SARA’ IL FUTURO DEL MARCHIO ARMANI

 

UN CASINO CHIAMATO ISAB

 

I FESTIVAL SPAZIALI DELL’ASI

 

SCAZZI SPAZIALI

 

IL BOOM DEL KEFIR

 

I NUMERI DELL’AVOCADO

 

IL CALCIO NEL PALLONE DELLE CRIPTOVALUTE

 

IL GIORNALE SBANCA REVOLUT

 

LA PARABOLA DI MONTANTE

 

LE PENE DELLA FRANCIA MACRONIANA

 

CARTOLINA DAL NEPAL

 

CARTOLINA DALLA RUSSIA

 

CARTOLINA DAL LUSSEMBURGO

 

PARLA PAPA’ VENDOLA

 

QUISQUILIE & PINZILLACCHERE

 

 

+++

ESTRATTO DI UN ARTICOLO DI GIULIA CRIVELLI DEL SOLE 24 ORE SU ARMANI:

Non è casuale il contrasto tra la meticolosità e precisione delle disposizioni testamentarie che riguardano la gestione economica, finanziaria e immobiliare del gruppo e del patrimonio costruiti da Giorgio Armani e la vaghezza di quelle attinenti al futuro dell’essenza stilistica dei marchi nati negli anni intorno a quello principale, da Emporio Armani ad A/X, passando per le numerose licenze per categorie di prodotti affini, come cosmetica e occhiali. Entrambe partono da un fatto: fino al giorno della sua morte, giovedì 4 settembre, a 91 anni, Armani ha tenuto per sé il ruolo principale che esiste in un’azienda di moda, quello di direttore creativo, e i due incarichi più importanti in qualsiasi azienda, amministratore delegato e presidente. Armani è inoltre morto da proprietario del 99,9% delle quote azionarie del gruppo che aveva fondato nel 1975: in cinquant’anni ha sicuramente dimostrato grandi capacità manageriali e imprenditoriali, ma ciò che lo ha reso, quasi certamente, immortale è lo stile che ha saputo creare (si veda Il Sole 24 Ore del 5 settembre e l’inserto Domenica del 10 settembre).

Sulle disposizioni economiche gli articoli in pagina offrono molti dettagli e, pur non potendo esserci certezze sulle decisioni che prenderanno gli eredi sull’assetto societario, la volontà di rendere economicamente sostenibile nel medio e lungo periodo l’azienda è chiara. A questo dovrebbe servire l’ingresso di un grande gruppo nella compagine azionaria o la quotazione. Ma che ne sarà di quella che possiamo definire la «sostenibilità creativa» dei vari marchi del gruppo? Non è un momento facile per il sistema moda e neppure per l’alto di gamma: lo stesso gruppo Armani ha chiuso il 2024 con un fatturato in calo del 4% e i ricavi e gli utili delle società quotate del lusso nel primo semestre sono risultati tutti in calo, con le sole eccezioni di Cucinelli, Prada ed Hermès. Vale anche per Lvmh, in cima ai desiderata di Armani come socio di minoranza o acquirente in toto del gruppo. Il colosso guidato da Bernard Arnault può contare su un utile netto di 5,7 miliardi per i primi sei mesi del 2025, calato però del 22% rispetto al 2024. Non solo: alcune maison di Lvmh hanno affrontato decenni fa la successione del loro fondatore (una su tutte, Christian Dior), ma in tempi più recenti hanno visto molti cambi ai vertici stilistici. Le stesse difficoltà le ha vissute, in Italia, la maison Valentino: in questo caso il fondatore non è morto ma ha lasciato l’azienda da direttore creativo. Morto un Dior o un Armani, non è facile farne un altro. E oggi i grandi marchi non possono essere gestiti come facevano, tornando in Francia, Gabrielle Chanel, Christian Dior o, per fare un altro nome, Yves Saint Laurent.

Le dimensioni sono diverse ed è il mondo intero a essere cambiato: quello della moda poi – lo aveva fatto notare lo stesso Armani nel periodo del Covid – ha vissuto decenni di eccessi e oggi deve affrontare problemi di sostenibilità sociale e ambientale che rischiano di alienare, se non saranno risolti, le generazioni più giovani.

Torna su