E per fortuna che in Scozia, soltanto poche settimane fa, Stati Uniti ed Europa, Donald Trump e Ursula von der Leyen, avevano firmato un accordo politico-commerciale. Il presidente Usa è tornato alla carica, tra l’altro sostenendo di essere stato chiamato “presidente d’Europa” dai leader del Vecchio Continente. Trump, nelle scorse ore, ha minacciato di adottare nuovi dazi e nuove restrizioni sull’export di semiconduttori e altre tecnologie avanzate fino a che non saranno rimosse le tasse sui servizi digitali – imposte da altri paesi – che colpiscono le aziende americane.
LA MINACCIA DI TRUMP SUI SERVIZI DIGITALI
Misure che secondo Trump “sono tutte concepite per danneggiare o discriminare la tecnologia americana” e “concedono scandalosamente un via libera alle più grandi aziende tecnologiche cinesi”. Ma “questo deve finire, ora!”, ha scritto Trump sul suo account social di Truth. “A meno che queste azioni discriminatorie non vengano rimosse, io, come presidente degli Stati Uniti, imporrò dazi aggiuntivi sostanziali sulle esportazioni di quel paese verso gli Usa e istituirò restrizioni all’esportazione sulla nostra tecnologia e sui nostri chip altamente protetti”.
Non ha parlato direttamente di Europa ma è indubbio che il riferimento fosse in primis a Bruxelles, vista l’attenzione dell’Ue al tema dei servizi digitali e al suo Digital Services Act, che regolamenta l’uso di social media, delle piattaforme online e dell’e-commerce. Secondo Washington è un provvedimento che istituzionalizzerebbe una sorta di censura, e si muoverebbe contro la libertà di parola. La realtà è che danneggia le big tech statunitensi. E quindi, per la Casa Bianca, andrebbe allentato o addirittura abolito.
LA RISPOSTA EUROPEA
Le nuove minacce arrivando a poche settimane dalla stretta di mano scozzese, e a pochi giorni dalla dichiarazione congiunta firmata da Bruxelles e Washington sulle questioni commerciali. L’Unione europea aveva specificato di non essersi impegnata a modificare le proprie normative digitali, sia il Digital Markets Act sia il Digital Services Act. Ora deve di nuovo rispondere alle pressioni degli Usa, che usa la leva delle restrizioni sull’export di microchip e di tecnologie avanzate, ben consapevole del valore di tali prodotti e della loro importanza per le aziende e il mercato europeo.
Oggi, una portavoce della Commissione europea, Paula Pinho, ha ribadito il pensiero dell’Ue sulla questione, rispondendo alle minacce trumpiane: “Penso sia utile ricordare quanto abbiamo affermato più volte: è diritto sovrano dell’Ue e dei suoi Stati membri regolamentare le attività economiche sul nostro territorio, purché siano coerenti con i nostri valori democratici”. Secondo Pinho, inoltre, la questione dei servizi digitali “non faceva parte del nostro accordo con gli Stati Uniti. Si tratta di questioni separate, e procederemo con l’attuazione dell’accordo quadro che, giustamente, non affronta questa questione”.
LE MANOVRE DEGLI USA
Ad ogni modo le pressioni, la Casa Bianca, non le sta rivolgendo solo all’Europa. Era l’inizio dell’estate, in piena turbolenza dazi, quando Trump ha costretto il Canada a rinunciare a una tassa digitale – in procinto di essere adottata – con la minaccia di sospendere i colloqui commerciali. Ottawa aveva ceduto nella speranza di venire incontro al tycoon, in modo da “compiere progressi essenziali” per un potenziale accordo con gli Usa.
E sempre in quel periodo, anche il G7, sempre sotto il cappello canadese, aveva escluso le aziende statunitensi dalla tassa minima globale, cioè la Global Minimum Tax. Una misura, pensata nel 2021, con l’obiettivo di inibire l’elusione fiscale delle grandi multinazionali attraverso una tassa globale al 15% posta su dove effettivamente vengono generati i profitti e non dove le aziende spostano le sedi legali per convenienza.
Anche in quel caso gli Stati Uniti e le loro aziende avevano ottenuto un lasciapassare almeno preliminare. Cosa che Trump ora vorrebbe anche riguardo il Dsa e il Dma, sfruttando proprio i precedenti.