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Il vertice in Alaska e le sorti dell’Ucraina secondo gli analisti tedeschi

Il difficile cammino verso la pace in Ucraina dopo il vertice in Alaska, secondo l'analisi del più autorevole think tank di politica estera della Germania.

Al recente vertice in Alaska, Donald Trump e Vladimir Putin hanno riportato al centro del dibattito internazionale il futuro della guerra in Ucraina e le prospettive di sicurezza globale. A riflettere sulle implicazioni dell’incontro è il professor Nickolay Kapitonenko, autore di un saggio pubblicato sulla rivista Internationale Politik, edita dalla prestigiosa Dgap (Deutsche Gesellschaft für Auswärtige Politik), il think tank di politica estera più autorevole della Germania. La sua analisi offre uno sguardo dalla prospettiva ucraina, evidenziando le incognite e i pericoli di un processo negoziale che rischia di ridurre lo spazio decisionale di Kiev.

LA PROSPETTIVA DI KIEV

Kapitonenko non è solo autorevole collaboratore della fondazione tedesca, ma egli stesso un’autorità in patria: professore associato presso l’Istituto di relazioni internazionali dell’Università Taras Shevchenko di Kiev, dirige il Centro di studi sulle relazioni internazionali. Consulente del Parlamento ucraino per la politica estera, ha insegnato anche all’Università dell’Iowa e all’Accademia diplomatica del ministero degli Esteri ucraino. È co-editore della rivista UA:Ukraine Analytica e autore di saggi, gli ultimi focalizzati su conflitti internazionali e politica estera dell’Ucraina. La sua voce, dunque, rappresenta quella di un osservatore esperto e di riferimento per comprendere la visione geopolitica di Kiev, ma anche di influenzare – attraverso la collaborazione con la Dgap – anche l’opinione pubblica tedesca.

ALASKA, UN VERTICE ALL’OMBRA DEL CONFRONTO USA-CINA

L’incontro tra Trump e Putin, avvenuto sette anni dopo quello di Helsinki, è stato paragonato a momenti cruciali della storia diplomatica, da Monaco 1938 a Reykjavik 1986, fino al viaggio di Nixon in Cina del 1972. Secondo Kapitonenko, però, ogni parallelismo resta approssimativo: il vertice in Alaska si è svolto nel quadro di condizioni uniche e specifiche, segnate dal conflitto in corso e dall’ascesa della Cina. Per Trump l’obiettivo principale era testare i margini di dialogo con Mosca e, soprattutto, verificare se fosse possibile allentare il legame russo-cinese. L’Ucraina, tuttavia, è rimasta al centro delle discussioni e continua a rappresentare la prova più difficile per qualsiasi intesa tra Washington e il Cremlino.

IL RISCHIO DI ACCORDI A SPESE DI KIEV

Il richiamo a Monaco evoca per gli ucraini la paura di decisioni prese sopra le loro teste, a danno dei piccoli Stati. Da qui il principio ribadito da Kiev: “Nulla sull’Ucraina senza l’Ucraina”. Secondo quanto emerso dal vertice, una delle ipotesi in discussione prevederebbe il ritiro delle forze ucraine dal Donbass in cambio di un congelamento del fronte. Per il presidente Zelensky, però, questa proposta resta difficilmente accettabile: meglio continuare a combattere con il sostegno limitato degli alleati piuttosto che cedere territori senza condizioni. Il nodo territoriale, sottolinea Kapitonenko, rimane il più spinoso e la soluzione appare lontana.

LE GARANZIE DI SICUREZZA ANCORA INCOMPIUTE

Altro punto cruciale riguarda le garanzie di sicurezza. Gli Stati Uniti non intendono concedere a Kiev un impegno simile all’articolo 5 della Nato e Trump, osserva l’analisi, ha insistito perché siano gli europei ad assumersi maggiori responsabilità. Tuttavia, le esperienze passate mostrano che l’Europa difficilmente si espone senza un forte sostegno americano. È emerso lo spiraglio della disponibilità di Washington a una copertura aerea, senza però l’impegno di truppe statunitensi sul campo. Ma anche ipotesi come una “coalizione dei volenterosi” o formule di difesa parziale non rispondono alla domanda essenziale: chi è pronto a combattere per l’Ucraina? Senza risposte concrete, le prospettive di una pace stabile restano incerte.

Kapitonenko mette così in evidenza il dilemma di fondo: l’Ucraina si trova a dover difendere la propria sovranità in uno scenario in cui le grandi potenze valutano strategie globali, dalla rivalità con la Cina agli equilibri europei. Tra timori di compromessi sfavorevoli e assenza di vere garanzie, il cammino verso la pace resta a suo avviso lungo e accidentato.

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