Un tavolo lungo e lucido nella Casa Bianca, il presidente americano Donald Trump al centro della scena e, attorno a lui, i principali leader europei e Volodymyr Zelensky. In questo scenario la Germania ha ribadito il proprio sostegno politico e diplomatico all’Ucraina, ma senza fare il passo che molti alleati si aspettano: l’impegno a inviare truppe di terra. Il cancelliere Friedrich Merz ha chiarito che un eventuale incontro tra Zelensky e Putin potrà avvenire solo a condizione di una tregua, ma ha lasciato nel vago la questione più spinosa, quella di un coinvolgimento militare diretto.
LA POSIZIONE DELLA GERMANIA SUL CESSATE IL FUOCO
La grande contraddizione tedesca è evidenziata nella maggior parte dei commenti della stampa di casa. Merz, definito da Trump un “grande leader” nel corso dell’incontro a Washington, ha insistito sull’importanza di stabilire un cessate il fuoco come prerequisito a qualsiasi colloquio di pace. “Un vertice del genere è concepibile solo se le armi tacciono”, ha dichiarato alla stampa, ribadendo la linea prudente di Berlino. La Germania si è finora astenuta da impegni concreti, pur non escludendo ora del tutto la possibilità di un coinvolgimento più diretto: lo stesso Merz ha ammesso che il Bundestag potrebbe essere chiamato a votare decisioni con “mandato” parlamentare, qualora la Repubblica federale dovesse contribuire alle garanzie di sicurezza per Kiev.
Il calendario delle prossime settimane resta serrato. L’incontro tra Zelensky e Putin, frutto di un’intesa telefonica tra Trump e il leader del Cremlino, è previsto entro due settimane. Trump stesso lo ha ribadito dopo il vertice con gli europei. Questi ultimi hanno quindi poco tempo per chiarire la propria posizione comune, ma le differenze interne, in particolare sulla disponibilità a impegnare uomini sul terreno, appaiono ancora profonde.
LE DIVERGENZE INTERNE A BERLINO
Il dibattito in Germania riflette divisioni radicate. Poco prima della partenza del cancelliere per gli Stati Uniti, il ministro degli Esteri Johann Wadephul, sempre Cdu, aveva espresso pubblicamente dubbi: “Probabilmente sarebbe troppo per noi”, ha commentato riferendosi all’invio di soldati. La frase ha fatto scalpore perché ha ridotto il margine di manovra tedesco ancora prima dell’avvio dei colloqui a Washington, mostrando le difficoltà di un paese che da tempo esita ad assumersi responsabilità militari di primo piano, nonostante il suo peso geografico ed economico nel mezzo del continente.
Anche l’Spd, partner della coalizione, non esprime una linea più netta. Il vicecancelliere Lars Klingbeil ha parlato della necessità di “assumersi responsabilità” come europei, ma ha evitato di precisare in cosa ciò dovrebbe tradursi, lasciando aperta ogni opzione: formazione, sostegno finanziario, truppe o altro. In realtà, si è trattato soprattutto di un modo per rinviare decisioni difficili.
PRESSIONI NELLA MAGGIORANZA E CRITICHE INTERNE
Se da un lato Berlino preferisce mantenere la cautela, dall’altro crescono le pressioni. Roderich Kiesewetter, esperto di politica estera della Cdu, ha avvertito che l’ordine di pace europeo non può reggersi solo su dichiarazioni e garanzie politiche, ma necessita anche di una protezione militare tangibile, eventualmente con l’impiego di forze di terra. A suo avviso, la Germania non può pretendere di assumere un ruolo di leadership nel centro dell’Europa e contemporaneamente rifiutarsi di essere presente sul campo.
Le stesse parole di Wadephul, che descrivevano una Bundeswehr troppo sottodimensionata per un’operazione in Ucraina, riflettono un problema strutturale e ormai fin troppo noto anche al di fuori del cerchio degli addetti ai lavori. Dopo decenni di riduzione delle spese per la difesa, l’esercito tedesco fatica a rispondere a impegni di lunga durata. Tuttavia, per molti osservatori, la politica non può limitarsi a registrare lo stato delle cose: dovrebbe piuttosto agire per modificarlo. La Zeitenwende, la svolta epocale, è stata d’altronde enfaticamente annunciata dall’ex cancelliere Olaf Scholz in un discorso al Bundestag oltre tre anni fa.
UN RUOLO ANCORA INCOMPIUTO
Da quando è entrato in carica, Merz ha cercato di spostare gradualmente la Germania verso una posizione di leadership più visibile in Europa. Tuttavia, l’opinione pubblica resta restia a un maggiore coinvolgimento militare, e all’interno della stessa coalizione le resistenze non mancano. Il risultato è che Berlino appare intrappolata in una terra di mezzo: troppo grande per essere ignorata, troppo esitante per guidare davvero. Senza dimenticare le preoccupazioni che l’ipotesi di riarmo tedesco suscita periodicamente perfino nelle opinioni pubbliche dei paesi vicini e alleati.
L’impressione diffusa, sottolineano diversi analisti sui quotidiani di oggi, è che mentre a Washington e nelle altre capitali europee si cercano soluzioni per il futuro dell’Ucraina, la Germania preferisca rimanere osservatore piuttosto che protagonista. Questo atteggiamento, sottolinea un editoriale della Neue Zürcher Zeitung, mette in luce un nodo irrisolto: Berlino non può ambire a un ruolo di guida in Europa centrale se non è disposta a sostenere tale ambizione anche con una presenza militare. “La sola forza economica non basta più a definire la sua influenza”. Se vuole davvero contribuire a plasmare l’ordine europeo, la Germania dovrà superare la logica del rinvio e accettare che la leadership comporta non solo responsabilità politiche e finanziarie, ma anche impegni sul terreno.