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Solo su una cosa siamo d’accordo: la guerra

Le guerre assicurano alle leadership la distrazione di massa e la stabilizzazione del potere motivata dall’eccezionalità, per non dire dell’interesse economico colossale che attivano. Il corsivo di Battista Falconi.

L’irriducibile distanza tra Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky sullo scambio di territori e l’impossibilità di arrivare a un colloquio diretto rendono Donald Trump consapevole che i suoi tentativi non hanno molte chance di successo, il presidente Usa l’ha ammesso a mezza bocca. Del resto, il periplo retorico con cui conduce la mediazione su Ucraina e Medio Oriente, così come le trattative sui dazi, è stato già completato e nulla più cambia la sostanza: si naviga a vista.

TUTTI GLI SCONFITTI DALLA GUERRA

È però altrettanto chiaro che le guerre non portano da nessuna parte, rispetto agli obiettivi per cui scoppiano. Il che rende misterioso il consenso che le circonda. Israele è in stallo, la nazione è isolata nel mondo e il suo leader sempre meno popolare in patria; la Russia non ha portato a termine il suo piano, ha speso moltissimo, la questua di Zelensky per raccattare aiuti è ormai al fondo del barile. Tutto conferma l’inutilità dei conflitti armati dal punto di vista geo-politico, presumiamo quindi ci siano altri vantaggi se le micce continuano ad accendersi in giro per il mondo. In primis, i conflitti assicurano alle leadership la distrazione di massa e la stabilizzazione del potere motivata dall’eccezionalità, per non dire dell’interesse economico colossale che attivano.

NINNA NANNA DELLA GUERRA

Sembra un po’ la “Ninna nanna della guerra” di Trilussa, dai tempi del geniale poeta romano, purtroppo, non sono stati fatti passi avanti sostanziali nella risoluzione delle controversie internazionali. Nonostante l’Onu, l’Ue, Yalta e la caduta dell’Urss, il pacifismo parolaio universale. Ancora da chiarire, invece, se le guerre in corso facciano da deterrente o da incentivo delle successive, così come se la minaccia atomica serva a sventare l’uso delle armi nucleari o lo anticipi. Entrambe le conclusioni sono plausibili, la valutazione storica è più incerta.

TRATTATIVE IN STALLO

Ce lo chiediamo mentre in Medio Oriente e Ucraina le trattative arrancano, ferme all’invalicabile confine del diritto e della fiducia, quello della “pace giusta e duratura”. Per ottenerla a un tavolo occorrerebbe, per esempio, che l’invaso cedesse all’invasore pur di farlo andar via o che la leadership della popolazione massacrata cacciasse chi la comanda, condizioni impossibili. A questo punto viene il timore che sia meno peggio il trionfo di una parte sull’altra cosicché, a prezzo di altri morti, distruzione e negazione dei principi di umanità e diritto, si giunga a una qualsiasi fine. I fisici la chiamano morte termica, termine del processo di entropia.

L’EUROPA SI ARMA

Speriamo che in futuro il dibattito sul diritto internazionale sia più concreto e ragionevole, come non è stato per la Crimea e non è mai stato per la vexata quaestio israelo-palestinese. Speriamo che le profezie di sventura non si auto-avverino. Di un “attacco russo alla Nato”, la cui garanzia di mutua assistenza non regge più, e di “un’èra in cui tutto può accadere, compresa la guerra”, nel giro dei prossimissimi anni, parlano l’ex ministro della Difesa tedesco, Pistorius, il servizio segreto tedesco (Bnd), il capo delle Forze armate svedesi e Rob Bauer, capo del Comitato militare Nato. Anche le altre Difese europee, italiana inclusa, chiedono di dare molti più soldi in armi e di arruolare più soldati.

Apprendiamo che Pina Picierno del Pd condivide la strategia europea e italiana sul tema. Rispetto all’enormità dello scenario potrebbe sembrare un dettaglio irrilevante, ma ci inquieta che esponenti di maggioranze e opposizioni divise su tutto stabiliscano minimi segnali di convergenza proprio sulla guerra.

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