Caro direttore,
sono in molti – filosofi, teologi, demografi, politici – a sostenere che noi, ossia l’Occidente, non siamo più il centro del mondo. In parte è così, e il predecessore di Leone XIV – “venuto dalla fine del mondo” – ha inteso suggellare questo passaggio d’epoca. Dobbiamo dedurne che l’Occidente – la sua civiltà, i suoi valori – è destinato a diventare una delle tante periferie del pianeta?
È quello, ad esempio, che pensa e vuole Putin. Certo, a Washington regna personaggio improbabile, e in Europa non basta un pugno di “volenterosi” per frenarne i deliri di onnipotenza. La democrazia liberale, insomma, è oggi sotto scacco in uno dei paesi che l’ha partorita. Ma la cura per le malattie della democrazia è più democrazia, diceva il filosofo americano John Dewey. Non ha cioè bisogno di medici populisti.
In una fase storica nella quale esigenze morali, politiche e religiose si uniscono e si confondono, non c’è bisogno di leader carismatici che sappiano trasformare il messaggio politico in arringa. E nemmeno di profeti che sappiano tradurre il messaggio religioso in predica, nella “pappa del cuore” di hegeliana memoria.
La chiesa cattolica è per definizione universale, come universale è il gregge dei fedeli. Ma nel Catechismo firmato da Giovanni Paolo II non c’è scritto che deve avere lo stesso odore delle pecore a lui affidate.
Come ha detto il cardinale Carlo Caffarra, una chiesa con poca attenzione alla dottrina non è più pastorale, è solo più ignorante. Per fortuna, lo “stile” e i discorsi del successore di Papa Francesco sembrano andare nella giusta direzione.