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Meta: consenso o pagamento? Cosa fare?

In questi giorni Meta sta chiedendo agli utenti di scegliere tra consentire l’uso dei propri dati per scopi di marketing o pagare per utilizzare i suoi servizi, un’operazione che solleva dubbi sulla sua legittimità in relazione alle normative europee sulla privacy e sulle sue implicazioni legali. L'intervento di Diego Dimalta, co-founder BSD Legal e Privacy Week.

Molti italiani in questi giorni hanno ricevuto una comunicazione da Meta: o ci consenti di trattare i dati per fini di marketing, o paghi. È possibile? È legale?

Dando per scontato che tutte le parti in causa abbiano agito in buona fede, direi che la situazione attuale è frutto di una serie di errori o disguidi.

Il primo è stato fatto da Facebook quando, all’inizio della sua diffusione in UE ha pensato di poter applicare il suo business model, fondato su dati e leggi americane, anche al vecchio continente. Inizialmente ha funzionato tutto ma con l’arrivo del GDPR è stato evidente che qualcosa ha iniziato a incrinarsi.

Altro disguido è quello che ha caratterizzato gli utenti e il loro approccio alla rete. Abbiamo ripetuto mille volte che “se il servizio non ha prezzo allora la merce di scambio sei tu”, ma ciononostante la gente ancora oggi pensa di avere una sorta di diritto a ricevere servizi in modo completamente gratuito. Questo non è giusto. E non lo è nemmeno nei confronti di big tech con fatturati stellari. I servizi si pagano.

Qui però arriva l’errore finale, con tutti i problemi che si porta dietro. La norma europea impone a Facebook di chiedere il consenso per profilare e per trattamenti per finalità di marketing. Questi trattamenti prima erano indicati come intrinsechi all’ambiente Facebook/Instagram ma, dopo alcune decisioni delle Autorità, Meta ha deciso di chiedere un consenso ad hoc. Questo ha fatto calare in modo sensibile i profitti. Allora a Meta hanno pensato di copiare il sistema “consent or pay” da altri servizi on line.

Così ci ritroviamo ad oggi. Ma è legittima questa scelta di Meta? No, non lo è. E a Meta lo sanno bene visto che EDPB lo ha già specificato in diverse occasioni. L’unico modo per rendere legittima una simile opzione è che all’utente venga fornita una versione altrettanto gratuita ma magari con funzionalità ridotte.

Questo è un punto importante. EDPB parlando di social network, dice che la scelta non è libera se impone consenso per l’accesso. Non ci può essere quindi un trade off netto. Ma un servizio base deve comunque essere fornito in modo gratuito.

Perché? Semplice, perché EDPB riconosce la centralità dei social network nella vita odierna. Capisce che alcuni li usano per lavoro, altri anche solo per essere parte di una comunità. Vengono così parificati ad una sorta di servizio essenziale di cui non si può fare del tutto a meno, individuando un giusto bilanciamento tra gli interessi e ponendo l’utente di fronte ad un bivio: se mi concedi di profilarti, ti do una versione completa, altrimenti ti diamo accesso alla versione base.

Questo però è un suggerimento che non viene seguito da Meta che, oggi ci pone davanti ad una scelta netta: o dai il consenso, o paghi.

Sono convinto che questo avrà sfoci interessanti a livello di dibattito e di precedenti.

Per ora ai cittadini non resta che scegliere e, considerando che in molti hanno fornito dati inconsapevolmente fino ad oggi, credo che l’opzione del pagamento sarà la meno popolare.

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