La recente presentazione dell’AI Action Plan della Casa Bianca non deve essere valutata tanto per il contenuto del documento quanto per il contesto e il cerimoniale. Il primo punto, infatti, è fin troppo scontato per essere commentato: si parla di “primato” e di “dominio” del settore degli Stati Uniti, dentro una cornice di sicurezza nazionale che nell’epoca del capitalismo politico ci caratterizza ormai da molti anni, si insiste sull’infrastrutturazione energetica come fattore competitivo essenziale (tema di cui lo stesso Trump parlava già l’estate scorsa durante la campagna elettorale).
Il contesto, pur prevedibile, è interessante. La giornata della presentazione del piano è stata infatti scandita da un podcast di riferimento dell’amministrazione Trump, All-In, che ha tra i suoi animatori David Sacks, zar della Casa Bianca per crypto e intelligenza artificiale. I conduttori hanno accompagnato gli interventi dei principali esponenti dell’amministrazione Trump, da J.D. Vance a Scott Bessent, e dei leader delle aziende, da Lisa Su di AMD a Jensen Huang di NVIDIA.
Quest’ultimo, davanti a una domanda netta sul vantaggio degli Stati Uniti rispetto agli altri Paesi nella corsa all’intelligenza artificiale, ha risposto altrettanto nettamente: “Il Presidente Trump”. Il leader di NVIDIA ha poi spiegato che Trump fin dal primo giorno ha compreso l’importanza delle infrastrutture e dell’energia nella rivoluzione industriale dell’intelligenza artificiale e ha reiterato il suo supporto per i piani di rinascita manifatturiera dell’amministrazione nell’ecosistema dei semiconduttori.
Il “fidanzamento” tra il più longevo manager della tecnologia (Jensen Huang guida NVIDIA fin dall’inizio, il 5 aprile 1993) e il presidente Trump continua a essere un fattore interessante nelle partite tecnologiche, e la simpatia per Huang è stata anche toccata direttamente da Trump nel suo intervento, dopo essere stata oggetto di diverse ricostruzioni, in particolare del New York Times e del Wall Street Journal.
Il leader di NVIDIA, prima dell’ascesa economica e finanziaria dell’azienda generata da quello che lui stesso ha definito “momento iPhone dell’intelligenza artificiale”, non ha mai dato grande importanza al lobbismo e agli affari istituzionali. Per esempio, chi opera nella progettazione dei semiconduttori non ha frequente bisogno di sussidi governativi, al contrario di chi opera nella produzione. I controlli sulle esportazioni dei prodotti di NVIDIA, a partire dal 2022, hanno portato a una trasformazione da questo punto di vista, che con la seconda amministrazione Trump ha visto la sua maturazione.
Huang ha iniziato a testimoniare al Congresso e a corteggiare i giornalisti a Washington, con l’obiettivo di revocare le restrizioni sulle vendite di chip, sostenendo che i chip americani dovessero essere lo standard globale e che cedere il vasto mercato cinese ai rivali locali sarebbe stato errore madornale per gli Stati Uniti. Come ricordato anche dal “New York Times”, l’uomo col giubbotto in pelle ha trovato un alleato in David Sacks su queste posizioni. Sacks si è schierato sulla linea di NVIDIA dopo l’annuncio degli avanzamenti del sistema di Huawei, e ha contribuito a far emergere la tesi per cui il controllo sulle esportazioni avrebbe danneggiato l’adozione internazionale dei sistemi degli Stati Uniti.
Oltre a questo aspetto, si è inserito il rapporto personale. Tra i leader tecnologici, questa fase storica ha visto un declino di Tim Cook (“Tim Apple”, nel lessico trumpiano) sull’accesso al presidente, anche per via dei problemi concreti di Apple nell’organizzare una filiera statunitense davvero funzionante. Jensen Huang invece ha accompagnato, assieme ad altri amministratori delegati, Trump nel Medio Oriente, offrendo i suoi prodotti agli emiratini e i sauditi e contribuendo così a migliorare ancora la sua posizione agli occhi di Trump.
Lutnick, segretario al Commercio, ha invitato il leader di NVIDIA a Mar-a-Lago, e lì Jensen Huang ha persuaso l’amministrazione che la vendita di sistemi meno potenti per il mercato cinese non sarebbe stato dannoso per gli interessi degli Stati Uniti e avrebbe potuto essere utilizzato come tassello per il più ampio negoziato con Pechino. Jensen Huang, tra gli imprenditori tecnologici degli Stati Uniti, ha chiaramente canali molto forti con la leadership cinese, e l’ex ministro degli Esteri di Singapore, George Yeo (uno dei più acuti osservatori della scena internazionale) ha suggerito che il leader di NVIDIA stia portando avanti un canale diplomatico tra le due potenze, una tesi affascinante e plausibile, che ho ripreso su Le Grand Continent.
Alla luce di questi aspetti, l’elemento più interessante di tutta la cerimonia dell’AI Action Plan è stato il racconto diretto di Trump su come si è sviluppato il suo rapporto con Jensen Huang. Il presidente ha detto che, la prima volta che sentì parlare di NVIDIA, non sapeva nemmeno cosa fosse e rimase scioccato dal fatto che quell’azienda aveva una quota di mercato vicina al 100%, pensando di operare un break-up per avere più concorrenza. Poi, secondo Trump, gli hanno spiegato che per arrivare alle capacità di NVIDIA per gli altri sarebbero serviti circa dieci anni, sempre che Jensen Huang in quegli anni gestisse l’azienda in modo incompetente. Dopo questo riconoscimento, Trump ha chiamato l’applauso per l’uomo col giubbotto in pelle, invitandolo a mettersi in piedi.
Jensen Huang vive quindi il suo momento di trionfo economico e politico. Anche se nella storia dei cicli tecnologici (e politici, per via del vincolo della sicurezza nazionale), nulla è mai scontato e scritto per sempre. Lo sa per esempio Lisa Su di AMD, che sedeva vicino a lui: la sua stella è messa in ombra dall’enorme successo di NVIDIA, ma in questo stesso periodo l’azienda da lei guidata ha superato Intel nel mercato server CPU, ponendo fine allo storico dominio dell’azienda fondata da Bob Noyce e Gordon Moore.