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Va di moda difendere Loro Piana?

Perché critico e contesto le tesi di un giurista intervistato dal Foglio sul caso di Loro Piana.

Si apprende dalle pagine del Foglio che aziende della moda come Loro Piana, Armani, Dior, Alviero Martini e Valentino Bags Lab, e imprese attive nei settori della logistica, della grande distribuzione e della vigilanza privata, come Dhl, Esselunga, Carrefour, Gls, Brt, Uber, Sicuritalia, Lidl, Gxo, Amazon, Fedex, siano vittime della “crociata” della procura di Milano e del suo pm Paolo Storari.

Parliamo di accuse di sfruttamento dei lavoratori e frode fiscale conseguenti all’uso spregiudicato da parte di tali importanti aziende di una catena di subfornitura lunga, a tal punto, da perdere di vista le condizioni di lavoro dei dipendenti, la loro sicurezza, il rispetto degli adempimenti fiscali, contributivi e retributivi.

Da qui, l’ultimo provvedimento della Procura che ha disposto l’amministrazione giudiziaria per Loro Piana & Co. Un attivismo giudiziario contro il quale si schiera, in un’intervista sul Foglio, Luca Lupària Donati, ordinario di Diritto processuale penale all’università di Milano, nonché penalista che ha assistito o sta assistendo molte delle società coinvolte (Oste! Com’è il vino? …).

Ora, comprendiamo la legittima posizione di chi cerca di difendere il proprio orticello e i propri (prestigiosi) clienti ma, diceva Totò, “ogni limite ha una pazienza”, e ci permettiamo sommessamente di osservare che il professore abbia superato tale limite.

Apprendiamo che «la domanda che bisogna porsi è se sia normale che queste indagini nascano senza che esista una legge dello stato che obblighi specificamente le imprese committenti a effettuare capillari controlli sulle società fornitrici. E se sia normale che non solo a una singola procura, ma addirittura a un singolo pubblico ministero, seppur valente e preparato, venga delegata un’attività di politica criminale così importante che lo stato non è in grado di portare avanti. Il problema è il possibile strabordamento della procura in ambiti non propri, che non è positivo per il sistema istituzionale nel suo complesso».

Infatti, Lupària Donati non può non sapere che è dal 2003 che esiste la responsabilità solidale tra committente e appaltatori per retribuzioni e contributi dei dipendenti di questi ultimi. Non può non sapere che esiste un obbligo generalizzato di vigilanza, con obbligo di segnalazione di irregolarità a Inps e Inail e Ispettorato del Lavoro. Non può non sapere che, in virtù di tale obbligo, il Durc è un documento ormai di uso comune. Qui non si tratta di “capillari controlli”, ma di un banalissimo dovere di diligenza contrattuale. Parliamo di banali doveri di sorveglianza e diligenza, rispettati i quali, tutta la fattispecie sanzionata penalmente dagli articoli 603-bis e seguenti del Codice Penale resta lontana anni luce. Altro che “panpenalismo” di cui parla il professore. Qui siamo proprio all’ABC. E se qualcuno lo ignora, la Procura non può che intervenire usando la sanzione penale.

Noi ci rifiutiamo di credere che aziende di tali dimensioni – che hanno i loro uomini del controllo qualità perennemente in giro per i vari subappaltatori – possano serenamente affermare di non sapere cosa succeda nei capannoni da cui escono i loro prodotti. Subfornitori che vengono sottoposti a scrupolosi processi di selezione, all’improvviso diventano degli illustri sconosciuti per i loro committenti. Ci dispiace, ma è una ricostruzione che fa a pugni con la realtà. Almeno quella, fortunatamente diffusa, che conosciamo noi. In cui un appaltatore viene passato ai raggi X e tenuto costantemente sotto osservazione. Sia dal punto di vista dello standard qualitativo delle produzioni fornite che – e qui è la legge che lo richiede – del rispetto delle norme tributarie e del lavoro.

Invece Lupària Donati sostiene che «Non si contesta il fatto che i lavoratori debbano godere del giusto grado di tutele, ma il problema è che ciò che viene addebitato alle imprese dalla procura non è previsto sul piano normativo […] la procura sostiene che nel momento in cui una società stipula un contratto di appalto con un’azienda fornitrice deve garantire che anche questi fornitori versino le tasse. Ma se la procedura interna non riesce ad accorgersi di irregolarità, si fa fatica a comprendere come si possa contestare l’evasione del fisco con dolo specifico».

Confessiamo che a “la procedura interna non riesce ad accorgersi di irregolarità” non abbiamo potuto trattenere lo stupore. Ma come? Nel 2025 davvero qualcuno trova complicato farsi inviare qualche F24 da cui si evinca il pagamento di imposte e contributi e un Durc dall’appaltatore e dai suoi subappaltatori? Stentiamo davvero a crederlo.

Qui non serve la famigerata Stasi della DDR, basta una mail. Inoltre, ci risulta che soprattutto nel settore moda tutta la catena di fornitura sia periodicamente visitata e monitorata da personale del committente. Possibile che nessuno si sia accorto che i lavoratori erano tenuti in regime di semi-schiavitù?

Invece, secondo Lupària Donati «Le multinazionali vengono trattate un po’ come dei banditi. Invece la realtà è spesso ben diversa. Parliamo di aziende che hanno sistemi di compliance molto avanzati e complessi, e che sono sempre ben disposte a migliorare le loro procedure. Il punto è lo strumento attraverso cui queste best practice dovrebbero essere inoculate: se quello della clava, fatto di inchieste giudiziarie e sequestri, oppure quello del confronto”. Siccome noi quei “sistemi di compliance” li conosciamo bene, ci rifiutiamo di credere che abbiano lasciato passare inavvertitamente fatti come quelli denunciati dalla Procura milanese. Delle due, l’una: o i fatti non sono veri, e allora la Procura ha le traveggole, oppure se saranno provati in giudizio, qualche committente sapeva e ha fatto finta di non vedere. Parliamo di travi, non di pagliuzze.

Pensare che la Procura faccia fatica «a comprendere realtà complesse e un business estremamente dinamico», perché «a digiuno del funzionamento concreto delle aziende», non ci sembra un’ipotesi plausibile.

Basta una mail per mandare un Durc.

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