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Tutti gli scazzi in Germania sull’aiuto pubblico a Northvolt

L'insolvenza di Northvolt diventa sempre più un problema politico ed economico per la Germania, che l'aveva sostenuta con fondi pubblici. Una perizia di PwC e un rapporto della Corte dei Conti sollevano dubbi sulla gestione e valutazione del progetto, evidenziando una mancata analisi dei rischi da parte del ministero dell'Economia.

L’insolvenza della Northvolt, l’azienda svedese produttrice di batterie per auto elettriche, rischia di trasformarsi in un boomerang politico ed economico per la Germania. L’ambizioso progetto industriale, sostenuto nel 2023 con fondi pubblici sotto l’allora ministro verde dell’Economia Robert Habeck, era stato pensato per rafforzare l’autonomia tecnologica europea e affrancare il settore dalla dipendenza cinese.

Ma la crisi della società, accompagnata da pesanti rilievi della Corte dei conti e da una perizia della società PwC, ha sollevato dubbi sulla gestione politica e tecnica dell’operazione. La nuova ministra dell’Economia, Katherina Reiche (Cdu), prende ora le distanze dal passato, parlando apertamente di una “decisione errata” e invocando chiarezza.

UN PROGETTO STRATEGICO RIVELATOSI FRAGILE

Nel 2023, Northvolt aveva annunciato con grande enfasi la costruzione di uno stabilimento di produzione di celle per batterie a Heide, nello Schleswig-Holstein, con il supporto finanziario del governo tedesco. Il progetto si inseriva nella strategia europea di transizione energetica e rinnovamento industriale, in un settore considerato cruciale per il futuro della mobilità elettrica. Tuttavia, i segnali di difficoltà non sono tardati ad arrivare. La produzione si è rivelata più costosa del previsto, gli impianti hanno faticato a entrare in funzione e l’intero piano industriale si è scontrato con una domanda meno dinamica e un mercato già saturo.

Una delle criticità maggiori emerse dai rapporti tecnici riguarda proprio l’ambiziosa strategia di espansione dell’azienda, considerata ad alto rischio per via dell’ingente fabbisogno di capitale e della scarsità di garanzie da parte di investitori esterni. A questo si aggiungono le perdite economiche già accumulate e l’assenza di benchmarking tra i prodotti Northvolt e quelli della concorrenza.

LE DUE PERIZIE CHE METTONO IN IMBARAZZO IL MINISTERO

La Neue Zürcher Zeitung, che ha riportato il tema all’attenzione dei suoi lettori, osserva che due documenti hanno messo in ulteriore difficoltà il ministero: da un lato, un’analisi della società di consulenza PwC, già usata nel 2023 come base decisionale; dall’altro, un severo rapporto della Corte dei conti federale, pubblicato in giugno.

PwC, pur evidenziando alcuni elementi promettenti –  come la clientela già consolidata tra i principali produttori di veicoli – ha sottolineato una serie di criticità operative e finanziarie. La perizia stimava che Northvolt, nel migliore dei casi, avrebbe potuto rimborsare il prestito convertibile della banca pubblica KfW solo attraverso quote societarie, escludendo una restituzione basata sull’attività ordinaria. Il rischio di una perdita totale del capitale veniva però giudicato “inferiore all’1%”.

Ben più dura è stata invece la valutazione della Corte dei conti, che ha accusato il ministero dell’Economia di non aver effettuato un’adeguata analisi dei rischi. L’aiuto pubblico concesso a Northvolt sarebbe stato basato su un “principio della speranza” più che su un piano tecnico-finanziario solido. Rilievi duri: mancavano scenari alternativi, come la possibilità di rallentamenti nella costruzione o la perdita di commesse chiave, e non sono stati presi in considerazione pareri provenienti da altri ministeri, come invece previsto in casi analoghi. Il giudizio è netto: la decisione politica è stata presa senza disporre di una base sufficientemente robusta.

HABECK NEL MIRINO

Il tema è approdato la settimana scorsa alla commissione bilancio del Bundestag, in una seduta a porte chiuse. La ministra nuova ministra dell’Economia Katherina Reiche (Cdu) ha marcato con decisione la distanza dal suo predecessore Habeck. Ha parlato di un investimento fatto “con buone intenzioni” ma risultato errato, promettendo un’indagine interna per chiarire ogni responsabilità. Per Habeck, già sotto pressione per altri progetti del precedente governo legati alla transizione energetica, la questione rappresenta un colpo alla credibilità del suo operato da ministro dell’Economia.

INCOGNITE SUL FUTURO DELL’IMPIANTO E POSSIBILI ACQUIRENTI

Mentre la polemica politica si riaccende, il futuro del progetto a Heide resta sospeso. I lavori di costruzione sono iniziati nel marzo 2024, ma l’avanzamento è rimasto minimo. Anche il destino della casa madre svedese è tutt’altro che definito. Secondo fonti di stampa, un primo interessamento è arrivato da un potenziale acquirente estero, che avrebbe presentato un’offerta di acquisto non vincolante. Tuttavia, non è chiaro se ciò possa davvero salvare il progetto tedesco o se si tratterà solo di un tentativo di contenere i danni.

Intanto, la prospettiva più concreta è che lo Stato tedesco si trovi a dover fronteggiare una perdita milionaria, con un impatto diretto sui contribuenti. Un epilogo che mette a nudo la fragilità e di alcune scelte strategiche nella corsa alla sovranità tecnologica europea, e che lascia aperti molti interrogativi sulle modalità con cui vengono valutati e gestiti i grandi investimenti pubblici, tra l’ingenuità e eccesso ideologico.

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