Gli amministratori delegati di alcune grosse società europee – come il produttore di aerei Airbus, la banca francese Bnp Paribas, la società francese della grande distribuzione Carrefour e l’azienda olandese di elettronica di consumo Philips (partecipata da Exor) – stanno facendo pressione sulla Commissione europea per convincerla a sospendere l’Ai Act, la prima legge al mondo che regolamenta lo sviluppo e l’uso dei sistemi di intelligenza artificiale.
LA LETTERA DELLE GRANDI AZIENDE EUROPEE
In una lettera aperta indirizzata alla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, e visionata dal Financial Times, i dirigenti di quarantaquattro grandi aziende europee chiedono una sospensione di due anni della legge, sostenendo che potrebbe danneggiare la competitività dell’Unione nella “corsa mondiale” all’intelligenza artificiale.
Le regole definite da Bruxelles vengono accusate di essere troppo complesse e di rappresentare un “rischio le ambizioni europee in materia di intelligenza artificiale, in quanto mettono a repentaglio non solo lo sviluppo dei campioni europei ma anche la capacità di tutte le industrie di impiegare l’intelligenza artificiale sulla scala richiesta dalla concorrenza globale”.
Anche le grandi compagnie tecnologiche statunitensi, alla testa dello sviluppo dell’intelligenza artificiale e che preferiscono operare senza troppi vincoli, ritengono che una regolamentazione complessa e onerosa possa danneggiare l’innovazione.
IL CODICE DI CONDOTTA PER LE BIG TECH
Pare peraltro che le pressioni interne ed esterne stiano facendo effetto, visto che mercoledì le autorità europee hanno discusso assieme alle società tecnologiche statunitensi (anche note come Big Tech) una nuova bozza di regolamento, più “morbida”. Le discussioni si sono concentrate sul cosiddetto “codice di condotta” (code of practice), ovvero un insieme di linee-guida per la conformità all’Ai Act che si applicano ai grandi modelli di intelligenza artificiale come Gemini di Google, Llama di Meta e Gpt-4 di OpenAi. Il codice di condotta è stato pubblicato lo scorso maggio, ma ora potrebbe venire revisionato e ammorbidito.
CERTEZZA NORMATIVA
Sembra inoltre che la Commissione europea voglia semplificare anche la tempistica dell’Ai Act: la legge, infatti, è entrata in vigore il 1 agosto 2024, ma non nella sua interezza: alcune parti saranno applicabili solo dai prossimi anni. Patrick Van Eecke dello studio legale Cooley ha detto al Financial Times che questo approccio “è il classico esempio di regolamentazione che non tiene conto dell’aspetto più importante per il settore, ovvero la certezza del diritto”.
L’AI ACT NON PIACE A NESSUNO
L’Ai Act, in sostanza, non piace alle Big Tech americane. Non piace neanche alle startup tecnologiche europee, perché una regolamentazione eccessiva potrebbe rappresentare per loro un onere troppo costoso da rispettare, disincentivando l’innovazione. E non piace nemmeno alle grandi aziende di altri settori, che per evitare il rischio di multe per il mancato rispetto della normativa potrebbero rinunciare a integrare i sistemi di intelligenza artificiale nei loro processi produttivi: a rimetterci, così, facendo sarebbe però la loro competitività rispetto alla concorrenza statunitense o cinese.