I paesi membri del Quad – il quadrilatero sulla sicurezza tra Stati Uniti, Giappone, Australia e India – hanno annunciato ieri il lancio di un’iniziativa sui minerali critici volta a contrastare la fortissima influenza della Cina sul settore.
In un comunicato congiunto, i ministri degli Esteri dei quattro paesi hanno definito la Quad Critical Minerals Initiative “un’ambiziosa espansione del nostro partenariato per rafforzare la sicurezza economica e la resilienza collettiva collaborando alla sicurezza e alla diversificazione delle catene di approvvigionamento di minerali critici” per le filiere della difesa, dell’elettronica e dell’energia pulita.
COLLABORAZIONE MINERARIA E NEGOZIATI COMMERCIALI
Il segretario di stato degli Stati Uniti, Marco Rubio, ha detto che trenta-quaranta aziende statunitensi, indiane, giapponesi e australiane hanno discusso di collaborazione e di diversificazione degli approvvigionamenti. La cooperazione tra i membri del Quad potrebbe però venire rallentata dalla politica commerciale del presidente americano Donald Trump: i negoziati che dovrebbero evitare l’imposizione di dazi, in particolare quelli con il Giappone, sono complicati e la deadline del 9 luglio potrebbe venire sforata.
IL QUAD E LE TERRE RARE
Dei quattro paesi del Quad, quello che potrebbe più facilmente emergere come un’alternativa alla Cina è l’Australia: possiede infatti delle riserve importanti di terre rare, un gruppo di metalli critici particolarmente rilevanti perché indispensabili per i comparti della difesa, dell’automotive e dell’energia rinnovabile. Attualmente la Cina vale il 60 per cento dell’estrazione delle terre rare a livello globale e quasi il 90 per cento della loro lavorazione.
In Australia già si estraggono terre rare pesanti, come il disprosio e il terbio utilizzati nella produzione di magneti. Manca invece, al paese, una capacità di raffinazione su larga scala, anche se ci sono delle aziende che vogliono aprire degli impianti di lavorazione, come Lynas, Iluka e Northern Minerals.
Lynas, in particolare, è sostenuta da investitori giapponesi e sta costruendo un impianto di separazione delle terre rare a Seadrift, in Texas, con il finanziamento del dipartimento della Difesa degli Stati Uniti.
Negli Stati Uniti, l’unica azienda a possedere una miniera di terre rare – quella di Mountain Pass, in California – è Mp Materials, che ad oggi dipende parzialmente dalla Cina per i processi di lavorazione ma vuole dotarsi di capacità proprie. Altre aziende americane del settore sono NioCorp Developments (che sta raccogliendo finanziamenti per un progetto minerario in Nebraska da 1,2 miliardi di dollari), Usa Rare Earth (che sta costruendo uno stabilimento di magneti in terre rare in Oklahoma) e Phoenix Tailings (che si occupa di riciclare le terre rare dai rifiuti e intende portare il suo output da 40 a 4000 tonnellate all’anno entro il 2027).
Anche la compagnia mineraria statale indiana Irel ha intenzione di ampliare le sue capacità di lavorazione delle terre rare per ridurre la dipendenza dalla Cina. L’India possiede le quinte riserve di terre rare più grandi al mondo, ma non è in grado di trasformare questi materiali in magneti, che importa principalmente dalla Cina.
Come previsto da un accordo governativo del 2012, Irel invia le sue terre rare a Toyotsu Rare Earths India (una divisione del conglomerato commerciale giapponese Toyota Tsusho), che le raffina per l’esportazione in Giappone, dove vengono infine trasformate in magneti.